LA LITURGIA

STORIA  DELLE ORIGINI

 

Dopo aver presentato il culto e la liturgia nella tradizione biblica dell’Antico e del Nuovo Testamento, riteniamo utile offrire anche uno sguardo generale sullo sviluppo della liturgia cristiana nel corso dei secoli. Questa visione panoramica, nelle sue linee essenziali, ci permetterà di comprendere meglio l’oggi della riforma liturgica.

Possiamo paragonare lo sviluppo della liturgia cristiana ad un albero che, crescendo, estende i suoi numerosi rami e porta frutti abbondanti. Le sue radici, nutrite dall’unico terreno vitale, Gesù Cristo, attingono elementi utili per la crescita anche dal terreno circostante che potremmo individuare anzitutto nella tradizione ebraica, ma in seguito anche in quella greco-ellenistica, latina, franca, germanica, ispanica, ecc.

 

1.      L’epoca apostolica.

Nel Nuovo Testamento non troviamo alcuna descrizione sistematica della primitiva liturgia cristiana. Dalla Pentecoste in poi il riferimento al tempio di Gerusalemme si fa sempre più raro (At 2,46; 3,1; 5,12.42;22,17) e si accentua il distacco e la differenza con il culto sacrificale legato al sacerdozio levitico.

Nonostante l’indubbia continuità con il culto giudaico, la liturgia cristiana fin dall’epoca apostolica si organizza e si caratterizza con forme, luoghi, tempi, contenuti del tutto propri.

Forme. Nella comunità cristiana si sviluppa una forma liturgica di tipo sinagogale, in occasione del convenire o riunirsi (questi sono i verbi usati) dei discepoli del Signore nelle case: «spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo» (At 2,46-47).

Si parla di frazione del pane e di pasti: il convenire della comunità deve aver previsto, in un primo momento, la forma congiunta di un’àgape fraterna e di una cena eucaristica (At 11,17-34; cf At20,7; 1 Cor 10,16s). Ben presto però, a seguito degli abusi di cui parla s. Paolo in 1 Cor 11,17-34, i due momenti furono separati e ci si riuniva esclusivamente per la cena eucaristica chiamata frazione del pane (Cf Lc 24,30.35; At 2,46; 20,7.11).

Si parla anche di lode di Dio  e di preghiera di intercessione. Si vede qui la continuità con la tradizione sinagogale che, nel culto sabatico, fa uso di berakot (= preghiere di benedizione) nel contesto della lettura della Parola di Dio e della sua spiegazione; Gesù era solito frequentare questa liturgia nella sinagoga in giorno di sabato (Lc 4,16-21).

Luoghi. Mentre il culto di Israele prevedere l’incontro col Signore nella sua dimora, il santo dei santi all’interno del tempio di Gerusalemme (1 Re 6,2-3; 8,10; cf Es 25, 8.10.17; 29,42; 33,7), per la comunità cristiana non c’è alcun legame ad un tempio o ad un luogo definito: i veri adoratori che Dio si sceglie, devono adorarlo né sul monte di Gerusalemme (come i Giudei) né sul monte Garizim (come i Samaritani), ma in Spirito e Verità (Gv 4, 21-24). Gesù aveva promesso che l’incontro con i suoi non sarebbe avvenuto in luoghi particolari, dal momento che «dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20; 28,20).

Tempi. Il giorno dell’assemblea cristiana non è più il sabato, come nella tradizione giudaica (Es 20,8-9), ma il primo giorno della settimana, che prende ben presto il nome di giorno del Signore Risorto, cioè la domenica (cf At 20,7; 1 Cor 16,2; Ap 1,10). Giovanni usa l’espressione “otto giorni dopo” (Gv 20,26) per indicare che ormai l’assemblea cristiana si riunisce con scadenze regolari in quello che è il giorno del Signore, ma anche il signore dei giorni. La domenica, in quanto pasqua settimanale, è pertanto la «primordiale» festa cristiana (SC 106). Solo verso l’anno 150 i cristiani iniziarono a celebrare anche la pasqua annuale nella domenica dopo il plenilunio di primavera.

