Religiosità diffusa – come reagiscono le sette a questo fenomeno nel primo mondo?

S.E. Prof. Julian Porteous, Sydney (Australia)

Il dramma dell’ateismo è stato vissuto intensamente nel XX secolo, anche se le sue radici risalgono ai secoli precedenti. Mons. Walter Kasper osserva che "l’ateismo nel senso proprio del termine, che nega tutto ciò che è divino, è diventato possibile soltanto nell’epoca moderna. Presuppone il cristianesimo, per questo motivo si tratta di un fenomeno post-cristiano. La fede biblica nella creazione aveva rotto con la concezione numinosa del mondo, che era corrente nell’antichità e aveva portato a una disumanizzazione della realtà, operando una distinzione chiara e inequivocabile tra Dio creatore e il mondo come sua creazione."

Una volta che il mantra di Nietzsche che afferma che Dio è morto era stato abbracciato e vissuto in senso esistenziale nel primo mondo, si è verificato uno scostamento paradigmatico nella cultura. Gaudium et Spes ha notato questo spostamento essenziale: "Anzi, l’oblio di Dio priva di luce la creatura stessa" (n. 36). Il primo mondo ha vissuto l’esperienza di un’emorragia del significato stesso della vita. La comunione delle civiltà edificate su culture di ispirazione cristiana è frammentata. Torniamo a vivere l’esperienza della torre di Babele, e questa esperienza risulta particolarmente forte per i giovani. La cultura cristiana della vita viene sostituita da una cultura morbosa dell’autorealizzazione. Questa cultura genera l’incapacità di far dono di se stessi all’altro, per questo la persona vive l’esperienza della solitudine e, attraverso questa, dell’alienazione. Rimane però vero che siamo creature, quindi abbiamo un orientamento naturale verso il Creatore. "La natura aborrisce il vuoto", quindi il primo mondo, e specialmente le giovani generazioni, cercano il significato della vita, cercano la comunione con gli altri e con il Divino.

È in questa inquietudine, la stessa inquietudine che spinse Sant’Agostino a cercare il senso della propria vita, che le sette si inseriscono. La cultura postcristiana del primo mondo ha lasciato un sospetto, se non un’ostilità, nei confronti della Chiesa. Le sette offrono un’esperienza del magico e dell’"appartenenza", ma senza strutture stabilite che vengono percepite come atrofizzate, né un’organizzazione, senza "Chiesa".

Se non c’è distinzione tra il Creatore e il mondo, allora tutti i mezzi sono ammissibili per giungere all’esperienza del numinoso in vista della propria realizzazione personale. Quindi, come osserva il documento Gesù Cristo portatore dell’acqua viva, le sette, nella misura in cui ricadono sotto l’ombrello del New Age, attingono da molte tradizioni, dalle pratiche occulte dell’antico Egitto a quelle contemporanee del buddismo Zen o dello Yoga (cf. 2.1).

Le sette offrono una risposta ai desideri fondamentali, primordiali dell’uomo e della donna postcristiani. Offrono un ritorno al paganesimo. L’acqua limpida datrice di vita di Gesù Cristo viene ritenuta sospetta, e le persone si abbeverano volentieri alle acque fangose delle sette.

La Chiesa si può impegnare con le persone nella loro ricerca della vita vera, presentando la persona di Gesù Cristo. Gesù Cristo è il portatore dell’Acqua della Vita e "l'invito a incontrare Gesù Cristo, il portatore dell'acqua di vita, avrà un impatto maggiore se proverrà da parte di qualcuno che è stato profondamente colpito e in modo evidente dal suo incontro con Gesù, perché non viene fatto solo da qualcuno che ha semplicemente sentito parlare di Lui, ma da qualcuno che può star certo che " questi è veramente il Salvatore del mondo " " (Gesù Cristo portatore dell’acqua viva, n. 5).