Prof. Julian Porteous – Università di Sydney (Australia)

 

CONTRACCEZIONE E ABORTO

Il matrimonio non è un’istituzione che può essere soggetta a una manipolazione arbitraria per opera di singoli individui o di intere società. Le leggi morali che la riguardano sono le stesse per tutti, dovunque e in tutti i tempi. Questi principi morali nascono direttamente dalla Sapienza di Dio Creatore e, simultaneamente, esprimono e proteggono la dignità della persona umana.

L’Humanae vitae avvertiva che il rifiuto delle sue norme avrebbe aperto una profonda ferita nel cuore della società. La storia successiva sta dimostrando quale vero profeta fosse realmente Papa Paolo VI.

CONTRACCEZIONE

Nel riaffermare, nell’Humanae vitae, il costante insegnamento della Chiesa riguardo alle leggi morali che appartengono alla trasmissione della vita, Papa Paolo VI intendeva chiarire un punto nel primo articolo del Credo riguardante Dio Creatore della vita. Nel fare questo, Papa Paolo VI richiamava l’insegnamento di Papa Giovanni XXIII, il quale affermava: "Tutti debbono guardare la vita dell’uomo come sacra, dal momento che, sin dal suo inizio, richiede l’azione di Dio Creatore". La persona umana è un’unione di corpo e anima. Soltanto Dio può portare all’esistenza l’anima immortale e spirituale della persona umana. Riferendosi a questa verità della fede, il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma: "La Chiesa insegna che ogni anima spirituale è creata immediatamente da Dio – non è "prodotta" dai genitori". Gettando altra luce su questa medesima verità, Papa Giovanni Paolo II diceva: "Dio stesso è presente nella paternità e nella maternità umana (…) Infatti, Dio solo è la fonte di quella "immagine e somiglianza" che è propria dell’essere umano così com’è stata ricevuta nella Creazione. La procreazione è la continuazione della Creazione."

Nell’atto coniugale, la cui struttura appartiene all’ordine naturale che ha Dio come suo Creatore, è Dio stesso e non la coppia coniugata che prende la decisione finale sulla venuta o meno all’esistenza di un nuovo essere umano attraverso il concepimento. Di conseguenza, gli atti contraccettivi rappresentano una negazione dell’onore dovuto al Creatore, poiché, affidandosi ad essi, una coppia sposata cerca di impedire qualunque possibile intervento creativo di Dio. Parlando di questo tema, Papa Giovanni Paolo II ha affermato:

Quando, quindi, tramite la contraccezione, le coppie sposate rimuovono dall’esercizio della loro sessualità coniugale la sua potenziale capacità procreativa, rivendicano un potere che appartiene unicamente a Dio; il potere di decidere, in ultima istanza, la venuta all’esistenza di una persona umana. Essi si assumono la qualifica non di essere cooperatori del potere creativo di Dio, bensì i depositari finali della sorgente della vita umana. In questa prospettiva, la contraccezione deve essere giudicata così profondamente illecita da non essere mai giustificata, per nessuna ragione. Affermare o pensare il contrario equivale a sostenere che nella vita umana possono sorgere situazioni in cui risulti lecito non riconoscere Dio come Dio.

Ricorrendo alla contraccezione, una coppia sposata cerca di usurpare il ruolo di Dio come Creatore. Nel proclamare la dottrina dell’Humanae vitae, Papa Paolo VI si preoccupava di ammonire le coppie sposate contro la tentazione di adottare questo atteggiamento sprezzante nei confronti del Creatore, che è intrinseco allo stile di vita basato sulla contraccezione. Egli affermava: così come l’uomo non ha un dominio illimitato sul suo corpo in generale, allo stesso modo, per una ragione ben specifica, non ha tale dominio sulle sue facoltà generatrici, a motivo del loro essere intrinsecamente ordinate a suscitare la vita, della quale Dio è il principio.

Parlando della contraccezione come rifiuto oggettivo di riconoscere Dio come Creatore, il Dr. Siegfried Ernst ha dichiarato: "L’essenza della contraccezione è l’esclusione della qualità creativa della sessualità umana a beneficio della mera produzione di piacere e di estasi. Nessuna teoria psicologica e nessuna scusa, per quanto ingegnosa, può occultare il fatto che l’esclusione della creazione dal tipo più ravvicinato e più intimo di rapporto umano significa l’esclusione dello stesso Creatore."

