JOHANNESBURG, SUD AFRICA

Varie scuole di pensiero di teologia sacramentale secondo il Magistero della chiesa dal Concilio Vaticano II ad oggi.

 

 

 

Introduzione

Gli orientamenti della teologia sacramentale e le pratiche che emergono dal Vaticano II rivelano una crescente percezione della consapevolezza della ritualita’, l’impatto dell’RCIA sul significato di diventare cristiani, il declino nella frequenza al sacramento della confessione, l’accresciuta importanza dei riti di guarigione e dell’unzione degli infermi, l’aumentata consapevolezza della sacramentalita’ in tutto cio che facciamo e non soltanto quando celebriamo I sette sacramenti e infine l’esplosione nella collaborazione con I ministeri laici. In relazione dialettica a questi orientamenti vi sono alcune prospettive teologiche emergenti che hanno un’influenza sulla teologia sacramentale e anche su altri settori della teologia contemporanea.

 

1. Il sacramento e la relazione con Dio

La salvezza e’ centrata sulla relazione tra Dio e gli esseri umani. Il Concilio Vaticano II ha evidenziato il tema della relazione sottolineando come la chiesa e’ il sacramento della comunione di Dio con il suo popolo (LG 1). La narrativa protestante con la sua enfasi nella fede come terreno della Cristianita’ ha visto, con lo sviluppo dell’Evangelismo e il Pentecostalismo, una maggiore focalizzazione sulla dimesione esperienziale della fede, cosicche’ l’essenza della Cristianita’ e’ sempre di piu’ presentata come esperienza personale di Dio e impegno personale nei confronti di Dio. Questo tema ha un’eco nel movimento del rinnovamento carismatico nella chiesa cattolica. Il sacramento inteso come incontro interpersonale e’ un importante orientamento teologico dal Vaticano II ad oggi.

Sia Rahner che Schillebeeckx sono stati utili nel provvedere una narrativa teologica a riguado di questo aspetto del sacramento. Rahner fa uso delle intuizioni neo-tomistiche e di quelle di Heidegger nell’elaborare il concetto del sacramento visto come auto-comunicazione di Dio. Tale auto-comunicazione ad un’altra persona e’ sempre simbolica dal momento che "il simbolo…e’ l’auto-comprensione di un essere in un altro, che e’ costitutivo della sua essenza" (Rahner 1966:234). L’essenza del sacramento e’ l’auto-comunicazione di Dio al suo popolo: una relazione: "La realta’ della divina auto-comunicazione crea da se’ stessa la propria immediatezza facendosi essa stessa presente nel simbolo" (:252). La preoccupazione di Rahner e’quella di spiegare l’auto-comunicazione di Dio nell’incontro tra il divino e l’umano. Per Schillebeeckx (1963) invece e’ la relazione in se’stessa a costituire l’aspetto centrale. La sua preoccupazione e’ rivolta a "correggere" una teologia "sacramentale dei manuali…che tendeva ad un approccio meramente impersonale, quasi meccanico…soprattutto in termini di categorie fisiche" (:1). L’essenza per Schillebeeckx sono "I sacramenti considerati come la modalita’ umana tipica dell’incontro con Dio" (:4).

Tale relazione richiede una risposta di fede sostenuta dall’azione. Duffy (1982) puntualizza che "tale dimensione soggettiva della fede/sacramento non e’ mai stata adeguatamente sviluppata nella storia della teologia…" (:XII). La presenza di Dio nei sacramenti ci invita ad essere presenti di fronte a Dio. Tale presenza "e’ un auto-dono e un amore che da’ forza" (:3), e si manifesta nell’impegno. Il sacramento richiede la volonta’ ad impegnarsi nella prassi cristiana. "I simboli religiosi sono il modo pratico di Dio con cui ci invita a verificare la posizione attuale delle nostre vite e ad un nuovo impegno se necessario" (:3).

La dimensione relazionale della salvezza e’ uno dei temi principali di Giovanni Paolo II. L’esperienza umana e’ radicata nel fatto che Cristo "si e’ unito a ciascun uomo" (GS 22 nella RH 13 gli italici sono nel testo originale). Cosi’ "la chiesa desidera mettersi al servizio di questo unico fine: che ogni persona sia messa in grado di trovare Cristo, cosicche’ Cristo possa percorrere con ogni persona il cammino della vita…(RH 13). Le dimensioni ecclesiologiche (vedi RH 18) e sacramentali (vedi RH 20) di questo concetto sono illustrate nel capitolo 4 dell’enciclica.

