La dimensione mariana del sacerdozio ordinato
Alcune premesse
:Oggi, come dice autorevolmente il Documento "La Madre del Signore", edito dalla "Pontificia Accademia Mariana Internazionale" , si sente sempre più il bisogno di un incontro approfondito tra "la mariologia e l'universale teologico". La figura di Maria non può relegarsi, infatti, alla periferia del dogma cristiano: pur non essendo il centro, è però centrale nel cristianesimo, essendo "nel cuore del mistero dell'ora " del Cristo. Con il Concilio Vaticano II° si può dire che Maria "che è entrata intimamente nella storia della salvezza, riunisce in sé in qualche modo e riverbera i massimi dati della fede; così, quando la si predica e la si onora, ella chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre. " (LG 65).
Nelle mie ricerche del passato, però, non avevo posto l'attenzione al rapporto intimo tra il "Sacerdozio di Cristo e la figura di Maria" e tra "la figura di Maria ed il sacerdozio ordinato", se non in occasione di pie riflessioni spirituali. Ho recentemente ripreso questa tematica in alcune trattazioni di carattere teologico, come "La Madre di Gesù presso la Croce" . In esso ho tentato un approfondimento del rapporto tra il Sacerdozio di Cristo e la figura di Maria, considerando anzitutto la Chiesa quale "Popolo Sacerdotale", mentre il rapporto particolare tra il "Sacerdozio ministeriale ordinato" e la "figura di Maria", rimaneva ancora nell'ombra. L'affermazione bella e consolante, per il Sacerdote, che Maria è, particolarmente, "Madre del Sacerdote ordinato", è una affermazione rimasta spesso relegata al piano devozionale . Si tratta, certo, di un piano anch'esso importante dal punto della vita spirituale sacerdotale, ma non si approfondivano le radici teologiche dalle quali scaturisce l'intima relazione del Sacerdote ministro con Maria in quegli che sono gli aspetti fondamentali del suo "essere sacerdote" e "dell'esercizio stesso " del suo ministero e del cammino della sua santificazione. Questa, pur essendo la stessa rispetto a quella comune del sacerdozio ecclesiale (LG 41), deve essere, però, vissuta dal Sacerdote ordinato per motivi nuovi , rispondenti alla nuova grazia che l'ha trasformato, nella persona di Cristo, Capo e Pastore, come strumento vivo nell'opera della salvezza (Presbyt. Ordinis , 12; Cod. Diritto Canonico , c. 276, § 1).
Nel chiedermi il motivo della poca attenzione agli aspetti teologici mariani nel sacerdozio, specialmente ministeriale, ho potuto riscontrare che esso, anzichè essere dovuto ad una qualche preoccupazione di salvaguardare l'unicità della Mediazione di Cristo , preoccupazione, che dopo le affermazioni della LG. n. 62 non ha più alcun motivo di sussistere, sarebbe dovuto al contrario ad una carenza cristologica . E ciò, io credo, appare connesso con il fatto che il titolo stesso di "Sacerdote", applicato al "Cristo Unico Mediatore", che ha avuto un particolare sviluppo monografico nella Lettera agli Ebrei e svariate risuonanze nell'insieme della cristologia del Nuovo Testamento, non ha trovato, invece, una vasta eco nella cristologia sistematica, restando solo come un capitolo collaterale e talora omesso rispetto agli altri grandi titoli cristologici come Cristo, Signore, Figlio di Dio, Verbo, Figlio dell'Uomo.... Con questa omissione si rischia di non porre in evidenza sufficientemente il tema del "Mediatore". Di qui deriverebbe anche la disattenzione agli aspetti mariani del Sacerdozio di Cristo e della Chiesa.
Questa carenza potrebbe dipendere dal non uso del linguaggio di "sacerdozio" da parte di Gesù stesso, il quale non rientrava nella categoria sacerdotale secondo le concezioni ebraiche del tempo e dal non uso da parte dei primi cristiani del linguaggio del "sacerdozio" (ieréus ) per designare l'opera dei ministri ordinati che proseguono l’opera del ministero di Cristo nella Chiesa, come risulta dal NT. Questi ministri sono denominati epískopoi, presbyteroi o diakónoi mentre il linguaggio di sacerdozio viene usato per designare i sacerdoti dell'AT, i sacerdoti pagani, e la Chiesa come "popolo sacerdotale". C'è chi pensa che questo non uso voglia esprimere la differenza e novità del ministero sacerdotale cristiano rispetto a quello antico .
Va anche considerata una seconda ragione, dovuta, in tempi recenti, a motivazioni culturali: sotto i venti della secolarizzazione si era andata operando, nel secolo scorso, una critica più o meno radicale nei confronti della "figura del sacerdote ministro", così come veniva concepita e presentata a partire dal Concilio Tridentino. Questo, non aveva inteso tracciare un visione integrale della figura del sacerdote, ma per ragioni storico-dogmatiche, aveva sviluppato e posto l’accento su alcuni aspetti reali ed imprescindibili del ministero sacerdotale, che riguardano il suo legame all'altare del sacrificio, alle azioni sacramentali, alle preghiere e benedizioni. Questa figura, appariva, troppo ieratica e determinante, nel processo di formazione una visione del sacerdote come custode del santuario, concentrato, nell'esercizio di un ministero puramente amministrativo-liturgico dei sacramenti, privo di una proiezione dinamica evangelizzatrice verso il mondo, una figura, insomma, troppo sacralizzata .
In questo contesto, l’aspetto mariano veniva rifiutato, nel timore di aggravare ulteriormente gli aspetti sacrali e devozionali di questa immagine del sacerdozio. Si aggiunga che per motivi opposti alla concezione propria della Chiesa, determinati da rigurgiti di "laicismo", si respingeva l’idea di sacerdozio ordinato come una specie di "casta clericale autoritaria " (clericalismo), sostenuta da una ecclesiologia di potere e di accentramento, che mortificava i valori sociali. In questo contesto si prendevano le distanze dalle prospettive mariologiche ritenute come un tentativo affettivo tendente ad insinuare nel credente un atteggiamento passivo e ad una cieca obbedienza verso il potere ecclesiastico. Il rifiuto del valore del "sacramento dell’ordine", nella Chiesa, ritenuto come una struttura di potere, invece che "segno" della presenza, in essa, di Cristo Capo e Pastore, nella persona del suo ministro ordinato, avveniva conformemente ad un’erronea concezione della "comunione ecclesiale", di carattere puramente sociologico, paritario, che portava a modelli di stile e di comportamento definito in termini di "democraticismo" . Il difetto della prospettiva mariologica della Chiesa, in questo contesto, rivela tutta la sua gravità, alla luce delle parole della Lumen Gentium (n. 63-65) che vede nella figura di Maria di Nazareth come "Serva del Signore", l’esem-plare prototipico della vera Chiesa evangelica, aprendo la via ad una sua adeguata comprensione sia come popolo sacerdotale, sia della funzione ministeriale del presbitero in essa.
