L'AMORE E IL TEMPO
di Luigi Caminiti
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Le vetrine dei negozi sono vuote. Non si respira più il profumo fragrante dell'opulenza. Le strade delle città gradatamente si svuotano di flaneur e lo spettacolo delle metropoli silenziose diventa altro che uno spettacolo, è una rappresentazione senza rappresentati. L'aria è colorata d'onde elettromagnetiche che rimbalzano in ogni anfratto: non si comunica più come un tempo! Una volta c'erano i bei tempi andati - dicono i più anziani. Una volta c'era il futuro - dicono i più giovani. Ora c'è un unico grande stupefacente presente che ingoia tutta la realtà, che ingurgita anche se stesso. La differenza con il passato sta nella memoria. La memoria di oggi è enormemente più vasta, più capace ma è, appunto, soltanto un recipiente di cose. Dentro la memoria oggi il passato non c'è, è nominato ma, il suo, è solo il nome del passato, non è il passato. La civiltà postmoderna ha ingoiato anche la memoria. "C'era una volta" era solo un racconto del passato, una favola con un lieto fine. Per il potere e le forze che sostenevano il potere il "lieto fine" era il presente, per chi il potere lo combatteva per arrivare al potere "la felice conclusione" era il futuro. Erano menzogne, stupidaggini, ingenuità! Anche se c'era molta tenerezza in quelle goffaggini. L'uomo postmoderno è lanciato in corsa verso un crocevia. Nessuna strada porta indietro. Nessuna strada porta davanti a sé.
Bisogna solo decidere se c'è spazio per le decisioni mentre la corsa impazza. Gli uomini di questo secolo hanno perso la prospettiva della storia. Esistono due atteggiamenti, quello di chi ha tenuto per sé "l'amore per la vita" come valore residuo, e quello di chi, invece, vuole corrompere la freccia del tempo, la sua irreversibilità, la sua ineluttabilità con "l'amore per la vita". Il primo si sforza di tenere sotto controllo il tempo, di rallentarlo quanto più possibile, di inclinare la bilancia dalla sua parte mentre pesa il bene e il male del tempo, magari truccando il piatto dove pone se stesso. L'altro rifiuta per principio la bilancia e s'inventa una nuova tavola di valori la cui radice è l'amore per la vita. Entrambi sono uomini dissociati dagli altri. Sono funamboli, clown, pagliacci del proprio tempo. Il senso dello spettacolo è forse il residuo di grandezza aristocratica che il novecento si è permesso; un secolo, questo, passato senza pudore sulle costruzioni speculative vecchie di millenni, irriverente perfino quando voleva rappresentarsi come erudito. In esso, dentro di sé, nelle sue viscere, in profondità, si è consumato un mutamento storico senza precedenti: Il tempo ha cessato di influire sul destino degli uomini, sulle cose, sulle conoscenze. Questo è avvenuto in silenzio, lentamente. Il tempo è stato sezionato, analizzato, è stato venduto, è stato rubato. Si è inventato il tempo libero e il tempo prigioniero. Il tempo è diventato un modo di dire, più che un modo di pensare, si è spogliato della sua veste paurosa. Via via che lo spazio si contraeva, il tempo si è deformato al punto da diventare un infinitesimo, una virtualità, e poi, con l'abitudine, è diventato un gioco, un passatempo. Nel sacrificio augurale e divinatorio che la civiltà delle folle ha consumato in ossequio alla voracità del non-tempo che è il presente, sono stati immolati concetti sui quali abbiamo fondato gran parte delle nostre conoscenze. Non esisterà mai più "mai più e al tempo stesso è già svanito per sempre "per sempre. La civiltà postmoderna è una civiltà autoreferenziale, è il trionfo della circolarità e della vacuità, eppure è una civiltà che trasuda amore, il cui fondamento è addirittura l,amore. Non è una scelta consapevole. Nessuna scelta consapevole abbandona la propria esistenza per mutarsi in qualcosa d,altro. L'amore è altro rispetto alla coscienza. Ma questa società pone nuove fondamenta nella melma della sua storia perché è dimentica di sé. Ha perso se stessa ogni volta in cui si è incontrata. Non ha la memoria della sua immagine riflessa. Si è semplicemente perduta, e non ha più una direzione.
Le strade si sono moltiplicate e tutte le strade ora sono crocevia che si ramificano all'infinito. Ma, appunto, all'infinito il tempo si contrae anch'esso, cessa di essere significante per sé e cessa di essere significativo per noi. "Un tempo fuori dal tempo, "un tempo prima del tempo, "il tempo in cui ancora non c'era il tempo equivale a dire "il tempo in cui il tempo non ci sarà più in cui tutto sarà immobile e cadaverico, in cui nulla esisterà. Ma l'esistenza, la nostra esistenza, ci appare significata dalla modificazione che essa apporta al tempo, nel tempo. L'uomo postmoderno, informatizzato e cibernetico ha annullato la sua libertà dal tempo per essere libero dal nulla. Il nulla è la minaccia dalla quale l'intera storia dell'occidente non si è mai liberato prima d'ora. Sono state compiute tutte le strade che sono state possibili, anche quelle politiche, anche quelle economiche, non c'è stato nulla da fare. Il nulla ha osservato ed ha vinto. La libertà dal nulla non è una libertà dal dolore, come qualcuno voleva. E' una libertà dalle scansioni temporali piuttosto. E' una libertà dalle alfabetizzazioni di massa piuttosto. E' una libertà non dall'ignoranza né dalla cultura ma una libertà dalle culture e dalle insipienze, piuttosto. Le parti di cui si è composto l'intero sono sfuggite al concetto d'interezza da cui provenivano. Questo è capitato in tutti i campi del sapere cui si è giunti spingendo gli ultimi quattro secoli alla ricerca di una raffinatezza capace di distinguere i peli dell'ornitorinco da quelli del passero. La classificazione, la ricerca della qualità estrapolata dalla qualità, ricavata dalla quantità, i nominalismi e le enciclopedie che rinominavano il sapere... Non sono stati tempi inutili quelli della storia!