2. I sacramenti in un mondo ingiusto

I sacramenti fanno appello ai cristiani perche’ si impegnino a vivere I valori morali nella pratica. Segundo (1974) suggerisce che I sacramenti siano offerti alla comunita’ come mezzi della grazia "che e’ efficace al fine della liberazione dell’uomo nel contesto della sua concreta storia di vita" (:55). Questa visione della sacramentalita’ richiede il passaggio da un modo individualistico di comprendere I sacramenti focalizzati sulla salvezza personale ad una comprensione piu’ collettiva della salvezza che riguarda il popolo di Dio (LG13).

Ma la realta’ e’ spesso lontana da queste verita’ teologiche. Fuellenbach (1995:258) sottolinea che molti si chiedono se "la chiesa sia veramente il segno di unita’, di amore, di giustizia e di speranza nella venuta del regno finale…". E in Sudafrica il teologo Albert Nolan (1988:212ff) cita Isaia 1: 11-17 quando deplora il vuoto ritualismo dei sacramenti e degli atti di culto che non sono collegati alla percezione di un’azione per la giustizia. Egli ci mette in guardia sul rischio che "tutte le religioni corrono lo stesso pericolo di degenerare in puri rituali, in formule e formalita’ che sono staccate dalla vita" (:212). I sacramenti e la liturgia sono sempre imperativi etici. "I sacramenti appartengono ai cristiani, alla chiesa, ed e’ nei comportamenti, nelle scelte di vita e nello stile di vita dei cristiani, nelle relazioni e nei modi di essere nel mondo, che l’etica di Gesu’ e I sacramenti di Gesu’ trovano il loro significato e forza" (McKenna – 1997, :21).

 

3. Collaborazione nei ministeri

Prima del Concilio Vaticano II l’amministrazione dei sacramenti era prerogativa quasi esclusiva dei ministeri ordinati nella chiesa. Da allora c’e’ stata un’esplosione del coinvolgimento dei laici nei riti della chiesa. Sebbene alcune funzioni rimangono riservate a ministeri ordinati, molte tradizioni precedenti, che offrivano ruoli e responsabilita’ ad altri non-ordinati, sono state recuperate.

Il Vaticano II dichiara che la chiesa e’ il popolo di Dio e che nel battesimo tutto il popolo di Dio e’ chiamato a condividere il sacerdozio di Cristo dal momento "…che il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale…sono comunque in relazione l’uno all’altro. Ciascuno di essi, nella sua modalita’ particolare, e’ la partecipazione all’unico sacerdozio di Cristo" (LG10). Tale visione che promuove la collaborazione ministeriale nel culto della chiesa dovrebbe diventare segno della natura sacerdotale propria di tutto il popolo di Dio. Tale visione riconosce anche l’importanza delle diversita’ dei ruoli a secondo della vocazione e missione. A proposito della collaborazione nel ministero leggiamo: "Occore notare con grande soddisfazione che in molte chiese particolari la collaborazione dei fedeli non ordinati al ministero pastorale dei sacerdoti si e’ sviluppata in maniera molto positiva. Ha prodotto un’abbondanza di buoni frutti…" (Sacerdoti e Laici: 7).

La ormai tradizionale scarsita’ di sacerdoti nei cosiddetti paesi di missione ha fatto si’ che I catechisti locali si facessero carico della predicazione e guidassero le celebrazioni liturgiche nelle zone piu’ remote. Questi uomini hanno svolto un ruolo chiave nella fondazione della chiesa in Africa. Dal tempo del Vaticano II la chiesa ha preferito sviluppare ministeri comunitari all’interno delle comunita’ locali piuttosto che mettere un laico solo come guida. L’obiettivo di introdurre tali ministeri nella chiesa in Africa Australe e’ stato visto come un tentativo di espandere il campo dei ministeri in modo tale da approfondire la missione della chiesa e non semplicemente come una risposta per fare fronte alla scarsita’ di clero (PA1:2). Un altro scopo che si voleva raggiungere e’ stato quello di spaternalizzare il ruolo del prete nella chiesa cosi’ da permettere alla chiesa cattolica di diventare meno centrata sulla figura del sacerdote e piu’ sul popolo di Dio (PA1:4).