Nel Concilio Vaticano II° l'immagine tridentina del prete, non veniva affatto rinnegata, quanto piuttosto integrata: la Presbyterorum Ordinis richiamava l'importanza della "grazia per poter essere ministri di Cristo Gesù tra le genti, mediante il sacro ministero del Vangelo, affinchè l'oblazione delle genti sia accettabile, santificata nello Spirito Santo" (n.2). Così nel descrivere il servizio ministeriale del sacerdote si cominciava con "l'annuncio del Vangelo", ma questa evangelizzazione non era in nessun momento concepita senza sacramentalità . Infatti, lo stesso decreto afferma che questo annuncio, "deriva la propria forza e la propria efficacia dal Sacrificio del Cristo ed ha come scopo che "tutta la città redenta, cioè la riunione e società dei santi", offra a Dio un sacrificio universale per mezzo del Gran Sacerdote" (ivi). Si tratta, allora di armonizzare i vari aspetti del ministero sacerdotale in relazione al Sacerdozio di Cristo.
Allora, direi, che se una crisi del ministero sacerdotale si è verificata nei tempi moderni, sotto l'azione di una cultura, spesso dissacrante, non è dovuta, tanto, ad un fenomeno puramente culturale, quanto soprattutto a delle carenze cristologiche ed ecclesiologiche circa il significato ed il valore dello stesso ministero presbiterale come "continuazione del ministero di "Cristo Sacerdote" come "Capo e Pastore della Chiesa". Nella ripresa di questa identificazione, grazie anche all'apporto proveniente dalla "teologia del sacerdozio battesimale", la teologia del "sacerdozio ministeriale" va incontrando sempre più la figura di Maria come "Madre" e "sorella", imprescindibile, per il suo essere ed il suo operare sacerdotale. Maria è Colei che, come Madre del Sommo Sacerdote, rivela un particolare amore verso i suoi diletti figli sacerdoti e si fa presente nelle dimensioni essenziali della loro vita, sia spirituale che pastorale, vita che rappresenta, in maniera sacramentale, il ministero stesso di Cristo come azione di grazia e mediazione di salvezza.
Per quanto mi riguarda, come teologo-sacerdote, vorrei affermare che la spinta sempre maggiore a dare rilievo a questa prospettiva ancora inesplorata di riflessione, è dovuta alla comunione di vita spirituale con la Serva di Dio Maria, per me sorella nella carne e madre nello spirito, la quale nella sua esperienza spirituale, ha avuto il dono singolarissimo di vivere con particolare intensità, al seguito di S. Caterina da Siena, il dono della vocazione battesimale, nella Chiesa, come carisma sacerdotale e mariano, che ha trasmesso alle figlie dell'Opera Mater Dei , con particolare amore di predilezione verso i sacerdoti ordinati: "a queste figlie ed ai fratelli sacerdoti, intendo dedicare queste riflessioni".
Ho pensato di svolgere un duplice tema strettamente unito:
I. Il primo riguardante la "dimensione mariana" del Sacerdozio di Cristo, riflessione che si pone in un quadro ecclesiale più universale: quello della Chiesa come "popolo sacerdotale" che abbraccia l'essere e la vita, la condizione di esistenza di ogni battezzato.
II. Il secondo più specifico: quella riguardante la "dimensione mariana" del sacerdozio ordinato, al quale ministero alcuni battezzati sono chiamati per servire tutti gli altri, con ardente carità pastorale.
I. La dimensione mariana del Sacerdozio di Cristo
La riflessione sul tema della dimensione mariana del "sacerdozio ordinato" va imprescindibilmente inserita nel contesto del "Sacerdozio di Cristo", dalla cui fonte scaturisce sia il Sacerdozio comune o battesimale , quale proprietà essenziale del "nuovo popolo di Dio" (1 Pt 2,9; Ap 1,6; 5, 9-10), sia il sacerdozio ministeriale .
I a. L'anticipazione dell'evento cristologico sacerdotale nel miste-ro mariano .
L'importanza della presenza di Maria nel mistero di Cristo, si manifesta già, quale "segno anticipatore" della mediazione sacerdotale di Cristo, nella sua prima rivelazione storica, nel mistero del concepimento immacolato della sua Madre , come un'esigenza proveniente, più che dal "privilegio concesso ad una creatura", per un'esigenza cristologica , "derivante dalla Persona divina di Cristo e dalla sua missione di Agnello redentore" . Per questo, in tale mistero appare già, per riflesso anticipatore, l'annuncio del trionfo della grazia sul peccato dell'umanità e sul principe del male. Così, la concezione immacolata di Maria "appare requisito preliminare all'incarnazione del Verbo: la preparazione della sua "degna dimora"" . Questo suo primo sorgere, come "Stella della Redenzione" è, nello stesso tempo, il "frutto più eccelso" della redenzione stessa di Cristo, della sua mediazione sacerdotale. In Lei si realizza, per prima, ed in "modo sublime" l'eterno progetto del Padre di chiamare tutti ad essere santi ed immacolati nell'amore al suo cospetto (Ef 1,4), attraverso il sangue redentore del Figlio (Ef 1,7).
Nelle tendenze teologiche odierne che comprendono quest'evento mariano, più che come un evento di preservazione, come un annuncio della "redenzione nella grazia santificatrice ad opera dello Spirito", che costituisce Maria la "tutta santa" (panaghía ), si definisce già, nella sua realizzazione, il principio ecclesiologico che accompagna l'evento cristologico , per il quale, Dio si glorifica in Maria, come canta la liturgia, perchè la Concezione Immacolata ha segnato l'inizio della Chiesa dei nuovi tempi, "Sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza" . Maria Immacolata, appare, in questa luce, come anticipazione del "partner ecclesiale" costitutivo , della stessa opera di incarnazione e redenzione del Cristo, in quanto, "personificazione e immagine profetica" sia della Chiesa, che delle sue singole membra, che, in lei, comprendono di "essere stati benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo" e di essere stati scelti prima della creazione del mondo, per essere santi ed immacolati al suo cospetto nella carità", predestinati ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo" (Ef 1, 3-5).
Dunque, non c'è evento del Cristo senza Maria e senza Chiesa: la libera volontà di automanifestazione dell'Amore misericordioso del Padre, si manifesta suscitando, nella potenza creatrice e santificatrice del Verbo e dello Spirito, questo partner che nella sua "concezione", "accoglie", anche se passivamente, come puro atto di predilezione il dono della grazia che antecede ogni risposta attiva dell'uomo .
Ib.
La dimensione mariana del Sacerdozio di Cristo , nell'incarnazione redentrice.Il "fondamento primo" della prospettiva mariana del Sacerdozio di Cristo si realizza nel mistero della incarnazione redentrice e ciò per varie ragioni teologiche:
1. anzitutto perchè, nella sua maternità fisica, Maria pone in essere, nella autentica solidarietà e verità umana , il Figlio di Dio "nato da donna" (Gal 4, 4). Questa concezione e nascita, costituisce il Figlio eterno di Dio, proprio in quanto uomo , il "Mediatore" fra Dio e gli uomini, "l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in rascatto per tutti" (1 Tm 2, 5-6) e quindi lo costituisce Sacerdote dei nuovi tempi. Per l'incarnazione, dunque Maria entra nella stessa costituzione umana del Sommo Sacerdote Gesù Cristo.