IL LEGAME TRA CONTRACCEZIONE E ABORTO

Parlando delle conseguenze di non attribuire al Creatore l’onore che gli è dovuto, Padre Joseph M. de Torre afferma: "Quando la vita umana viene considerata senza far riferimento a un Dio trascendente come sorgente e fine di essa, perde tutto il suo valore intrinseco, sia che questo venga fatto in nome del liberalismo o del socialismo". L’esattezza dell'osservazione di Padre de Torre è stata dimostrata in un editoriale apparso sull’Economist di Londra il 21 giugno 1997. Nel sostenere la legalizzazione del "suicidio assistito", l’editoriale affermava: "Le religioni occidentali hanno una risposta che non lascia spazio a equivoci: è sbagliato che gli individui pongano fine alla vita che Dio ha donato loro. La posizione liberale classica, che corrisponde a quella dell’Economist, parte da una premessa differente. Gli individui godono del diritto all’autodeterminazione, e questo include – forse, ha in ciò il suo culmine naturale – il diritto a abbreviare la propria vita".

Costituendo l’espressione di un rifiuto oggettivo a riconoscere Dio come l’arbitro finale della venuta all’esistenza di un nuovo essere umano, l’indifferenza nei confronti dell’Autore della Vita – che è caratteristica dell’atteggiamento contraccettivo – incoraggia l’indifferenza nei confronti della santità della vita in generale. A questo proposito, vale la pena notare quanto spesso Papa Giovanni Paolo II abbia attirato l’attenzione sul legame tra contraccezione e aborto. In un’occasione, parlando ad un gruppo di Vescovi dell’Austria sulla dottrina dell’Humanae vitae, il Santo Padre ha affermato:

Non può essere permesso alcun dubbio riguardo alla validità delle prescrizioni morali ivi espresse (…) L’invito alla contraccezione vista come una modalità di relazione tra i sessi che si suppone "innocua" non costituisce soltanto un’insidiosa negazione della libertà morale dell’uomo. Incoraggia infatti un’interpretazione spersonalizzata della sessualità che viene ristretta principalmente al momento dell’unione fisica e promuove, in ultima analisi, quella mentalità dalla quale emerge l’idea dell’aborto e dalla quale viene continuamente nutrita.

Nell’Evangelium vitae, Papa Giovanni Paolo II affermava che la cultura filoabortista è particolarmente forte in tutti i casi in cui l’insegnamento della Chiesa sulla contraccezione viene rifiutato. Pur riconoscendo la differenza per natura e per gravità morale tra contraccezione e aborto, il Santo Padre sosteneva che contraccezione e aborto sono spesso strettamente connessi, come frutti dello stesso albero. Parlando di una "mentalità edonistica" che non è disposta ad accettare responsabilità in materia di sessualità e che "vede la procreazione come un ostacolo alla realizzazione personale", aggiungeva che la vita che potrebbe nascere da un incontro sessuale finisce per trasformarsi in un nemico da evitare a tutti i costi, e l’aborto diventa la sola risposta decisiva possibile alla mancata contraccezione.

Si sa ormai da molti anni che alcuni cosiddetti "contraccettivi" agiscono di fatto come abortivi. Sfortunatamente, i teologi e gli altri che dissentono dalla dottrina dell’Humanae vitae e che incoraggiano le coppie sposate a seguirne l’esempio, spesso evitano di attirare l’attenzione su questa natura abortiva di varie forme di "contraccettivi".

La connessione tra contraccezione e aborto risulta evidente nel fatto che sia i contraccettivi meccanici che le pillole anticoncezionali possiedono notoriamente capacità abortive. Scrivendo sul Medical Journal of Australia nel 1987, il Dr. Alan Trounson e il Prof. Karl Wood rivendicavano una maggiore libertà nel portare avanti esperimenti distruttivi sugli embrioni umani, adducendo come fondamento giustificativo il fatto che la comunità già accettasse l’uso di "dispositivi intrauterini che uccidono gli embrioni appena formati". Il fatto che la pillola anticoncezionale possa esercitare un’azione abortiva è stato ben documentato da John Wilks nel suo libro del 1996 "A Consumers’ Guide to the Pill and Other Drugs" (Guida alla Pillola e ad altri Farmaci per i consumatori). La pillola agisce come contraccettivo quando sopprime l’ovulazione o quando impedisce allo sperma di raggiungere l’ovulo alterando le secrezioni femminili. Tuttavia, nel caso in cui queste modalità operative non raggiungano lo scopo, la pillola può ancora esercitare la propria azione impedendo l’impianto dell’ovulo fecondato, e in quest’ultimo caso induce l’aborto.