Fin dal 1974 l’Istituto Missiologico di Lumko in Sudafrica ha pubblicato numerosi programmi di formazione per ministeri nelle comunita’, programmi che hanno avuto successo in molte parti del mondo. La maggior parte delle parrocchie in zone rurali del Sudafrica hanno oggi team di ministri non-ordinati che pregano sui malati, dirigono funerali e guidano il rito della comunione. In un certo senso tutto cio’ rende la chiesa un segno piu’ efficace del popolo di Dio. Ma il ruolo del prete diventa ancora piu’ importante in tali situazioni. Anche se le vocazioni sacerdotali continuano a crescere, la continua scarsita’ di ministri ordinati significa che molto ancora rimane da compiere.

 

4. L’accresciuta consapevolezza della cultura: Inculturazione

La cultura di un popolo puo’ essere intesa come il sacramento della loro umanita’. E’ il modo con cui la loro umanita’ si manifesta nel mondo. Studi delle scienze umane hanno visto avverarsi un cambiamento negli ultimi tempi: si e’ passati da approcci scientifici razionalisti e oggettivi, sia che siano espressi in modelli marxisti, positivisti o ermeneutici strutturalisti, ad una consapevolezza del ruolo della cultura e delle emozioni nelle motivazioni umane. Questo e’ stato descritto come "un capovolgimento culturale" (Ray & Sayer 1999: 1 ss). Troviamo questo stesso orientamento nella teologia, particolarmente nella teologia sacramentale. Uno dei temi principali negli scritti di Giovanni Paolo II e’ stato il ruolo della cultura nella vita del popolo di Dio e della chiesa. Cardinal George (1990: 17) nota che "quando il cardinale Karol Wojtyla fu eletto papa, presto comincio’ a porre la cultura al centro dell’agenda della chiesa in un modo originale". L’inculuturazione ha iniziato a diventare uno dei punti chiave nella teologia sistematica e pastorale. La parola inculturazione appare per la prima volta nella Catechesi tradendae (53) ma e’ nella Slavorum Apostoli che il termine riceve una piu’ esaustiva esposizione teologica. Nell’enciclica l’inculturazione viene definita come "l’incarnazione del Vangelo nelle culture locali" (SA 21). Questo processo non deve essere accompagnato da un atteggiamento di esclusivismo culturale, dal momento che la chiesa per essere un vero sacramento deve manifestare l’unita’ tra tutte le culture. Occorre tenere presenti due importanti criteri per l’inculturazione: la compatibilita’ con il Vangelo e la comunione con la chiesa universale (EA 62).

"Inculturazione vuole dire che la fede puo’trovarsi a casa in una cultura africana e di fatto aprire questa nuova casa a nuove sfide" (Tlhagale 1995b:170). Studi recenti in Sudafrica riguardanti la teologia sacramentale includono anche studi sugli antenati (Tlhagale 1995a), sul matrimonio (Hlatshwayo 1996) e sulle concezioni africane e cristiane del sacrificio e dell’Eucaristia (Sipuka 2001). Una ben informata riflessione teologica e’ essenziale per evitare pratiche elaborate in tutta fretta che possono prestarsi ad esagerazioni ed eccessi. In questa maniera una chiesa locale diventa un vero sacramento di Cristo per il suo popolo.

 