2. La concezione verginale, fisica, di Gesù, in Maria, realizzata per la virtù dello Spirito Santo , si definisce però nel contesto di una profonda relazione sponsale , tra l'obbedienza filiale del Cristo che è entrato, personalmente, nel mondo, esprimendo la sua "volontà sacrificale sacerdotale" dicendo al Padre:"ecco io vengo o Dio a fare la tua volontà" (Ebr 10, 9; Sal 40, 7-9) e l'obbedienza stessa di Maria (Lc 1, 38) che associata a quella di Cristo, si riveste di un profondo significato sacerdotale , in quanto esprime la sua "libera adesione" al volere del Padre, come Serva del Signore, in perfetta sintonia all'obbedienza del Figlio-Servo. Si può dire che "l' "ecco io vengo" di Cristo (Ebr 10, 9), fin dal primo momento dell'incarnazione, insieme, "suscita ed accoglie il sì di Maria , ed in esso, di tutta la Chiesa" . La maternità di Maria ad opera dello Spirito, si colloca, pertanto "all'interno di questa sua obbedienza sponsale ", che in Lei si realizza in risposta alla volontà del Padre, attraverso la mediazione di Cristo. Se è vero che nell'incarnazione è stata l'obbedienza del Figlio che ha fatto di Maria la sua Madre, la Serva obbediente del Signore (Lc 1, 38), vuol dire che è in Lui, che si definisce l'essere stesso di Maria nella sua misteriosa partecipazione e cooperazione al mistero sacerdotale della redenzione, proclamata da Gesù nell'ora culminante della sua croce .
In questo modo la "dimensione mariana" dell'incarnazione si esprime non solo come reale partecipazione e solidarizzazione con l'umanità , contro ogni forma di docetismo e di gnosi, ma anche come partecipazione, da parte di Maria al mistero di redenzione del Cristo Sommo Sacerdote. Si tratta di una "mediazione partecipata dall'unica fonte" , ma integrante, per cui, Maria, ed in Lei la Chiesa, adempie ciò che manca dal punto di vista umano, alla redenzione di Cristo. E' in questa linea tracciata dalla LG che secondo le sagge indicazioni della PAMI nel citato Documento "La Madre del Signore" , superando "l'impianto, i termini e le metafore usati da molti teologi prima del Vaticano II°", dovrebbe essere sviluppato l'approfondimento del ruolo attivo di Maria come 'costitutivo' e non accessorio all'opera di redenzione. Giovanni Paolo II° ha ampiamente rilevato che la cooperazione della Vergine all'opera trinitaria della salvezza può essere bene espressa attraverso le categorie di "mediazione in Cristo" e di "mediazione materna", cioè, come una "funzione particolare della Maternità universale di Maria nell'ordine della grazia" . Certamente, in questa impostazione, l'opera mediatrice di Maria trova oggi maggiori consensi nell'ambito dei teologi, apparendo sostenuta da un buon fondamento biblico (Gv 19, 26-27) e più conforme al sensus fidelium e meno soggetta a contestazioni .
Rileggendo, però, attentamente, il testo della Redemptoris Mater , là ove si parla della "mediazione materna di Maria" (n. 38), si nota pure un accenno degno di nota : in esso, l'accento singolare che viene dato alla partecipazione di Maria alla mediazione unica di Cristo, come mediazione materna , che scaturisce dalla maternità divina, viene definito all'interno di quella che potremmo chiamare anche la "mediazione sponsale" . La mediazione materna di Maria che costituisce "il primo momento della sottomissione all'unica mediazione 'tra Dio e gli uomini' - quella di Gesù Cristo" (n. 39) è, infatti, l'accettazione della maternità da parte della Vergine di Nazareth che consente alla scelta di Dio, di diventare, per opera dello Spirito Santo, la Madre del Figlio di Dio". "Si può dire che questo suo consenso alla maternità sia soprattutto frutto della totale donazione a Dio nella verginità . Maria ha accettato l'elezione a Madre del Figlio di Dio, guidata dall'amore sponsale , che 'consacra' totalmente a Dio una persona umana ...." . Il testo prosegue affermando che "la maternità di Maria, pervasa fino in fondo dall'atteggiamento sponsale di 'Serva del Signore', costituisce la prima e fondamentale dimensione di quella mediazione che la Chiesa confessa e proclama nei suoi riguardi". La maternità di Maria si definisce pertanto nel contesto di questa sponsalità per la quale si stabilisce anche la connessione tra la maternità di Maria e della Chiesa stessa . La funzione "materna-sponsale" costituisce, pertanto, una dimensione integrante dell'evento cristologico dell'incarnazione e della sua dimensione salvifica.
L'importanza che assume la qualifica della mediazione materna/sponsale si può comprendere considerando che essa, da un lato nasce dall'intima unità "con il Cristo", in quanto Madre del Verbo Incarnato, ma dall'altro sottolinea quel rapporto sponsale con Cristo, per il quale, Maria, nel ricevere tutta se stessa come dono proveniente dal Padre, si trasforma, in Lei, nell'unzione dello Spirito, in libera espressione di amore riconoscente. In questo aspetto attivo di riconoscenza, per il dono della sua straordinaria maternità, si inaugura, nel suo farsi dono, la maternità della Chiesa che nasce già nella stessa incarnazione, ma trova il suo atto di nascita, insieme con Maria sua Madre, ai piedi della Croce . Si costituisce, così, in qualche modo, come un unico seno materno che opera in una forma di reciprocità (perichoresis ) tra la Chiesa e Maria Madre: non c'è atto della Chiesa Madre se non in Maria , né c'è alcuna maternità mariana spirituale che non appartenga alla Chiesa.
I c.
La dimensione mariana del Sacerdozio di Cristo nell'evento della croce .Gli aspetti mariani già rilevati dell'evento cristologico nel suo valore di incarnazione e redenzione, trovano il loro momento particolarmente forte nell'evento del Calvario, nel quale, secondo la tradizione del IV evangelo, la Madre di Gesù stava presso la croce (19, 25-27). Molti sono i dati che sottolineano la pregnanza di questo tratto narrativo . In questo evento, che solo in un'epoca più recente è stato approfondito teologicamente, alla luce di una nuova esegesi e della Tradizione della Chiesa, si consuma la parte che Maria ha , nel disegno del Padre, accanto al suo Figlio . Nell'ora della croce la maternità di Maria, come "relazione sponsale" di partecipazione alla redenzione di Cristo trova la sua "consumazione". "Non è irrilevante che il "tetélestai (consummatum est )" della croce sia intimamente congiunto, la prima volta (Gv 19, 28), alla scena precedente della "Madre e del discepolo che Gesù amava" . Tale consumazione si esprime poi, in modo ulteriore, nello spirare di Gesù, nel dono del suo Spirito (19,30).
Se nello Spirito, donato già nella croce, si trova la consumazione dell'opera redentiva, ciò avviene, in quanto, lo Spirito eterno ispira, insieme, l'oblazione suprema, senza macchia, del Crocifisso (Eb 9,14) e l'oblazione della Madre Maria-Chiesa, a Lui unita in modo sponsale . Così, "ai piedi della croce "sta" Maria, la prima dei discepoli e la Madre del Signore e della Chiesa. Ella (...) è allo stesso tempo l'icona dell'amore trinitario e la primizia dell'umanità nuova rivestita della veste nuziale della carità. In lei si congiungono il sì dell'amore di Dio ed il sì della risposta dell'umanità redenta da Cristo" . Non c'è, allora, una "consumazione" dell'opera sacerdotale di Gesù, che prosegua in una "Chiesa-sacramento", ristretta solo al ministero del sacerdozio ordinato , senza una partecipazione attiva della "Madre -Maria " , ed in Lei , della "Chiesa-Madre" .