Oltre alle connessioni dirette tra aborto e contraccezione così come precedentemente descritte, occorre anche prendere in considerazione gli atteggiamenti che si assumono, quando si analizza il comportamento contraccettivo. Descrivendo il carattere contrario alla vita della contraccezione, un gruppo di autorevoli esperti di morale ha affermato:

Di solito, quando le persone fanno ricorso alla contraccezione, sono interessate al rapporto genitale che ritengono potrebbe portare al concepimento. Se non pensassero questo, non avrebbero alcun motivo di fare ricorso alla contraccezione. Guardano avanti e pensano al bambino alla cui vita potrebbero dare inizio. Forse per qualche altra buona ragione, o forse no, ritengono la prospettiva ripugnante: "Non vogliamo che quel potenziale bambino inizi a vivere". Come rende chiaro la definizione stessa della contraccezione, tale volontà è contraria alla vita; si tratta di un odio pratico (anche se non necessariamente emotivo) contro il potenziale bambino che proiettano e rifiutano, proprio come la volontà di accettare la venuta in essere di un bambino è un amore pratico nei confronti di tale persona potenziale.

Parlando del legame tra contraccezione e aborto, il Dr Siegfried Ernst ha dichiarato: "La pillola anticoncezionale ha reso possibile separare, in modo fondamentale e radicale, la produzione del piacere dall’atto della procreazione. In questo modo, ha automaticamente dato inizio alla "rivoluzione sessuale" (…) Essendo diventati "sicuri", gli atti sessuali si sono moltiplicati come risultato della propaganda contemporanea, che promuove il "diritto ad una vita sessuale felice". Gli "incidenti" sono proporzionalmente aumentati, nonostante la pillola anticoncezionale – oppure come sua conseguenza? –, e quei "bambini indesiderati" devono logicamente essere rimossi tramite l’aborto".

Anche il Prof. Janet Smith ha attirato l’attenzione sul legame tra contraccezione e aborto quando ha affermato:

La contraccezione estrapola l’elemento del concepimento del bambino dall’atto genitale. Fa sembrare la gravidanza come un incidente del rapporto genitale anziché la sua conseguenza naturale, a cui degli individui responsabili dovrebbero essere preparati. L’aborto, allora, diventa pensabile come una soluzione della gravidanza indesiderata. La contraccezione permette a coloro che non sono preparati a prendersi cura di un bambino di intraprendere un rapporto genitale; quando lei rimane incinta, sente il bambino che sta crescendo dentro di lei come un intruso nella sua vita e si orienta alla soluzione dell’aborto. Non ci dovrebbe sorprendere il fatto che i Paesi che sono permeati di sesso contraccettivo si adoperino maggiormente per garantire l’accesso all’aborto di quanto non facciano per assicurare che tutti i bambini possano sopravvivere, sia all’interno che all’esterno del grembo materno. È totalmente irragionevole da parte dei difensori della vita pensare di poter condurre con successo la battaglia contro l’aborto evitando le questioni della contraccezione e dell’irresponsabilità sessuale.

Il legame tra mentalità contraccettiva e aborto è stato ben illustrato nella sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America nel caso "Genitorialità programmata c/o Casey", che ha confermato quella del caso "Roe c/o Wade". Il dispositivo della sentenza affermava: "In alcuni aspetti critici, l’aborto è della stessa natura della decisione di far ricorso alla contraccezione (…) Durante vent’anni di sviluppi economici e sociali, le persone hanno organizzato relazioni intime e compiuto scelte che definiscono le loro visioni di se stessi e il loro posto nella società facendo affidamento sulla disponibilità dell’aborto nel caso in cui la contraccezione manchi il suo obiettivo".

Commentando questa sentenza della Corte Suprema, il Prof. Janet Smith ha dichiarato:

La sentenza della Corte Suprema ha reso completamente superfluo qualsiasi sforzo di "esporre" ciò che realmente sta dietro l’attaccamento dell’età moderna all’aborto. Come ha candidamente affermato la Corte Suprema, abbiamo bisogno dell’aborto in modo da poter continuare a portare avanti il nostro stile di vita contraccettivo. Non è perché i contraccettivi siano inefficaci che un milione e mezzo di donne ogni anno ricorrono all’aborto come rimedio di contraccettivi che non hanno funzionato. Le "relazioni intime" facilitate dai contraccettivi sono quelle che rendono "necessari" gli aborti (…) In questo contesto, la parola "intimo" significa "sessuale"; non significa "con amore e vicinanza". L’aborto è molto spesso il risultato di relazioni sessuali in cui c’è poca vera intimità e vero amore, in cui non c’è posto per un bambino, la conseguenza naturale di un rapporto genitale.