Liturgia,
attuazione dell'opera della redenzione (SC 2).
La riforma liturgica voluta dal Vaticano II ha
permesso di superare una visione rubricistica
di Liturgia, intesa per lo più come un insieme di cerimonie da applicare con
scrupolosa esattezza, per acquisire invece una visione che potremmo chiamare misterica e che consiste nell’intendere
la Liturgia come azione divina che viene affidata con grande amore alla diletta
Sposa di Cristo, la Chiesa, affinché questa possa offrire a tutti i suoi figli,
nel corso del tempo, i misteri salvifici del nostro Redentore.
A questo punto del nostro Corso di introduzione alla Liturgia, dopo aver visto la parte
storica, è giunto il momento di occuparci della sua natura rispondendo alla domanda: che cosa è la Liturgia?
Come doveroso, seguiremo le indicazione di Sacrosanctum Concilium che, proprio in
apertura, dice: «La Liturgia
infatti, mediante la quale, soprattutto nel divino sacrificio dell'Eucaristia,
“si attua l'opera della nostra redenzione”…» (SC 2).
Liturgia:
attuazione dell’opera della redenzione.
L'opera della redenzione è l'attuazione del
disegno di Dio, il quale "vuole che tutti gli uomini siano salvati e
arrivino alla conoscenza della verità" (1 Tim 2,4).
Un tale progetto di salvezza è rivelato e attuato
in diversità di modi e di tempi, secondo le indicazioni della Lettera agli Ebrei: «Dio, che aveva già
parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei
profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che
ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il
mondo. (Eb 1,1-2).
Si parla di tempi
e di modi diversi:
*
diversità di tempi. La storia
della salvezza si è sviluppata secondo un susseguirsi di tempi così articolati:
il tempo della "profezia"
nel quale Dio parla ai padri per mezzo dei profeti rivelando gradualmente il
suo eterno mistero di amore; il tempo della "pienezza" o tempo di Cristo nel quale la salvezza da annuncio
per gli uomini (Verbo), si fa realtà negli uomini (Carne): è il tempo del
"Verbum-caro" (Gv 1,14) e
della pienezza dei tempi ("kairoi":
Gal 4,4; Rm 16,25-27; 1 Tm 3,16; At 1,7;); il tempo della "prosecuzione" nella Chiesa mediante
la quale l'evento “storico” di Cristo diventa evento “sacramentale” per gli uomini
di tutti i tempi.
*
diversità di modi. E’ la fase
della religione naturale e del suo ambito culturale; segue la fase della
religione rivelata, prima ebraica, poi cristiana.
Una sintesi di questo procedimento di salvezza è
descritto da Efesini 1,13: “In lui
anche voi dopo aver ascoltato (akoùsantes)
l'Evangelo della vostra salvezza, e aver in esso creduto (pistéusantes), avete ricevuto il sigillo (esphragìsthête) dello Spirito Santo”.
La liturgia diventa indispensabile cerniera tra
il tempo di Cristo e il tempo della Chiesa; tra la storia della salvezza
compiuta da Cristo per noi e la
storia della salvezza attualizzata da Cristo in noi nell'azione santificante dello Spirito Santo. Una tale
liturgia si presenta come:
·
momento-sintesi: unisce annuncio e avvenimento; ciò che è avvenuto “una volta per sempre” (ephàpax:
Rm 6,10; Eb 7,27; 9,12.26; 10,10.12.14), diventa “ogni volta” (osàkis: 1
Cor 11,26) presente-attuale-efficace qui-per-noi; ciò che è avvenuto
“diacronicamente” (= lungo il tempo) nel tempo storico di Cristo, si attua
“sincronicamente” (= stesso tempo) nell'azione sacramentale della Chiesa;
·
momento ultimo: la Liturgia è la via ordinaria, fino alla parusìa, nella quale Dio
incontra e salva l'uomo mediante l'economia sacramentale, congiuntamente composta
di annuncio e sacramento[1].