La partecipazione attiva personale di "Maria" all'evento della "croce di Cristo" si afferma, allora, nel suo valore ikonico , in quanto, per la sua azione "materna spirituale ed universale", si personalizza ed anticipa l'esistenza oblativa del sacerdozio universale di tutta la Chiesa . .Maria incarna le "qualità fondamentali" di quel "sacerdozio universale" di Cristo che si esercita, nella Chiesa, sia attraverso l'esercizio del "culto in spirito e verità" (Gv 4, 24), sia attraverso l'offerta, nella vita, di "sacrifici spirituali" da parte di tutti i credenti, che in virtù della "misericordia di Dio", offrono se stessi (i loro corpi), come "sacrificio vivente, santo e gradito a Dio" (Rm 12, 1; cf. LG 34) . Tale esercizio di "culto ed offerta spirituale", non si compie parallelamente all'offerta del sacerdozio ministeriale , ma si esercita, in comunione con esso , in un "unico atto oblativo" con l'unica offerta sacerdotale di Gesù, elevata, nello Spirito, a lode e gloria del Padre.
I d. La "dimensione mariana" del Sacerdozio di Cristo nella resurrezione e nel mistero della Pentecoste .
Il profondo rapporto che la mariologia odierna rileva nel mistero della "Tuttasanta", plasmata dallo Spirito santificatore, per la cui virtù essa è giustamente denominata "ikona dello Spirito Santo", risalta in tutta l'esistenza di Maria, dalla concezione all'annunciazione, alle espressioni esaltanti della sua preghiera riconoscente (Lc 1, 46-55) che accompagna nella fede l'opera del Figlio nella sua vita pubblica (Gv 2, 1-11), fino alla sua presenza sul Calvario, ed alla sua preghiera nel cenacolo in attesa dell'avvento dello Spirito (At 1, 12-14). Questo compito orante, esprime un'intima partecipazione all'opera sacerdotale del Figlio, con la quale Ella lo accompagna silenziosamente, ma efficacemente, in un atteggiamento costante materno-sponsale.
Nel mistero dell'assunzione di Maria si consuma questo rapporto di comunione con il Cristo Sommo Sacerdote, considerando che, secondo l'insegnamento della Lettera agli Ebrei, Cristo, "venuto come Sommo Sacerdote di beni futuri... con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci una redenzione eterna" (Ebr 9, 11-12). Cristo, "avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre si è assiso alla destra di Dio , aspettando ormai solo che i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi " (Ivi, 10, 12-13). Nel mistero della glorificazione di Maria, nella totalità del suo essere, si rivelano, in forma ikonica, molti valori della redenzione sacerdotale di Cristo che sono in Lei anticipati a beneficio dell'umanità intera, come il destino della gloria , la vocazione dell'uomo a realizzare la pienezza della sua identità come "immagine del Dio" , sia nei rapporti di comunione con la Trinità in Cristo , sia nei confronti della perfezione del creato (dimensione cosmica della redenzione). Nella glorificazione della Tuttasanta, risplende ancora "il segno del valore umano del corpo, che per l'incarnazione è stato costituito in Maria,"spazio abitabile del Verbo". "La donna che contempla la Vergine assunta vede restituita in lei la sua dignità, reso sacro il corpo oggetto di mille profanazioni, ribadito il valore della corporeità femminile integrata in seno al mistero di Dio : contemplazione unita alla gioia della condivisione, perchè ella sa che il dono concesso da Dio a Maria è destinato ad essere condiviso da tutte le donne, sue sorelle" . Possiamo dire così che la posizione centrale che la Madre di Gesù aveva occupato nella comunità orante del cenacolo, si prolunga nel santuario del cielo in sintonia con l'azione sacerdotale del Cristo avvocato intercessore ed espiatore (1 Gv 2, 1-2). La presenza benigna e materna di Maria assunta, opera "là dove il Figlio continua ad essere nella Chiesa, pur in modo invisibile, il Sommo Sacerdote, l'unico Maestro, il solo Signore" è questo il segno "che la liberazione del cosmo (cf Rm 8, 19-22) è già in atto, perchè "nel corpo glorioso di Maria la creazione materiale comincia ad avere parte nel corpo risuscitato di Cristo"" .
II la "dimensione mariana" del Sacerdozio Ordinato
In questa seconda lezione mi tratterrò sull'argomento specifico riguardante la dimensione mariana del Sacerdozio Ordinato. In un'epoca di crisi di identità alla quale ho già sopra accennato, grandi segni di speranza per i presbiteri, furono i richiami all'identità "cristologico-ecclesiale " del loro essere sacerdotale e del loro ministero da parte del Concilio Vaticano II° , ai quali si aggiunsero quelli della dimensione mariana del sacerdozio ordinato . Le parole del Concilio Vaticano II° risuonarono come un primo annuncio di rinnovamento.
L'Optatam Totius 8, nel suo richiamo alla necessità di un maggiore impegno nella formazione spirituale dei preti, univa insieme due aspetti fondamentali dal punto di vista teologico: "destinati a configurarsi al Cristo Sacerdote per mezzo della sacra ordinazione, si abituino anche a vivere intimamente uniti a Lui, come amici in tutta la loro vita. Vivano il mistero pasquale di Cristo in modo da sapervi iniziare un giorno il popolo che sarà loro affidato" . A questo richiamo cristologico si univa quello ad amare e venerare con "fiducia filiale" la "Beatissima Vergine Maria che fu data come Madre da Gesù morente in Croce al suo discepolo". Nel Decreto Presbyterorum Ordinis , si legge un altro importante richiamo, non solo in contesto spiritualistico, ma anche strettamente teologico , perché i presbiteri, quali ministri della grazia sacramentale, nel loro unirsi intimamente a Cristo Salvatore e Pastore, curino, oltre alla fruttuosa recezione dei sacramenti, lo sviluppo della fede "che si alimenta della lettura divina", "divenendo così sempre più pronti a corrispondere ad ogni esigenza della missione cui si sono dedicati nello Spirito Santo". A questo punto viene presentata Maria quale "esempio meraviglioso di tale prontezza... che sotto la guida dello Spirito Santo si consacrò pienamente al mistero della redenzione umana (LG 65). Ella è Madre del Sommo ed Eterno Sacerdote, la Regina degli apostoli, l'ausilio dei presbiteri nel loro ministero: essi devono quindi venerarla ed amarla con devozione e culto filiale " .
A questi importanti accenni, seguirono ulteriori interventi del magistero pontificio. sia di Paolo VI sulla "presenza di Maria" nella Liturgia e nel culto cristiano ed in altre varie occasioni di incontri con sacerdoti , sia di Giovanni Paolo II nella Lettera Novo Incipiente , a tutti i sacerdoti della Chiesa in occasione del giovedì santo 1979 , nella quale il Santo Padre afferma che "c'è nel nostro sacerdozio ministeriale la dimensione stupenda e penetrante della vicinanza alla Madre di Cristo". La Lettera circolare (The Document ) della Congregazione per l'Educazione Cattolica sulla formazione nei seminari (6 genn. 1980) richiamava tra le direttive di formazione spirituale una particolare attenzione verso la "Madre di Gesù" " che il Cristo in croce ci ha dato come Madre; questo non significa aggiungere una nota di pietà sentimentale alla formazione spirituale in seminario. Il gusto della preghiera alla Vergine, pertanto, la confidenza alla sua intercessione e le solide abitudini a questo riguardo fanno parte integrante del programma del seminario". .
