Il sacerdote, uomo di fede

Un contributo della spiritualità carmelitana alla spiritualità sacerdotale

 

Congregazione per il Clero – Don Louis Menvielle – 20 gennaio 2004

 

 

Il Concilio Vaticano II e la Pastores Dabo Vobis presentano la natura e la spiritualità del sacerdozio alla luce dello Spirito Santo. Cristo "ha reso partecipe tutto il suo corpo mistico di quella unzione dello Spirito che egli ha ricevuto", e lo Spirito Santo opera nel costruire la Chiesa nella quale tutti gli uomini possano riceverlo per unirsi a Cristo, divenendo così figli di Dio. La Presbyterorum Ordinis recita : i sacerdoti devono "curare… che ciascuno dei fedeli sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la propria vocazione personale secondo il Vangelo". Come ? Con la loro santità, guidati dallo Spirito. Infatti,

"Dio, ordinariamente preferisce manifestare le sue grandezze attraverso coloro i quali, fattisi più docili agli impulsi e alla direzione dello Spirito Santo, possono dire con l'Apostolo, grazie alla propria intima unione con Cristo e santità di vita : " Ormai non sono più io che vivo, bensì è Cristo che vive in me " (Gal 2,20)".

A tal proposito, tre punti vengono sottolineati dai testi del Magistero :

  1. Per esercitare un suo ministero fecondo, il prete dev'essere un uomo teologale, sotto l'impulso dello Spirito Santo.
  2. "Il principio interiore, la virtù che anima e guida la vita spirituale del presbitero in quanto configurato a Cristo Capo e Pastore è la carità pastorale".
  3. "Consapevole della propria debolezza", il sacerdote pone tutta la propria confidenza "nella grazia di Dio".

La spiritualità carmelitana può aiutare i sacerdoti sul cammino di tale santità sacerdotale. Infatti, nel ventesimo secolo, la Chiesa ha messo in luce questa spiritualità, proponendola in modo universale mediante la proclamazione del dottorato dei suoi tre rappresentanti più qualificati : Giovanni della Croce nel 1926, Teresa d'Avila nel 1970, Teresa di Lisieux nel 1997. Secondo il Generale dei Carmelitani, c'è un'altra figura "tra i grandi maestri di spiritualità che Dio ha dato alla Chiesa tramite il Carmelo" : Padre Maria-Eugenio del Bambino Gesù, un carmelitano scalzo francese contemporaneo (1894-1967), la cui causa di beatificazione sta per concludersi. Ha scritto una sintesi della spiritualità carmelitana nel suo libro Je veux voir Dieu (Voglio veder Dio e Sono figlia della Chiesa), così qualificato, dallo stesso Generale, "capolavoro" e "somma di teologia spirituale".

I maestri del Carmelo non offrono un metodo speciale di preghiera neanche di vita spirituale, ma presentano i principi fondamentali della vita nello Spirito, cioè descrivono l'opera di Dio e la risposta dell'uomo tramite particolarmente le tre virtù teologali : la fede, la speranza e la carità. Possono quindi illuminare in modo prezioso i tre aspetti appena presentati : il sacerdote è un uomo di fede, basa il suo ministero sulla carità pastorale, un uomo la cui debolezza lo costringe a mettere l'intera sua fiducia nella sola grazia di Dio.

Lo scopo di questa lezione è quello di sviluppare il primo punto, cioè vedere come i Dottori del Carmelo possono aiutare i preti a fissare sullo Spirito Santo il loro sguardo di fede, per realizzare la propria vocazione : come vivere nell'intimità dello Spirito per vivere sotto il suo impulso ? Come dare un insegnamento che corrisponda al mistero divino ? Come intercedere efficacemente per il popolo affidato ?