Però la storia è solo un gioco in cui sono avvenute realmente cose mai narrate, cose inenarrabili, ma dalle quali si ricavano tante fiabe, ognuna più vivace e colorata delle altre. Questo sarà un secolo di nichilismo, di perdita di valori, di abbandono della via diritta. Eppure già ora questo tempo vorace, per il quale non esiste più il tempo, è anche il tempo dellamore. Il solo nel quale è possibile un atto di pura volontà incondizionata. Un atto folle e carico di tenerezza, questa è ora la nostra libertà: essere liberi dall'essere ciò che siamo. Finalmente liberi di essere ciò che siamo senza chiederci perché. Liberi dal dare spiegazioni e dimostrazioni direttamente o indirettamente deducibili da ciò che noi prima abbiamo deciso essere i nostra alfa e omega, i nostri postulati, le nostre verità stabili ed eterne. L'immutabilità, e ciò che resta del tempo, è ormai solo un affresco lasciato dentro i templi intanfiti nei quali si respira ancora aria di cimitero. Sarà così fin quando un vento meridionale e mediterraneo non spazzerà via i resti calcificati di quello che un tempo chiamavamo tempo. Ciò che noi siamo è proiezione di noi, riflessione di noi, memoria di noi, sequenza frattalica e riproduzione del bios in tanti diversi ed identici noi stessi. Sequenze di tempo, ripetizione all'infinito di "Io" indivisibili che dialogano continuamente con il ricordo che hanno di sé stessi. Mi chiedo se fosse poi così necessario percorrere una strada così tortuosa e lunga per dimostrare la follia della ragione.
La schizofrenia dell'individuo, celebrata da Hegel, santificata da Lacan era la sola strada per portarci fuori dal labirinto dell'esistenza? La sola uscita era forse dimenticare il labirinto, farlo svanire, distruggerlo dove si allocava, nei nostri pensieri. E invece, abbiamo preferito dimenticare per tanto tempo noi stessi! Nella nostra ragione c'era tanto amore, tanto desiderio, eppure abbiamo fatto della ragione un tappeto elastico per fare piroette. Adesso dobbiamo dimenticare la ragione, dobbiamo rinunciare al tempo, alle scansioni, alle misure. Fortunatamente non dobbiamo rinunciare all'amore e siamo liberi di chiedere: è amore la scienza? E, amore il teatro? E, amore domandarsi, regalarsi? Desiderare e desiderarsi, è amore? Liberi di chiedersi se fuori dal tempo ci sia una tecnica di risoluzione che porti al convincimento che le prigioni siano luoghi di riabilitazione. Liberi di pensare qualunque cosa, anche che la clonazione sia un intervento nell'ecosistema di cui non conosciamo neanche le più piccole conseguenze, così come di intervenire nell'efficienza delle cose naturali per renderle migliori, peggiori o scomparire insieme con esse. Liberi di dire: "L'amore non strappa i fiori dal prato per abbellire le finestre!, anche se è lecito strappare i fiori dal prato, e non sempre i fiori apprezzano. Etica e morale si dividono. Si sono divise da tempo. Su questo si è taciuto perché è una cosa grave. Deve intervenire la LEGGE per tagliare le mani a quelli che frugano senza permesso nel sacco. Frattanto cominciano i torrenti in piena nelle strade. Torrenti umani fatti di poveri e di mendicanti del duemila che, con le loro croci e i loro occhi ciechi, pieni di pustole purulente, inneggiano alla salvezza eterna intonando i loro canti di morte. E' un'eredità profondamente cristiana, questa. Profondamente etica.
Tiene conto del tempo, tiene conto della fine, dell'inizio. Di ciò che c'era prima e di ciò che ci sarà poi, regolando di conseguenza il vivere dello stato intermedio, il nostro vivere. Un'etica del tempo è un'etica della socialità perché ci costringe a relazionarci con gli altri. Però il tempo non esiste anche se noi lo possiamo costruire. L'irreversibilità del tempo, quella che amano gli scienziati, non esiste neppure, perché il tempo non c'è mai stato. Esistono i fatti, ma sono qualcosa che la memoria cancella volentieri e li sostituisce con favole piacevoli a narrarsi. Fuori dal tempo c'è solo l'amore come legittima e inevitabile aspirazione di ogni essere ad essere ciò che è. E, la forza delle rocce, dei cieli, delle folgori, ma anche dei vermi, dei prìncipi e dei miserabili. Eppure l'amore, che è desiderio, che è oblio di sé, che è modificazione è la risposta e la sfida più alta che la "civiltà della sincope", che si oppone storicamente alla "civiltà del progresso", lancia all'uomo. Una sfida che non potrà che essere raccolta. Della sua significatività e della sua significanza parleranno i cantastorie.
Ma questo accadrà quando reinventeremo il tempo.