Il Documento esprime la sua preoccupazione riguardo ad un devozionismo che scende nel puro sentimento e che viene interpretato come espressione di una personale preferenza facoltativa. Esso, invece, richiama ai fondamenti dogmatici della fede cristiana come "fede nella vera incarnazione" del Verbo di Dio e della "vera partecipazione di Maria all'opera della redenzione". Da un lato, infatti, "la devozione alla Vergine può e deve essere una garanzia nei riguardi di tutto ciò che che tendesse oggi a tagliare le radici storiche del mistero di Cristo. E' il caso di domandarsi francamente se l'oscuramento della devozione alla Vergine Maria non nasconda, in molti casi, un'esitazione davanti alla confessione aperta del mistero di Cristo e dell'Incarnazione " . Il Magistero della Chiesa, ha continuato ad approfondire "l'identità del Presbitero" in molti documenti tra i quali va ricordato in particolare l'Esortazione Apostolica post-sinodale di Giovanni Paolo II°, Pastores dabo vobis , ed in seguito il Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri , della Congregazione per il Clero . Altri documenti sono in elaborazione.
II a. I rapporti tra la Madre di Gesù ed il presbitero .
In un primo momento di riflessione per poter cogliere il rapporto teologico tra Maria ed il sacerdozio ordinato è importante avere presente l'aspetto "proprio" , che definisce l'identità dell'essere ed agire del presbitero , per il quale egli si differenzia dal sacerdozio comune 'essenzialmente e non solo di grado' (LG 10 ; EV 1,312). La "Esortazione apostolica" Pastores dabo vobis nel definire questa identità, richiama al suo essere "ministro di Gesù Cristo, in forza della consacrazione sacramentale e della configurazione a Lui, Capo e Pastore della Chiesa" (n. 25). Questo rapporto di configurazione al Cristo viene chiarificato ed approfondito da parte del Direttorio citato, definendo con chiarezza e profondità l'identità del Presbitero nella sua dimensione trinitaria , con particolare attenzione all'aspetto pneumatologico e cristologico, per il quale "la specificità del sacerdozio ministeriale si situa di fronte al bisogno che tutti i fedeli hanno di aderire alla mediazione ed alla signoria di Cristo, resa visibile dall'esercizio del sacerdozio ministeriale". Di qui si fonda quella identità e ministero del Presbitero, per cui egli, configurato a "Cristo Servo" , è costituito a partire da Lui, in Lui e per Lui, servo degli uomini, con particolare riferimento alla comunità ecclesiale . In questa sua configurazione sacramentale a Cristo opera particolarmente lo Spirito che nella sua potenza efficace consente al sacerdote di agire "in Persona Christi " .
Per questo, l'essere ed il ministero del "sacerdote ordinato" è come una continuazione sacramentale del ministero stesso di Gesù del quale egli "impersona", in seno al Popolo di Dio la potestà magisteriale, santificatrice, pastorale: "i presbiteri sono, nella Chiesa e per la Chiesa, una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e Pastore, ne proclamano autorevolmente la parola, ne ripetono i gesti di perdono e di offerta della salvezza, soprattutto col battesimo, la penitenza e l'eucarestia, ne esercitano l'amorevole sollecitudine, fino al dono totale di sé per il gregge, che raccolgono nell'unità e conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito. In una parola, i presbiteri esistono ed agiscono per l'annuncio dell'evangelo al mondo e per l'edificazione della Chiesa in nome ed in persona di Cristo Capo e Pastore" . Nel definire la "dimensione ecclesiologica" dell'identità del Presbitero, riprendendo le affermazione della Pastores dabo vobis (n.16), il Direttorio dá rilievo a questo essere ed agire "in Persona Christi " del Presbitero non solo in riferimento al suo essere Capo e Pastore , ma anche Sposo della Chiesa, per cui, "il Sacerdote (ordinato), mentre è nella Chiesa, si trova anche di fronte ad essa " .
Se questo è l'essere e l'agire ministeriale del prete ordinato, rispetto a Cristo ed alla Chiesa, quale il suo "rapporto teologico" con la Vergine Maria ? Le indicazioni che provengono anzitutto dai testi fondamentali della Scrittura sono molteplici: esse riguardano, sia la concezione di Gesù, per opera dello Spirito da parte di Maria (Mt 1, 18. 20; Lc 1, 35 ), sia quelli che troviamo nel quarto evangelo all'inizio della vita pubblica di Gesù, quando l'intervento di Maria determinò il "segno" di Cana, anticipando l'ora del Cristo, determinando la manifestazione della sua "gloria" e la "fede dei discepoli" che credettero in Lui (Gv 2, 5. 11), sia nel momento supremo della croce quando Gesù affidò il discepolo che egli amava alla Madre e questa al discepolo (Gv 19, 25-27), sia nella sua presenza orante nel cenacolo dopo l'ascensione, insieme con gli apostoli, con alcune donne ed i fratelli di Gesù. Particolarmente rilevante è, nel quarto evangelo, questa presenza della Madre di Gesù, nella sua "Ora" che sembra avere un senso globale unico per designare l'ora pasquale, pienezza della rivelazione e dell'agire salvifico del Salvatore. Le indicazioni già richiamate, del Magistero ecclesiale, pongono in prima luce il particolare rapporto di maternità di Maria verso i sacerdoti ordinati: Maria, la Madre di Cristo è Madre di tutta la Chiesa, come popolo sacerdotale, ma, in quanto Madre di "Cristo Capo e Pastore della Chiesa", è in particolar modo Madre di tutti i ministri sacerdoti che sono costituiti "segno" e "presenza" del "Cristo Servo" nella loro particolare configurazione a Lui e nell'esercizio del loro ministero, così come descritto autorevolmente da Giovanni Paolo II° nei testi sopra citati.
Per di più appare importante il riferimento della Pastores dabo vobis e del Direttorio alla prospettiva ecclesiologica del sacerdote, il quale non solo è "nella Chiesa", ma anche come colui che è di fronte alla Chiesa in una funzione sponsale, rappresentando il Cristo Sposo . Questo particolare ritengo che abbia una importanza, richiamando quando detto già nella lezione precedente circa la mediazione materna di Maria nel contesto della sponsalità . Maria è profondamente congiunta al "sacerdozio ordinato" non solo come Madre di "Cristo Capo e Primogenito della nuova umanità", ma anche per quella sua funzione sponsale , nella quale essa incarna l'atteggiamento della fedeltà della Sposa della Nuova Alleanza nel suo sì fedele allo Sposo. Maria, richiama costantemente il presbitero che egli nella Chiesa della quale Ella è Madre, e della quale anche il presbitero è figlio, deve essere, come Maria, fedele al Cristo Sposo e fedele alla Chiesa Sposa , vivendo, in Maria questa duplice dimensione di sponsalità.