·
anamnesi: è il "memoriale" nella sua componente tridimensionale che,
mentre rende attuali[2] oggi
gli avvenimenti salvifici compiuti da Dio nel passato (1 Cor 11,24), ne anticipa al tempo stesso il loro
compimento futuro nella parusìa.
·
epiclesi: è "invocazione"[3] dello Spirito perché compia oggi nella Chiesa
ciò che Cristo ha attuato una volta per sempre nel suo tempo storico secondo la
volontà del Padre. "Infatti dal costato di Cristo dormiente sulla croce è
scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa" (SC 5). Ecco perché è
possibile che nella Chiesa e mediante l'azione liturgico-sacramentale della
Chiesa sia attuata “oggi”, “ogni volta”, l'opera della nostra redenzione (SC
2). In forza dell’azione santificante e attualizzante dello Spirito, la fede
dei partecipanti è alimentata, le menti sono sollevate verso Dio per rendergli
un culto spirituale, si riceve con più abbondanza la sua grazia (SC 33), ci è
dato il pegno della gloria futura.[4]
·
anticipazione: già si pregusta qui quanto dovrà compiersi nella celeste liturgia nel
Regno (2 Cor 1,22; 5,5).
A differenza degli altri culti, dunque, il culto
cristiano non è iniziativa umana a cui Dio presti la sua potenza, ma piano di
salvezza del Padre, volontà di Cristo fondatore, obbedienza piena e gioiosa
della Chiesa animata dallo Spirito alla volontà del Maestro. Nel mistero del
culto, per la mediazione del gesto sacramentale, l'evento di Cristo e la storia
dell'uomo si compenetrano e si compongono in unità: il sacrificio di Cristo si
completa nel sacrificio dei suoi discepoli (cfr SC 48).
Pertanto, prima ancora di essere azione del popolo per il suo Dio, la
Liturgia è essenzialmente azione di Dio
per il suo popolo. La Liturgia, nella sua natura più profonda, è essenzialmente: azione trinitaria, azione cristologica, azione ecclesiale, azione
antropologica.
Azione
trinitaria.
La Liturgia, in quanto attuazione dell’opera
della redenzione, è un’azione divina che vede congiuntamente operanti le tre
divine Persone della santa Trinità.
Il Padre
vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della
verità (1 Tm 2,4); dopo aver parlato in più modi e a più riprese ai padri per
mezzo dei profeti (Eb 1,1), nella pienezza dei tempi ha inviato il suo Figlio,
il Verbo fatto carne, per annunziare e attuare il suo disegno di salvezza
universale.
Il Figlio
è il Verbo fatto carne (Gv 1,14) che, unto di Spirito Santo, viene ad
annunziare la buona novella ai poveri, a risanare i cuori affranti, medico dei
corpi e dello spirito, Mediatore tra Dio e gli uomini. La sua umanità,
nell’unità della persona del Verbo, fu strumento della nostra salvezza. Nel
Figlio avviene la nostra perfetta riconciliazione con il Padre e ci è data la
pienezza del culto divino. In forza della sua pasqua di morte-risurrezione, il
Figlio redime l’uomo, dà gloria al Padre, genera dalla croce il mirabile
sacramento di tutta la Chiesa. Invia anche gli Apostoli ad annunziare il
Vangelo e ad attuare, nei sacramenti, l’opera di salvezza che annunziavano.
Lo Spirito
Santo, che ha generato nel seno della Vergine Maria il Verbo eterno del
Padre, continua a generare nel seno della Chiesa il Corpo mistico di Cristo
conferendogli la dignità filiale che permette di adorare Dio col nome di Padre
(Gal 3,16; Rm 8,15), in Spirito e Verità (Gv 4,23-24). Lo Spirito convoca i
figli del Padre in assemblea liturgica attorno al Figlio risorto e assicura il
pegno della gloria futura (2 Cor 1,22; 5,5; Rm 8,23).