Liturgia sacramentale. Già abbiamo parlato di una celebrazione eucaristica nel segno della frazione del pane. Abbiamo però riferimenti ben precisi anche ad una iniziale liturgia battesimale (l’immersione-emersione nell’acqua come segno dell’immersione nella morte-risurrezione di Cristo: Rm 6,1-11) e l’uso di battezzare sia Ebrei (At 2,38), sia Samaritani (At 8,12-13), sia pagani (At 16,15.33).

Dalla Lettera di Giacomo appare già costituita la prassi dell’unzione dei malati mediante un rito di unzione accompagnato dalla preghiera nella fede (Gc 5, 13-15). San Paolo ci parla anche dell’istituzione di Vescovi e presbiteri mediante l’imposizione delle mani (Tt 1,5; 1 Tm 5,22; 2 Tm 1,6).

 

2.      L’epoca dei Padri.

Verso la fine del I secolo, terminata la redazione del Nuovo Testamento, sorgono numerosi scritti cristiani che ci danno una descrizione sempre più dettagliata di una Liturgia che si va gradualmente organizzando.

Uno di questi antichi scritti cristiani dell’era subapostolica è la Didachè o “Dottrina dei dodici apostoli”.[1] Vi si legge, tra l’altro, che il battesimo è preferibile che avvenga mediante l’immersione in acqua corrente. Se ciò non fosse possibile, si può battezzare anche versando tre volte l’acqua sul capo, invocando la Santissima Trinità. Nella Didaché si parla anche di un’assemblea eucaristica presieduta da vescovi, presenti anche i diaconi; già si abbozza la struttura di una prece eucaristica.

Questa è anche un’epoca di persecuzione per i cristiani. Sono considerati nemici del genere umano e la legge proibisce d’essere cristiano. Essi si rifiutano di offrire culto all’imperatore e sono considerati atei perché non hanno altari per sacrificare agli dei.

La vita delle comunità è vigorosa e fervente e non si lascia intimorire dalla persecuzione tanto che Tertulliano può affermare: “il sangue dei martiri è seme di cristiani”.

Purtroppo compaiono anche le prime eresie: lo gnosticismo che nega la realtà dell’incarnazione a motivo del disprezzo della carne a favore dello spirito; il marcionismo che oppone il Dio dell’AT, giusto e severo, con il Cristo del NT, un Dio buono e misericordioso.[2]

Emergono i primi pensatori cristiani: Clemente e Origene ad Alessandria, Giustino  e Ippolito a Roma; in Siria un autore anonimo scrive la Didascalia.

Giustino già è molto preciso nel descrivere la liturgia eucaristica nel giorno di domenica. Ippolito descrive la liturgia di ordinazione del Vescovo e del Diacono e riporta la Prece eucaristica che il nuovo vescovo pronuncia.[3] Il catecumenato già è strutturato come programma di iniziazione che dura circa tre anni. Si battezza per immersione e, subito dopo il battesimo, il Vescovo conferma il neofita con l’unzione del santo crisma. Si conosce anche la celebrazione della Pasqua annuale e si parla di alcune ore destinate alla santificazione del giorno e della notte.

In Siria, un autore anonimo, compone la Didascalia dei dodici apostoli dove fornisce una descrizione accurata della Veglia pasquale e ci offre la prima testimonianza del culto dei defunti. Parla anche della riconciliazione dei penitenti che avviene mediante l’imposizione delle mani da parte del Vescovo.

 

3.      L’epoca costantiniana.

Con l’editto di Milano del 313 cessa la persecuzione dei cristiani. Costantino autorizza e favorisce la religione cristiana. Le conversioni avvengono in massa e il catecumenato battesimale tende sempre più a contrarsi. Scadendo il livello di formazione, si abbassa il livello del fervore delle comunità e aumentano le eresie. L’arianesimo nega la divinità di Cristo (sarebbe solo una creatura di Dio); il nestorianesimo distrugge l’unità della persona di Cristo il quale non è più né vero  Dio né vero uomo.