Si potrebbe approfondire questa dimensione mariana , fondata sulla relazione maternità e sponsalità, alla luce del richiamo di quanto disse Paolo VI° (Udienza Generale , 7 10 1964) che Maria ed il sacerdote sono ambedue "strumenti di comunicazione salvifica fra Dio e gli uomini", anche se in modo diverso ": la prima mediante l'incarnazione in quanto Madre (aspetto materno della mediazione mariana), il secondo mediante i poteri dell'ordine (fondati sulla sacramentalità). Se "non possiamo attribuire alla Madonna le prerogative proprie del sacerdozio ministeriale", Colei che è al vertice dell'economia della salvezza, precede e supera il sacerdozio ministeriale . I sacerdoti ordinati sono costituiti tali dal valore sacramentale dell'ordine, per il quale essi possono considerarsi "segno", continuazione, nell'essere e nella missione, della Persona del Cristo e della sua opera salvifica, per la via dell'istituzione apostolica, della sacramentalità e dell'opera dello Spirito. Ma in questa opera salvifica è imprescindibile la relazione di comunione tra Cristo e la sua Madre (LG 57), eletta da Dio, quale "compagna generosa del tutto eccezionale e l'umile Serva del Signore" (LG 61) che nelle mani del Signore non fu "strumento meramente passivo", ma "cooperò alla salvezza dell'uomo con libera fede ed obbedienza (LG 56).
Avendo presente quanto affermava M. J. Scheeben : "la maternità di Maria è la radice e l'anima della maternità della Chiesa , sì che questa può operare solo perchè la maternità di Maria è in essa inclusa ed operante". Allora si può dire che "nella sua radice ultima, il sacerdozio non è altro che una forma di partecipazione ecclesiale all'agire salvifico di Cristo e non vi è partecipazione ecclesiale che nella forma della fede di Maria" . Pertanto, i due aspetti fondamentali della mediazione salvifica della Chiesa, quello sacramentale/ministeriale e quello sponsale, non si esercitano senza l'inclusione della mediazione materna di Maria: si può dire, quindi, che la sua azione materna e sponsale si rende operante nella vita di tutta la Chiesa, sia nell'esercizio, in essa, del ministero sacerdotale ordinato, che nell'esercizio del sacerdozio comune. Dovunque c'è azione mediatrice ecclesiale, c'è anche azione materna di Maria .
Nella linea delle affermazioni di Scheeben, si può affermare allora che l'azione mediatrice del presbitero, in quanto espressione della mediazione della Chiesa "Sacramento di Cristo", implica sempre anche l'azione materna di Maria, che non appartiene solo all'ambito della vita soggettiva spirituale di ogni credente, ma appartiene all'ordine stesso della causalità oggettiva della partecipazione della mediazione ecclesiale alla fonte cristologica della salvezza. In questa mediazione è implicata, per il disegno di Dio, la presenza operante di Maria, "anima della maternità della Chiesa ".
II b. Maria ed il sacerdote ordinato nella funzione ministeriale della Parola e del Corpo di Cristo eucaristico .
L'affermazione di Paolo VI di Maria come "stella dell'evangelizzazione" , perchè prima evangelizzata e prima evangelizzatrice, ci riporta alla primordiale funzione sacerdotale dell'annuncio del Vangelo punto di riferimento della "missione/identità" del presbitero che ha come compito fondamentale ministeriale, il "carattere missionario della trasmissione della fede" per il quale egli non deve "insegnare una propria sapienza, bensì deve insegnare la Parola di Dio invitando tutti insistentemente, alla conversione ed alla santità" .
Partendo dal rapporto personale di maternità verso Cristo, Parola di Vita incarnata, si può cogliere un primo aspetto della presenza di Maria nella missione evangelizzatrice della Chiesa e singolarmente del Sacerdote ordinato. Esso riguarda il "contenuto stesso del messaggio evagelico ". Il sì di Maria, dato in assoluta obbedienza al disegno del Padre, per l'incarnazione della sua Parola eterna, in virtù dello Spirito Santo, l'accoglienza nel grembo materno di questa Parola, l'ha, per così dire, imparentata con questa Parola eterna, divenuta carne, per la redenzione umana, attraverso la croce e la resurrezione. La sua "relazione di maternità spirituale e fisica nei confronti della Parola non poteva non comportare anche una misteriosa comunione vissuta con l'essere stesso di Colui che "è la Parola eterna" rivelata nella sua stessa sostanzialità umana. Questa relazione intima, fa parte del contenuto del Vangelo: se Maria non è il centro, essa, però appartiene al suo "centro cristologico ". Non si può annunciare adeguatamente Gesù Cristo senza Maria. Essa, costituisce, come dice la "lettera circolare della Congregazione della educazione cattolica" sulla formazione nei seminari, una garanzia nei riguardi di tutto ciò che tendesse oggi a tagliare le radici storiche del mistero di Cristo . "E' il caso di domandarsi, francamente, se l'oscuramento della devozione alla Vergine Maria non nasconda, in molti casi, un'esitazione davanti alla confessione aperta del mistero di Cristo e dell'Incarnazione "
Ma la presenza di Maria nel ministero di evangelizzazione del presbitero non riguarda solo un principio di fedeltà al contenuto dell'evangelo , come un dato ontologico: esso riguarda anche un suo aspetto esperienziale e vitale , che riguarda anzitutto quello di non insegnare "una propria sapienza, bensì di insegnare la Parola di Dio e di invitare tutti insistentemente alla conversione ed alla santità" , nella coscienza che l'annuncio non può ridursi alla comunicazione dei propri pensieri e di una esperienza puramente personale, ma della comunicazione di una "Parola di cui non si può disporre, in quanto è stata data alla Chiesa, affinchè la custodisca, la scruti e fedelmente la trasmetta". Ma esso riguarda pure l'esigenza di annunciare il Vangelo, vivificando alla luce della "Parola di Dio, le diverse situazioni ed i diversi ambienti nei quali si svolge il suo ministero".
In questo compito appare fondamentale, per il presbitero, la fedeltà alla regola, insieme "mariana ed ecclesiale" dell'esperienza di Maria che accoglie la perennità del mistero trascendente del Figlio incarnato, in lei, nella "memoria" degli eventi storici nei quali egli si è manifestato, e che ella conservava costantemente in sé e custodiva nella più assoluta fedeltà nel cuore. In questa "memoria" nella quale Ella "ricordava", conservando tutte le cose (Lc 2, 19. 51) che riguardavano la vita del Figlio ed il suo posto accanto a Lui, rappresenta il seno permanente della coscienza di fede della Chiesa che deve vivere nella costante memoria di Gesù . Ma insieme, questo ricordo non è una memoria puramente commemorativa dei fatti, quanto un loro approfondimento alla luce della fede, ponendo sempre a confronto la loro "verità storica" "meditandola (symballousa) nel "cuore", con la realtà sempre viva della storia. E' la fede di Maria, nell'orizzonte interiore del suo spirito, rischiarato dalla nuova esperienza della grazia, che senza perdere l'essenziale oscurità della fede, assume dei contorni precisi alla luce della Parola che in Lei si incarna e che si realizza con Lei, sua creatura, una nuova forma di sponsalità .