1. L'importanza dell'orazione

Il Concilio ha detto che le attività apostoliche sono il luogo del santificarsi dei sacerdoti, a condizione che le nutrano "con l'abbondanza della contemplazione". Anche l'Eucaristia è feconda solo se "penetrano sempre più a fondo nel mistero di Cristo con la preghiera". Come Gesù lo dice di se stesso a Nicodemo, il sacerdote deve poter dire : "Parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto" (Gv 3, 11). Pur importantissima, la scienza teologica non basta. C'è bisogno dell'orazione in quanto fonte di un'esperienza di Dio, nella quale Cristo diviene un amico e la Parola di Dio più che un libro, bensì una parola divina che nutre e illumina. Il popolo di Dio sa riconoscere il sapore speciale che qualifica l'insegnamento di un sacerdote, uomo di preghiera. Inoltre, portando il sacerdote sotto l'influsso dello Spirito, l'orazione è la condizione di un ministero che partecipi davvero del sacerdozio di Cristo. Infine, pregando, il sacerdote diventa un autentico maestro di preghiera, come esorta Giovanni Paolo II :

"Alla scuola del Signore, imparate a pregare in modo da diventare voi stessi dei 'maestri' di preghiera capaci di insegnare a pregare a coloro che vi sono affidati. Insegnando loro a pregare, voi ravvivate la loro fede, spesso vacillante. Attraverso la preghiera, li riconducete a Dio, fornite alla loro vita un nuovo sostegno e un nuovo senso."

Tanti sacerdoti chiedono come pregare perché sembra loro che la preghiera sia difficile, forse a motivo delle distrazioni e dell'aridità. Il Carmelo è appunto la grande scuola di preghiera e, per presentare l'orazione, il Catechismo della Chiesa Cattolica fa riferimento alla famosa definizione di santa Teresa d'Avila :

"L'orazione mentale, a mio parere, non è che un intimo rapporto di amicizia, nel quale ci si intrattiene spesso da solo a solo con quel Dio da cui ci si sa amati".

L'orazione è un intimo rapporto di amicizia : cioè una presa di contatto con Dio. L'orazione è uno scambio tra due amori : quello che Dio porta a noi, e quello che noi abbiamo per Lui.

Che cos'é l'amore che Dio porta a noi ? Dio Amore è personalmente presente nella nostra anima, vi risiede in costante attività d'amore, come una fonte che zampilla a getto continuo.

Se ciò è vero, come mai non siamo ancora trasformati dall'acqua viva che scaturisce da Dio ? Dio Amore è sempre in azione, sempre bussa alla porta del nostro cuore, però rispetta la nostra libertà e ci aspetta. Tocca a noi rispondere, cioè aprire il nostro cuore per lasciarci trasformare da Dio Amore. L'orientamento del nostro amore con Dio-Amore, la ricerca amorosa del nostro essere filiale, il rapporto affettuoso che viene immediatamente instaurato : ecco l'orazione secondo santa Teresa d'Avila.

Teresa di Lisieux aveva ben capito che l' "amore misericordioso desidera incendiare le anime". Ella scrive :

"Mi pare che se tu trovassi anime che si offrono come Vittime di olocausto al tuo Amore, tu le consumeresti rapidamente ; mi sembra che saresti felice di non comprimere affatto i torrenti d'infinite tenerezze che sono in te".

E Teresa esprime così la sua scoperta contemplativa : "Oh Dio mio! il tuo amore disprezzato deve restare nel tuo Cuore ?". Infatti, se paragoniamo il cuore di Dio con la fonte che zampilla, pensiamo a questi rubinetti automatici che troviamo nei luoghi pubblici. L'acqua è sempre sotto pressione, pronta a scorrere. Ma per ottenere l'acqua, occorre una pressione della mia mano. E appena mi fermo, l'acqua non scorre più. Nella relazione con Dio, a cosa corrisponde la pressione che attiva il rubinetto ? Alla virtù teologale delle fede.

2. L'orazione, un cammino di fede

Il Catechismo della Chiesa Cattolica sottolinea che la contemplazione "è sguardo di fede fissato su Gesù" (2715). Altrove, precisa che Gesù "è cercato nella fede pura" (2709). Fondandosi sulla Sacra Scrittura, san Giovanni della Croce spiega come la fede è essenziale per la vita spirituale e per il contatto con Dio :

"La fede è il mezzo prossimo e proporzionato perché l'anima possa giungere alla divina unione di amore... In tal modo, solo per mezzo della fede Dio si manifesta all'anima nella luce divina, e perciò quanto più intensa è la fede che l'anima possiede, tanto maggiormente è unita con Dio".

La fede è la porta d'accesso necessaria per giungere a Dio. Non esclude gli altri mezzi, ma è solo questo che è immediato e proporzionato all'unione con Dio.

Come si spiega ?