Tutta la Liturgia è dunque pervasa da questa presenza trinitaria che attiva nella
Chiesa un duplice movimento storico-salvifico: discendente o santificante (dal Padre, per Cristo, nello Spitrito)
e ascendente (nello Spirito, per
Cristo, al Padre).[5]
Azione
cristologica.
Nell’agire liturgico il soggetto principale, il
vero Liturgo, è Cristo che dà forza e
significato sia all’agire del ministro celebrante (in quanto segno sacramentale
del Cristo Capo e Pastore del suo popolo), sia all’agire dell’assemblea
celebrante (in quanto corpo sacerdotale del Cristo risorto). Con la sua risurrezione-glorificazione,
infatti, Cristo non solo non abbandona la sua Chiesa, ma continua ad esserle
sempre presente-operante in una duplice forma: come Signore Risorto che nella
liturgia celeste intercede incessantemente per noi presso il Padre (Eb 7,25; Rm
8,34); come Liturgo dell’assemblea celebrante dal momento che Egli continua ad
essere presente nella persona del
ministro (quando Pietro battezza è Cristo che battezza), nella
proclamazione della Parola (è Lui che
parla quando nella Chiesa si annunziano le Scritture), nell’assemblea celebrante (dal momento che il
Cristo ha promesso di essere presente dove due o tre sono riuniti nel suo nome:
Mt 18,20), nelle azioni sacramentali
ed in modo del tutto speciale nelle specie
eucaristiche.
Azione
ecclesiale.
Il Vaticano II ha definito la Liturgia come azione sacra per eccellenza in quanto è
congiuntamente opera del Cristo Capo e del suo corpo sacerdotale che è la
Chiesa.Perciò nessun’altra azi8one della Chiesa allo stesso titolo e allo
stesso grado ne uguaglia l’efficacia (SC 7). Questa preghiera diventa la
preghiera del Cristo totale: cioè la
preghiera del Cristo Capo-Sposo che associa a sé la Chiesa suo Corpo-Sposa
nell’azione di grazie al Padre nello Spirito.
Nella Liturgia, pertanto, ci è dato di
partecipare all’esercizio del sacerdozio di Cristo. In questa azione così
grande di glorificazione di Dio e di santificazione dell’uomo, Cristo associa
sempre a sé la Chiesa, sua Sposa amatissima, la quale nello Spirito prega il
suo Signore e rende culto al Padre.
Dal momento che non esistono due Chiese, una
celeste ed una terrena, ma un’unica Chiesa che tuttavia partecipa allo stesso
tempo sia del desiderio saziato, sia
della richiesta con gemiti (s.
Agostino), anche l’attuale Liturgia terrena non è affatto separata da quella
celeste. Noi già partecipiamo ad essa in qualche modo e ad essa siamo
incamminati come pellegrini nell’attesa della venuta (= Parusia) del Signore
nostro Gesù Cristo.
A motivo di questa sua importanza, la Liturgia è
per la Chiesa momento culmine e fonte
di ogni sua attività: è momento culmine
perché ogni opera di evangelizzazione tende necessariamente all’Eucaristia
quale punto di arrivo dell’annuncio evangelico; è momento fontale perché spinge a tradurre nella vita quanto si è ricevuto
nella fede. La Liturgia, per essere vera e completa azione ecclesiale, deve
prolungarsi nella carità-missione.
In quanto azione ecclesiale la Liturgia non è un accessorio nella vita della comunità battesimale; non permette trascuratezze o superficialità. Resta congiuntamente e inseparabilmente un’azione divina e umana, visibile ma dotata di dimensioni invisibili, impegnata nell'azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina; e tutto questo, però, in modo tale che quanto in essa è umano sia ordinato e subordinato al divino, il visibile all'invisibile, l'azione alla contemplazione, il presente alla città futura alla quale tendiamo (SC 2).
Azione antropologica.