Il sacerdote ordinato, nel suo ministero di annunzio della Parola, conferitogli dallo stesso Cristo, per la mediazione della Tradizione apostolica, deve mantenere fedeltà a quella esperienza di fede nella Verità che è il Cristo , che trova una sua particolare espressione e concretizzazione nella fede di Maria, in costante ascolto ed anamnesi. "Il richiamo a Maria come colei che è benedetta perché discepola perfetta che ascolta e vive la Parola-Sapienza (Lc 8,21;11, 28), acquista un significato profondo. Lei, già consanguinea con il Figlio, nella accoglienza fruttuosa della sua parola, acquista una parentela più alta con lui, quella sul piano del nuovo statuto di fede che l'unisce alla divina Sapienza incarnata. E perciò diviene con lui sorella, sposa, amica. Alle parole di elogio e di benedizione rivolte apertamente dall'umile donna di Israele alla Madre di Gesù (Lc 11, 27-28), per averlo portato in grembo ed allattato, corrispondono le parole di Gesù che beatificano, almeno implicitamente, la madre, per essersi fatta discepola e figlia della Sapienza" , nutrendosi del mistico latte della Parola: "(Maria) se fu beata per aver concepito il corpo di Cristo, lo fu maggiormente per avere accettato la fede nel Cristo... di nessun valore sarebbe stata per lei la stessa divina maternità, se lei il Cristo non l'avesse portato nel cuore, con una sorte più fortunata di quando lo concepì nella carne" . La Vergine Maria, luogo ecclesiale della memoria delle origini di Gesù , fonte originaria dei ricordi trasmessi "da coloro che ne furono testimoni fin da principio" (Lc 1, 1-4), costituisce un riferimento imprescindibile del quale deve alimentarsi il servizio della Parola, nel suo annuncio e celebrazione da parte del sacerdote ordinato.
Questo rapporto singolare con Maria, nella missione evangelizzatrice del Cristo, da parte del sacerdote ordinato , rimanda pure al suo rapporto con il "Pane eucaristico". La "presenza di Maria", nella sua maternità divina e nella sua sponsalità nella fede, avviene ovunque si celebra l'Eucarestia, in quanto "Corpo di Cristo", nato dalla Vergine Maria . Oggi, negli studi sulla liturgia il tema della "presenza di Maria" è molto sentita e si può dire che questa "presenza" si rinnova, in specie, nel mistero della celebrazione eucaristica che il sacerdote ordinato presiede in forza dell'ordine sacro" . Come afferma Giovanni Paolo II°: "quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna (Gal 4,4). Questo salutare mistero, in cui un ruolo insostituibile Dio ha assegnato alla donna Maria di Nazareth, si fa presente continuamente nella Eucarestia. Quando celebriamo la Santa Messa, in mezzo a noi sta la Madre del Figlio di Dio e ci introduce nel mistero della sua Offerta di redenzione . In questo modo, Ella diviene mediatrice delle grazie che scaturiscono per la Chiesa e per tutti i fedeli da quest' Offerta " . In realtà, se nell'Eucarestia la Chiesa vive nel mondo, perpetuando l'Ora pasquale di Cristo, la presenza di Maria è come strutturalmente congiunta a quest'Ora , come afferma il quarto evangelo, nel quale, la presenza di Maria è determinante per l'anticipazione dell'Ora, ancora non giunta del Figlio (Gv 2, 2-5) ed esercita una efficacia determinante presso la Croce di Gesù, quando l'Ora è giunta, e da quell'Ora il discepolo (sacerdote) la prese come sua Madre (Gv 19, 27).
L' azione mediatrice di Maria, partecipe della mediazione di Cristo, nella sua Ora pasquale, si può vedere, dal punto di vista eucaristico, sotto un duplice aspetto, che rispecchia la duplice componente del sacerdozio della Chiesa preso nella sua totalità di sacerdozio ordinato e di sacerdozio comune: rispetto "al movimento della mediazione discendente ", per la quale il sacerdote ministro , per l'atto istituente di Cristo (fate questo in mia memoria ) e l'azione epikletica dello Spirito, rende presente (agit in Persona Christi ) l'essere incarnato, crocifisso e risorto del Mediatore, nel suo corpo "donato" e nel suo "sangue versato", Maria si fa presente come "Madre" nei confronti del Cristo nella sua integra umanità, nel suo "corpo e nel suo sangue". Questa integrità di tutto l'essere umano-divino di Cristo, nel suo "vero corpo" e nel suo "vero sangue", che si rende presente per l'azione consacratoria del ministro, è anche e sempre il "corpo e sangue di Maria", che misteriosamente vive perennemente, nella Chiesa e con la Chiesa, la sua "maternità" nei confronti di Cristo: "quando noi, agendo in persona Christi , celebriamo il sacramento dello stesso unico sacrificio nel quale Cristo è e continua ad essere l'unico Sacerdote e l'unica Vittima, non possiamo dimenticare questa sofferenza della Madre... è conveniente che si approfondisca costantemente il nostro legame spirituale con la Madre di Dio... quando celebriamo l'Eucarestia è utile che sia accanto a noi"
Ma, nell'Eucarestia, come atto di tutta Chiesa, "Sposa del Verbo Incarnato", vive ancora Maria nella sua "volontà oblativa" che l'ha plasmata in comunione sponsale con il Figlio, sia nell'evento della sua incarnazione nel quale il sì di Maria è stato suscitato dalla grazia dello Spirito di Cristo, realizzando la sua obbedienza nella fede (Lc 1, 35), associata all'obbedienza del Figlio (Ebr 10, 7), sia soprattutto presso la croce, nella quale è rimasta fedele al Figlio sofferente condividendo, con lui, l'oblazione suprema, ispirata a Cristo stesso dallo "Spirito eterno" nel quale offri se stesso senza macchia a Dio (Ebr 9, 14).
In questo movimento oblativo, vissuto da Maria, in unione all'amore del Figlio per il Padre e per gli uomini, si esprime il "culto sacerdotale di tutta la Chiesa", per il quale questa Chiesa, accoglie ed offre, attravero la sua preghiera, i doni che scendono dal Padre, per il Figlio Incarnato e per Lui risalgono al Padre. Bisogna qui ricordare le parole della Marialis Cultus :" scoprire la presenza viva e operante della Madre del Signore nella liturgia e celebrare la sua memoria, diventa l'espressione più alta di venerazione e per ciò stesso riconoscimento della sua esemplarità . Guardando a Maria siamo invitati a fare della nostra vita un culto a Dio e del nostro culto un impegno di vita (cfr. n. 21)" .
Da questo appare come il culto eucaristico, atto eminentemente ecclesiale, possiede una imprescindibile componente mariana che si innesta nel suo essenziale movimento cristologico/trinitario (Marialis cultus , nn. 25-28; 29-37). Questa componente ci ricorda come nella liturgia cristiana e specialmente nell'Eucarestia, non si tratta solo "di pregare Maria, ma di pregare come Maria, insieme a Lei rivolti verso il Padre. Lungi dall'avere un significato autonomo, il culto mariano non ha altro valore che quello di mostrare come si cresce nel proprio essere-in-Cristo . In questo senso non è un percorso arbitrario o sentimentale, ma del tutto omogeneo con la struttura stessa della esistenza cristiana" . Si potrebbe dire, allora, che il culto mariano non è altro che una dimensione intrinseca del culto cristiano, il quale, "nella celebrazione del ciclo annuale dei misteri di Cristo, la Santa Chiesa venera con speciale amore la beata Maria, Madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l'opera salvifica del Figlio suo; in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della redenzione, ed in lei contempla con gioia, come in un'immagine purissima, ciò che essa tutta desidera e spera di essere" (Sacrosanctum Concilium , 103 ; EV, 1, p. 77, n. 186).