Dio è puro spirito, al di là quindi dei nostri sensi. Non possiamo raggiungerLo col nostro tatto, col nostro udito, neanche con la nostra vista. I nostri sensi non sono adattati al contatto reale con Dio. Una musica, un'immagine ci possono aiutare ad avvicinare a Dio, ma non a toccarlo. Ci vuole molto di più. Neanche il mio spirito ne è capace, poiché il mio spirito è limitato, mentre Dio è trascendente. Con la mia intelligenza, posso riflettere sulle cose create, posso anche riflettere su Dio, ma per entrare in relazione personale con Lui, ci vuole un altro mezzo. Questo mezzo è la fede, come lo dice la Lettera agli Ebrei :

"Senza la fede, è impossibile essere graditi a Dio. Chi infatti s'accosta a Dio deve credere che egli esiste e che egli ricompensa coloro che lo cercano".

3. La fede è certa

Piace ai Maestri del Carmelo commentare le parole di Gesù riguardo all'acqua viva, perché sottolineano la fecondità della fede. Infatti, Gesù dice : "" Se qualcuno ha sete, venga a me e beva chi crede in me ". Come ha detto la Scrittura, da dentro di lui sgorgheranno fiumi d'acqua viva" . Gesù non chiede niente se non credere in lui, affinché possa darci l'acqua viva. Basta quindi credere, cioè emettere un atto di fede perché l'acqua dello Spirito Santo sgorghi in noi.

Emettere un atto di fede significa orientare la mia intelligenza, la mia mente, tutto il mio essere verso Dio per aderire soprannaturalmente al suo mistero, alla sua verità, alla sua bontà, alla sua paternità, alla sua azione. Nel Cantico Spirituale, Giovanni della Croce scrive che la fede ci comunica e ci dà Dio stesso. Ogni volta che faccio un atto di fede, "tocco" Dio, mi metto in contatto con lui, ed Egli mi comunica la sua luce e il suo amore.

Un altro brano evangelico (Mc 5, 25-34) ci spiega quest'efficacia meravigliosa della fede : una donna ammalata tocca segretamente il vestito di Gesù e immediatamente sente nel suo corpo di essere guarita, mentre Gesù è consapevole che "una potenza era uscita da lui". Chiede : "Chi mi ha toccato i vestiti ?" I suoi discepoli gli dicono : "Non vedi che la folla ti stringe da ogni parte e tu dici : " chi mi ha toccato ? "". Ma Gesù dice alla donna : "Figliola, la tua fede ti ha guarita".

Il contatto fisico della folla non ha nessun potere su Gesù, mentre il contatto della fede ottiene immediatamente una sua forza. Nel tabernacolo, la pisside è continuamente in contatto con le specie eucaristiche senza venire trasformata. Invece, quando io rimango mezz'ora o un'ora in un atteggiamento di fede viva davanti al Santissimo Sacramento, sono sicuro che ricevo misteriosamente un aumento di vita divina. Siamo invitati a credere nella certezza del contatto con Dio quando facciamo un atto di fede. Ogni volta che Dio viene toccato tramite la fede, Egli si dà a me, poiché la sua natura è il diffondersi.

Padre Maria Eugenio scrive :

"Questo rapporto d'amicizia con Dio per mezzo della fede ci arricchisce certamente. Dio è amore costantemente diffusivo. Come non si può immergere la mano nell'acqua senza bagnarsi o in un braciere senza bruciarsi, così non si può avere contatto con Dio per mezzo della fede senza attingere alla sua ricchezza infinita. (...) Ogni contatto con Dio per mezzo della fede ha la stessa efficacia [di quello della donna ammalata che toccò il vestito di Gesù]. Indipendentemente dalle grazie particolari che uno può domandare e ottenere, il contatto attinge in Dio un aumento di vita soprannaturale, un arricchimento di carità".

In una sua conferenza, Padre Maria-Eugenio arriva perfino a dire che se la mia mano, immersa nell'acqua o nel braciere, non si bagnasse o non si bruciasse, sarebbe un miracolo. Così, se il mio atto di fede non ottenesse una risposta divina, sarebbe lo stesso un miracolo.

Padre Maria-Eugenio ce ne dà una conseguenza pratica :

"Di qualunque genere siano le circostanze che accompagnano quest'atto di fede – aridità o entusiasmo, gioia o sofferenza – esso raggiunge la Realtà divina ; e anche se non esperimento nulla di questo contatto nelle mie facoltà, so che è esistito ed è stato efficace. Ho attinto in Dio secondo la misura della mia fede".