E’ l’epoca dei grandi Padri della Chiesa: in occidente Ambrogio, Agostino, Girolamo; in oriente: Atanasio, Basilio e l’amico Gregorio di Nazianzo, Giovanni Crisostomo.

Nei Concili ecumenici si definisce il credo: a Nicea (325) e a Costantinopoli (381).[4] A Efeso nel 431 Maria è detta Theotokos (Genitrice di Dio). A Calcedonia nel 451 si definisce il dogma cristologico: Gesù è vero Dio e vero uomo.

Per accogliere le comunità sempre più numerose non bastano più le domus ecclesiae, cioè le case private dove si riuniva l’assemblea durante la persecuzione. Dove è presente il vescovo, si costruiscono le grandi basiliche episcopali. A Roma la sede del vescovo è stabilita al Laterano: Costantino edifica una grande basilica con attiguo il battistero e il palazzo del Vescovo. Ma sorgono anche altre basiliche sui luoghi della sepoltura dei martiri: così S. Pietro in Vaticano, S. Lorenzo e S. Paolo fuori le mura. In oriente vengono edificate le basiliche del S. Sepolcro e della Natività.

In questo periodo si va organizzando anche l’anno liturgico. La domenica come pasqua settimanale e la Pasqua annuale, segnano il ritmo dell’anni circulus. Si organizza il triduo pasquale, la quaresima per i catecumeni, la cinquantina pasquale che si chiude con la Pentecoste.

A Roma verso l’anno 350 si inizia a celebrare anche il Natale di Cristo e qualche secolo più tardi si aggiungono anche quattro settimane di preparazione, l’Avvento.

Nelle basiliche episcopali, presente il vescovo e il suo presbiterio, si celebra durante la settimana una essenziale liturgia delle ore. L’unica celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo è ancora riservata per tutti alla domenica.

I Vescovi sono anzitutto pastori e maestri. L’omelia e le catechesi battesimali sono le opere più pregevoli di questo periodo (Ambrogio, Agostino, Cirillo, ecc), fortemente ancorate al testo della Sacra Scrittura.

Ancora non ci sono i libri liturgici con i testi già fissati della preghiera liturgica. E’ un tempo di fervente creatività liturgica attenendosi ovviamente a schemi e canoni di preghiera che già sono conosciuti nelle comunità cristiane. Purtroppo questa fase di creatività durò poco tempo. L’incapacità a comporre sempre nuovi formulari, l’esigenza di avere dei modelli stabili, la necessità di difendersi dall’insorgere di pericolose eresie, spianò la strada verso la fissazione di riti e orazioni e quindi la nascita dei vari Sacramentari con la raccolta dei testi liturgici. Basta citare il caso della Prece eucaristica: dalla fine del IV secolo, in occidente, si impose il testo del Canone romano come unica prece eucaristica. Le liturgie dell’oriente, invece, pur fissando anch’esse i testi liturgici, hanno mantenuto un più ampio spazio di scelta.

Alla fine del IV secolo la liturgia romana è pressoché strutturata nelle sue linee essenziali. E’ a questa epoca d’oro che in modo preferenziale si è ispirato il Vaticano II quando ha voluto porre mano alla riforma liturgica. Lungo il corso dei secoli, infatti, attorno a questo nucleo originario ed essenziale della liturgia, si sono insinuati elementi meno rispondenti, o anche meno opportuni, all’intima natura della stessa liturgia per cui si è resa necessaria una loro revisione e se necessario anche una loro rimozione (cf SC 21).

 

 

Paolo GIGLIONI



[1] Questo documento fu scoperto nel 1873.

[2] Da qui una forte disaffezione alla lettura dell’AT nell’assemblea cristiana.

[3] La preghiera di ordinazione del Vescovo è stata assunta nella recente riforma del Pontificale romano e la Prece eucaristica è servita da schema per l’attuale II Prece eucaristica.

[4] Da qui il termine di Credo nicenocostantinopolitano dato al simbolo apostolico che professiamo ogni domenica.