La Liturgia non è solo azione di Cristo e della Chiesa, ma è allo stesso tempo anche un’azione pienamente umana, nel senso che esige da noi che vi partecipiamo una adesione totale di mente e di corpo, una partecipazione attiva, piena, consapevole, fruttuosa (SC 11).
Nella Liturgia non c’è niente di magico o di casuale; richiede piuttosto rettitudine di coscienza, concordia tra mente e voce (S. Benedetto: mens concordet voci), cooperazione con la grazia ricevuta in dono, osservanza delle leggi liturgiche.
La Liturgia è un diritto-dovere di ogni cristiano: diritto nel senso che tale dignità di partecipazione scaturisce dalla natura sacerdotale di ogni battezzato, dovere nel senso che dobbiamo anche esercitare in maniera piena e attiva ciò che spetta di diritto.
Come ben la definì S. Pio X, la Liturgia è la prima e indispensabile fonte dalla quale i fedeli possano attingere il genuino spirito cristiano. Necessita per questo di una adeguata formazione: in primo luogo dei pastori e di coloro che sono chiamati a dirigere le comunità. Non si può pretendere una attuazione della riforma liturgica se gli stessi pastori d’anime non siano penetrati, loro per primi, dello spirito e della forza della Liturgia.
Né di deve credere che da sola la Liturgia esaurisca tutta l’attività della Chiesa e la vita spirituale del cristiano: essa suppone e necessita anche della preghiera personale dal momento che dobbiamo pregare incessantemente (1 Ts 5,17) e portare nel nostro corpo i patimenti di Cristo divenendo noi stessi un’offerta gradita al Padre (Rm 12,1-2).
Da quanto detto fin qui, in quanto attuazione dell’opera della nostra redenzione, a partire quindi dalla sua natura trinitaria, cristologica, ecclesiale, antropologica, la Liturgia esige alcuni comportamenti che è bene mettere subito in chiaro:
· la Liturgia può essere regolata unicamente dall’autorità della Chiesa; «Di conseguenza assolutamente nessun altro, anche se sacerdote, aggiunga, tolga o muti alcunché di sua iniziativa, in materia liturgica» (SC 22 § 3);
· le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è «sacramento di unità», cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei Vescovi.. Tali azioni appartengono all’intero corpo ecclesiale, lo manifestano e lo implicano (SC 26). Le celebrazioni devono avere pertanto un carattere comunitario con la presenza e la partecipazione attiva dei fedeli (SC 27).
Paolo Giglioni
Settembre 1999
[1]) "Ciò che era visibile nel
nostro Salvatore è passato nei sacramenti" (s. Leone Magno: Ep. 74,2).
[2]) Non è esatto parlare di
"rinnovamento" della Pasqua, quasi che essa fosse diventata vecchia;
è preferibile dire "attuazione" nel senso che tutto quanto è avvenuto
una volta nel tempo storico di Cristo, si attua ancora e pienamente
nel'"oggi" del tempo della chiesa.
[3]) epìclesi,
dal greco epì-kaléô, significa
in-vocare, chiamare sopra o chiamare accanto (da qui anche il termine paràklêtos dato allo Spirito Santo:
Gv 14,16.17; 15,26; 16,13). Dice s.
Giovanni Damasceno "Tu chiedi come il pane e il vino divengono il corpo e
il sangue di Cristo? Ti rispondo: lo Spirito fa irruzione e compie ciò che
sorpassa ogni parola e ogni pensiero...Ti basti capire che è per mezzo dello
Spirito, allo stesso modo che dalla Vergine e dallo stesso Spirito ha assunto
la carne" (De fide ortodoxa, IV,
13).
[4] Tutto questo è sinteticamente espresso da S. Tommaso nell’Orazione
da lui composta per la festa del Corpo e Sangue di Cristo: recolitur memoria, mens impletur gratia, pignus gloriae futurae nobis
datur.
[5] Ritorneremo in seguito su queste tematiche, con ulteriori approfondimenti.