Comprendiamo allora perché, nella sua definizione dell'orazione, santa Teresa d'Avila precisa che il contatto con Dio dev'essere "frequente". La crescita spirituale richiede un contatto frequente, quotidiano e lungo con Dio. Accade spesso che i sacerdoti non trovino il tempo di fare orazione perché, nella loro agenda, non hanno previsto il tempo da riservare esclusivamente per l'incontro con Dio. Mi permetto d'insistere perché sono convinto che la fecondità del ministero sacerdotale esige che il prete giunga man mano a consacrare almeno un'ora quotidiana all'orazione. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (n° 2710) scrive :

"La scelta del tempo e della durata della preghiera contemplativa dipende da una volontà determinata, rivelatrice dei segreti del cuore. Non si fa orazione quando si ha tempo : si prende il tempo di essere per il Signore, con la ferma decisione di non riprenderglielo lungo il cammino, qualunque siano le prove e l'aridità dell'incontro. [...] Il cuore è il luogo della ricerca e dell'incontro, nella povertà e nella fede".

L'ho detto all'inizio : quanti pregano sperimentano l'aridità dell'incontro, anche se il contatto della fede con Dio è certo. I Maestri del Carmelo non separano mai questi due aspetti della fede : è insieme certa e oscura.

4. La fede è oscura

E' possibile sperimentare fervore o ardore nell'orazione. Si tratta qui dell'esperienza dell'amore tramite il dono di sapienza, che si mantiene solo se la fede agisce.

Però, di solito, conosciamo più facilmente l'aridità perché la luce di Dio è infinita e trascendente : San Giovanni della Croce paragona l'orante al pipistrello : come il mio occhio non può guardare il sole senza venire abbagliato e messo nel buio, così la mia intelligenza non può ricevere la luce di Dio senza essere abbagliata : vale a dire che, quando la luce di Dio illumina la mia intelligenza mediante la fede, l'intelligenza non trova in questa luce dei concetti con cui può riflettere. Tale situazione non le è connaturale, e immediatamente, l'intelligenza abbandona il proprio atteggiamento di fede, e quindi la luce divina, per cercare dei concetti distinti da usare. Questa è la distrazione. Quando sono consapevole di essere distratto, tocca a me ricominciare il mio atto di fede e tuffarmi di nuovo nel buio del mistero di Dio con la certezza che il mio atto attinge a Dio, poiché lo tocca e gli permette di diffondersi. In questo senso si dice che la fede è insieme certa e oscura.

Giovanni della Croce ricorda che, nell'Antico Testamento, Dio appariva "dentro una nube in cui era nascosto" :

"Tutte queste tenebre significano l'oscurità della fede in cui si nasconde la Divinità, mentre si comunica all'anima."

Giovanni ne conclude che, durante questa vita, per comunicare immediatamente con Dio, l'anima debba unirsi con le tenebre in cui il Signore ha promesso di abitare. Vi abita davvero e, dopo la morte, vedremo faccia a faccia il Dio con cui siamo già uniti in questa vita nell'oscurità della fede. Padre Maria-Eugenio ha scritto :

"La fede è il faccia a faccia, nelle tenebre".

Teresa di Lisieux dice lo stesso :

"Non vedo proprio cosa avrei di più dopo la morte, che non abbia già in questa vita. Vedrò il buon Dio, è vero ! ma per essere con lui, lo sono già del tutto sulla terra".

Anch'ella conosceva la rilevanza del fissare Dio tramite lo sguardo di fede, malgrado l'oscurità e l'aridità. Nella sua parabola dell'uccellino, scrive :

"Con un abbandono audace, vuole restare a fissare il suo Sole divino : (...) e se nubi oscure vengono a nascondere l'Astro dell'amore, l'uccellino non cambia posto, sa che di là delle nubi il suo Sole brilla sempre, che il suo splendore non potrebbe eclissarsi neanche un momento. Talvolta, è vero, il cuore dell'uccellino è assalito dalla tempesta : gli sembra di non credere che esista altro se non le nubi che lo avvolgono. E' quello il momento della gioia perfetta per il povero debole esserino. Che felicità per lui restare lì ugualmente, fissare la luce invisibile che si nasconde alla sua fede!"