5. La riconferma della tradizione cattolica

Molti temi nuovi che sono emersi in un tempo relativamente breve ci fanno capire che viviamo in una societa’ e in una chiesa in movimento. "Negli anni immediatamente seguenti al Vaticano II abbiamo visto nascere alcune forme particolarmente virulente della ‘religione dell’oggi’ (Cunningham 1985:200). Il pericolo in tempi come I nostri sta nel fatto che le attuali circostanze e preoccupazioni possano essere sopravvalutate causando nella comunita’ locale la perdita di una visione piu’ ampia. Molte divisioni ecclesiali del passato sono emerse da simili situazioni. Un orientamento emergente che offre una risposta confacente a questo pericolo e’ la crescente riscoperta del valore del Cattolicesimo quale importante segno dei nostri tempi. Cunningham ritiene "la tradizione cattolica ampia a sufficienza per assorbire tali entusiasmi e selezionare cio’ che ha valore a lungo termine" (:200). Ma il cattolicesimo in questo senso deve essere inteso anche come un’insistenza sulla importanza della tradizione teologica e del magistero unitamente al riconoscimento della importanza dell’unita’ ecclesiale in un mondo tanto diversificato. O’ Malley (1983:406) ci avverte che in tempi di radicale rinnovamento e’ importante che la chiesa non perda di vista la propria continuita’ con il passato. Il "persistente impulso cattolico a riconciliare ‘natura e grazia’ e’ un impulso, quando elevato al livello di istituzioni sociali, a riconciliare la chiesa con la cultura umana in tutte le sue dimensioni positive…La chiesa e’ pienamente incorporata nella storia dell’umanita’, e I cambiamenti che avvengono la’ hanno un grande impatto su di essa". Tali cambiamenti sono essenziali se la chiesa vuole restare fedele alla propria missione: essere segno efficace di salvezza.

Per questa ragione, il magistero deve esercitare il ruolo di mantenere il centro in un tempo di pluralismo pratico e teologico. Questo ruolo e’ diventato sempre piu’ evidente nell’ultimo quarto del secolo XXmo allorche’ numerosi insegnamenti e istruzioni sono stati pubblicati, con l’obiettivo di offrire linee guida circa il domma, e regolano e chiarificano la pratica sacramentale nella chiesa (1). In questo il magistero adempie il proprio ruolo nel mantenere l’integrita’ della chiesa, quale sacramento di unita’ (LG1) e organismo vivente di salvezza (LG8). Queste istruzioni hanno avuto il merito di sosostenere molte iniziative scaturite dagli orientamenti che abbiamo accennato appena sopra. Ma al tempo stesso tali istruzioni sono state scritte per evitare esagerazioni che militano contro la tradizione, introducendo nuove pratiche che confondono l’efficacia del segno.

 

Conclusione

Ad un crescente pluralismo di interpretazioni e pratiche ha corrisposto l’affermarsi del bisogno di unita’ e di relazionalita’, necessari per garantire una vera espressione di cio’ che essere cattolico significa. Per Power (1999:2) il termine "conflitto di interpretazioni esprime abbastanza bene le diversa modalita’ in cui la tradizione sacramentale e’stata fatta propria da comunita’ diverse". Tale conflitto richiede una risposta che possa promuovere una comprensione tra le varie interpretazioni. Solamente in questo modo l’unione puo’ essere favorita. Power suggerisce che un approccio postmoderno ai sacramenti e’ di aiuto, dal momento che permette l’integrazione di metanarrative, solo apparentemente o superficialmente differenti, all’interno di un tutto piu’ grande. Cio’ che e’ necessario nella teologia sacramentale e’ un approccio piu’ comprensivo e complesso che affermi una "attenzione all’altro…una nuova consapevolezza in coloro che sono stati esclusi o marginalizzati anche nella vita della chiesa …una nuova ricerca del sacro e un bisogno di cio’ che unisce l’essere umano agli altri esseri viventi…un maggiore rispetto per il mondo attorno a noi…un’etica radicata nella sapienza di come viviamo giorno dopo giorno nella fede nella presenza di Dio" (:16). L’emergere di nuovi orientamenti non dovrebbe spaventarci ma provocarci ad una piu’ approfondita riflessione teologica capace di inserire cio’ che ha valore nella piu’ vasta unita’ cattolica.

 

Stuart C Bate OMI

 

Bibliografia

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Tlhgale, B 1995a. Ancestors and the Paschal mystery, in Makobane et al eds. The Church and African Culture, 53-64. Germiston: Lumko.

Tlhgale, B 1995b. Bringing the African culture into the church, in Makobane et al eds. The Church and African Culture, 169-185. Germiston: Lumko.

 

A questo riguardo si possono trovari vari importanti esempi in: Fides et ratio, Dominus Jesus, Inaestimabile donum; "IV Istruzione per la giusta applicazione della costituzione conciliare sulla liturgia, nn 37-40"; "Istruzione sulla collaborazione dei fedeli non ordinati nel sacro ministero del sacerdote" e "Istruzione sulle preghiere per la guarigione".