La "presenza di Maria", nell'eucarestia, ricorda pure che la Chiesa, nella sua essenziale relazione sponsale a Cristo, e nella sua vita liturgica e pastorale non può essere ristretta esclusivamente all'agire ministeriale del sacerdozio ordinato , all'azione donatrice di grazia che esso esercita, in Persona Christi Capitis : la Chiesa coinvolge anche la totalità delle membra, quale soggetto attivo , che trova la sua più alta espressione ancora nella presenza di Maria offerente ed orante in lei. Potrei richiamare quanto sopra già detto, che non c'è una "consumazione" dell'opera sacerdotale di Gesù che prosegua in una "Chiesa sacramento" , ristretta solo al ministero del sacerdozio ordinato, senza una partecipazione attiva di "Maria" ed in Lei, della "Chiesa Madre e Sposa". E proprio questa attiva partecipazione costituisce il fine che deve perseguire la stessa azione ministeriale del sacerdozio ordinato. "L’unico e indivisibile" sacerdozio di Cristo è partecipato alla sua Chiesa quale popolo sacerdotale (1 Pt 2,4-10). Il sacerdozio ministeriale è relativo allo sviluppo della grazia battesimale di tutti i cristiani" . Questo compito, però, il sacerdozio ministeriale potrà assolverlo nella misura in cui esso cercherà di essere fedele alla chiamata alla santità come Capo e Pastore della Chiesa. Questo non esclude, ma include, per il presbitero il vivere con tutti i battezzati, il sacerdozio comune, nella sua vita quotidiana, per essere unito in Cristo a Dio ed ai fratelli nella carità e compiere così, anch’essi, la loro parte nell’offerta e nel Sacrificio .
II c. Maria e la santità di vita del Presbitero .
Importante nella formazione del "Sacerdote ministro" è il ricordare che se la sua santità si colloca all'interno di quella di tutta la Chiesa, quale popolo sacerdotale, essa, però, si fonda in particolare sul sacramento dell'Ordine che determina una "nuova configurazione a Cristo" sulla base di quella sacramentale del battesimo. Il Santo Padre Giovanni Paolo II° nella Esortazione Apostolica "Pastores dabo vobis " parla di una "vocazione "specifica " alla santità, "di una nuova consacrazione a Dio mediante l'ordinazione" . Questo speciale richiamo vocazionale, determina, per l'azione dello Spirito Santo, quel movimento di vita spirituale, per il quale il ministro ordinato tende a vivere la sua comunione a Cristo nella particolare figura di Capo, Pastore, Sposo, Maestro della comunità cristiana ad esso affidata .
Questa santità suscitata dal carisma del sacramento dell'ordine e che è definita dalla singolare partecipazione all'essere di Cristo come "Capo della Chiesa", con tutte le varie componenti di questa capitalità, unisce, sia l'aspetto gerarchico per il quale, "egli riceve in dono un "potere spirituale" che è una partecipazione all'autorità con cui Gesù Cristo, mediante il suo Spirito guida la Chiesa" , sia quello, che potremmo chiamare l'aspetto vitalistico , come promotore di vita spirituale, per il quale aspetto egli esercita questo suo servizio ministeriale, facendosi pastore, con la sua dedizione, umile ed amorosa verso il suo gregge a lui affidato . La sua santità dovrà perciò portare l'impronta di "carità pastorale ". Questa "carità pastorale" è spiegata da Giovanni Paolo II° come "quella virtù con la quale noi imitiamo Cristo nella sua donazione di sé e nel servizio. Non è tanto quello che noi facciamo, ma il dono di noi stessi , che mostra l'amore di Cristo per il suo gregge. La "carità pastorale" determina il nostro modo di pensare e di agire, il nostro modo di rapportarci alla gente" . Essa esprime l'amore sponsale di Cristo per la sua Chiesa, amore che il sacerdote ordinato è chiamato a vivere nella sua vita spirituale, come testimone dell'amore di Cristo, "con una tenerezza che si riveste persino delle sfumature dell'affetto materno, capace di farsi carico dei 'dolori del parto' finchè 'Cristo non sia formato nei fedeli' (Gal 4,19)" .
In questa spiritualità, animata dalla "carità pastorale", che deve caratterizzare il sacerdote ordinato, si afferma, con il riferimento a Cristo Pastore, quello alla Vergine Maria, modello esemplare di questa tenerezza materna e sponsale verso la Chiesa e che, sotto questa luce, per il suo essere associata all'atto di Redenzione della Croce, acquista una missione con caratteri sacerdotali e di offerta sacrificale che sono in stretto rapporto con Cristo Sacerdote e Vittima : Maria, come Madre di Cristo Sacerdote e Madre della Chiesa popolo sacerdotale è anche "Madre dei pastori e dei fedeli" . Per quanto riguarda il rapporto con i sacerdoti ordinati , Maria esercita una funzione materna particolare, avendo presente, oltre agli altri motivi ai quali ho, già sopra accennato, proprio la "spiritualità di comunione". Se il servizio sacerdotale, che rispecchia l'identità di Capo e Pastore è in funzione della comunione ecclesiale e finalizzato alla edificazione della comunità ecclesiale (Presb. Ordinis , 7), perchè sia portatrice di Cristo, come 'Sacramento' (Ivi 6. 10), la figura di Maria, come 'Madre' appare una "presenza integrante" per una spiritualità di comunione operosa in funzione della edificazione della Chiesa . Se il sacerdote ministro è un segno personale del Signore, in quanto Sacerdote, che egli deve prolungare nella Chiesa sotto i segni sacramentali, la sua santità di vita deve prolungare e testimoniare i sentimenti, filiali riguardo alla sua Madre Maria. "La realtà sacerdotale, di cui egli è portatore, urge e chiama a mettere in pratica questa spiritualità mariana che è, per natura cristologica ed ecclesiologica " .
Il presbitero non può dimenticare che, nella Chiesa nascente, Maria era la "persona di comunione", la "Madre orante" intorno alla quale "tutti erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù e con i fratelli di lui" (At 1,14). Maria è stata "promotrice della carità pastorale" con il suo particolare accento materno (LG 62 :"materna carità ") e questo atteggiamento non può non riguardare, il presbitero, in ciò che è proprio il suo "essere prete" ed il suo "operare da prete". Si intravede ciò che significa, per il sacerdote ordinato, la vicinanza di Maria, la sua presenza operante. Vorrei concludere richiamando le parole di Giovanni Paolo II° nel suo commento alle parole di Gesù al discepolo prediletto: Maria è " in modo particolare la nostra Madre: la Madre dei sacerdoti"". Dunque, come già affermava Pio XI°: la pietà sacerdotale "deve estendersi anche alla Madre divina, e con tanta maggior tenerezza nel sacerdote che non nei semplici fedeli, quanto più vere e profonde sono le somiglianze tra i rapporti del sacerdote con Cristo ed i rapporti di Maria col suo divin Figlio" .
Marcello Bordoni