E questa finale evidenzia la necessità dell'avvicinarsi a Dio malgrado l'oscurità :

"Gesù, fino qui, capisco il tuo amore per l'uccellino, perché egli non si allontana da te..."

Padre Maria-Eugenio segnala che la fede è "un vero possesso di Dio allo stato oscuro" e ne conclude :

"L'orazione, considerata nella parte di attività che l'anima vi porta, non sarà altro che la fede amante la quale cerca Dio, e può essere considerata come una successione di atti di fede. Per conseguenza, se nell'aridità e nell'impotenza l'anima compie fedelmente atti di fede e d'amore, può credere di fare una buona orazione, anche se non ne esperimenta gli effetti".

Quindi, l'orazione non è sentire né vedere né gustare, ma contattare Dio realmente, mediante la fede. Lo scrive, il Catechismo :

"La fede è un'adesione filiale a Dio, al di là di ciò che sentiamo e comprendiamo".

Conclusione : Le antinomie della vita di fede

La fede, certa e oscura, è quindi l'ambiente normale della vita spirituale. La fede è caratterizzata dall'oscurità e dal silenzio. Esiste un'esperienza, ma essa si trova al di là dei sensi, nelle profondità dell'anima. Giovanni della Croce e Teresa di Lisieux la chiamano "scienza di amore". Essa viene infusa dallo Spirito Santo nell'anima ogni volta che ella realizza il contatto di fede. Man mano, l'anima viene illuminata, trasformata, e la conoscenza contemplativa che ne risulta è uno dei mezzi più efficaci di evangelizzazione e d'insegnamento, perché la parola del predicatore ha il sapore del mistero divino stesso.

Giovanni Paolo II spiega a dei sacerdoti di Padova le conseguenze di tale vita di preghiera per il ministero sacerdotale :

"... l'autentica personalità del presbitero ed apostolo che la Chiesa desidera oggi... [è quella] di un uomo che, a somiglianza di Cristo e dei grandi apostoli e profeti, sta da solo sul monte penetrando con occhi d'aquila, fin nelle profondità del mistero di Dio, e ridiscende poi luminoso e ardente, per portare il messaggio e la grazia di Dio fino alle estreme frontiere dell'attività e delle vicende umane".

Fede oscura, ma feconda. Infatti, il contatto con Dio permette allo Spirito d'invadere quanti pregano, infondendo in loro la scienza d'amore e anche la luce pratica che li conduce ogni giorno, nel proprio ministero. Santa Teresa di Lisieux conosceva l'aridità nelle sue orazioni, ma confidava che Gesù la guidava "ad ogni istante" e le ispirava quello che doveva dire o fare, non "durante le orazioni, ... ma piuttosto tra le occupazioni della giornata", e ciò grazie al contatto dell'orazione.

Fede oscura, ma potente. La vita dei santi mostra chiaramente come la loro intercessione tocca il cuore di Dio. Capo e Pastore della Chiesa, Cristo risorto è il mediatore che intercede sempre a favore degli uomini. La Lumen Gentium ricorda la propria missione ai sacerdoti in quanto configurati a Cristo : Preghino, e anche offrano il sacrificio eucaristico, com'è loro dovere, per il loro popolo e per tutto il popolo di Dio, nutrendo e dando slancio con l'abbondanza della contemplazione alle proprie cure apostoliche.

L'abitudine dell'orazione rende la virtù teologale della fede più incisiva, più attiva, più penetrante. Quanti pregano a lungo sanno ritrovare Dio nella giornata e, interpretando i segni dei tempi, sanno scoprire l'opera di Dio negli avvenimenti e nelle anime.

I santi del Carmelo ci hanno spiegato come far crescere la nostra fede perché sia più fecondo il nostro ministero sacerdotale. Sanno anche spiegare la necessità dell'amore per far crescere la nostra carità pastorale, e la necessità della speranza per vivere fiduciosamente nella nostra debolezza. Per quanto riguarda la fede, il loro insegnamento e la loro intercessione ci permettano di realizzare questo augurio della Presbiterorum Ordinis :

"Poiché [i presbiteri] sono educatori nella fede, avendo anch'essi " fiducia nell'accesso dei santi al sangue di Cristo " (Eb 10, 19), si rivolgono a Dio " con cuore sincero nella pienezza della fede " (Eb 10, 22)".