Mi chiamo Ferdinando Nazzaro, la mia professione è quella di musicista, compositore, e la mia famiglia, tutta coinvolta per la passione per la musica, è altresì interamente coinvolta nella trasmissione della fede mediante la catechesi, per cui questa mia breve comunicazione nasce da un intimo sentire e da un'esperienza personale e familiare.

Sento la musica avere un'altissima, quasi metafisica modalità di ricerca dell'Assoluto. La nota cantata e suonata esce dalle viscere interiori della persona, prima ancora della necessaria tecnica, come espressione della ricerca, insita nell'uomo, non solo del vero, del buono, del bello, ma della verità, della bontà, della bellezza, ovvero dell'Assoluto dove tutto ciò converge.

Così, prima ancora di essere - eventualmente - musica sacra, nel senso proprio del termine, la musica, in qualche modo, è sempre sacra, Musica e canto sono un formidabile mezzo di trasmissione anche di ciò che è difficile trasmettere; il loro linguaggio tocca tutte le fibre della persona, Diventa linguaggio non solo della parola, ma altresì dei sensi, delle emozioni, della fantasia. E un linguaggio che prende completamente la persona e la compenetra in ogni sua dimensione. È impensabile, infatti, che l'attività del musicista si possa quantificare in un numero preciso di ore giornaliere o settimanali. Il musicista vive continuamente di musica e, nel caso specifico del compositore, spesso l'idea nasce nei momenti più imprevedibili; sovente l'attività frenetica e il lavoro costante possono non produrre alcunché e, al contrario, è in giornate di ozio apparente e di silenziosa riflessione che può, quasi inaspettatamente, realizzarsi quel magico incontro di mente e spirito che è l'idea.

Credo ancora fermamente in una concezione romantica della musica e del comporre, malgrado l'era tecnologica in cui viviamo ci proietti visioni alternative, influenzando fortemente anche la sfera artistica; basti osservare la diversità di generi musicali coesistenti da cui l'essere umano si sente attratto e nei quali l'elettronica e la tecnologia digitale hanno sempre più un ruolo predominante e purtroppo sempre più fine a se stesso.

Lo studio, la cultura - in senso generico - l'informazione, l'apertura alla sperimentazione, tutto ciò deve contribuire alla formazione del compositore contemporaneo, ma a nulla possono condurre queste strade se non convergono nella necessità di esprimere l'interiorità dell'artista,, e cioè di comunicare nel linguaggio dell'animo che sia il più possibile recepibile da chi ascolta. Ma, tornando alla sacralità della musica, tacendo una trasposizione nel repertorio della musica liturgica, non ho mai capito il perché molti sostengano che per partecipare, per esempio, tutti devono cantare. Partecipare è anche questo, ma lo è "anche". Si partecipa, anche udendo perché l'autentica partecipazione o un fatto interiore che pervade l'intera persona. Non credo si possa avere una concezione di partecipazione così superficiale che ignora la profonda natura umana. Proprio per questi fattori totalmente- coinvolgenti, come non porre tutto ciò a servizio della catechesi, dell'evangelizzazione? D'altronde, da credente, mi pare che non sia possibile vivere neppure una parte della propria umanità al di fuori di quel senso della vita che scaturisce dalla fede in Cristo. Quanto sto facendo è un modo per rendere la musica diacona dell'evangelizzazione.

Le due composizioni che ho scritto per questa occasione, e che stasera dirigerò nel concerto che si terrà nella Basilica di Santa Maria Maggiore, si basano su testi di contenuto catechistico e di valore autenticamente evangelici. Il primo, Suspensis alis, per baritono, coro e orchestra, si ispira ai salmi della Sacra Scrittura (8, 33, 102); la traduzione del titolo, "a volo sospeso", è riferita alla visione di un immaginario "volo librato" di angeli che vedono ciò che S. Paolo racconta di non poter descrivere a parole.

Il secondo pezzo, His cross is every tree, per tenore, coro e orchestra, è tratto da una poesia di Joseph Mary Plunkett, prelato irlandese dell'800, che rievoca il significato della Passione di Cristo. A tal proposito ringrazio il Cardinale Stafford per avermi suggerito il relativo testo, così determinante per me nella guida delle scelte compositive. L'idea, nella composizione di questo pezzo così importante e così profondo, si è concretizzata in un linguaggio tonale di facile cantabilità e - spero - di diretta comunicabilità. In questo modo non si tratta soltanto di predicare il Vangelo a popolazioni sempre più estese, ma anche di raggiungere, e quasi sconvolgere, con la forza del Vangelo, i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanità che sono in contrasto con la Parola di Dio e con il disegno di salvezza. L'era contemporanea è investita da una pioggia di messaggi di vita spesso incompatibili con la vita cristiana, per cui penso che nello spirito del monito paolino, "guai a me se non evangelizzassi", si debba rispondere con analoghi mezzi e fomentare la crescita progressiva di una nuova coscienza, ma costruttiva! Credo che ciò vada fatto in una società che vive il dramma della rottura tra Vangelo e cultura, In fondo si tratta di saper utilizzare nella nostra vita e nel rapporto con gli altri la novità insita nella verità e nella grandezza della nostra fede in Cristo.

Grazie.