La modernità come elemento moltiplicatore per le istituzioni e il pensiero religioso: la secolarizzazione e il problema della plausibilità e della legittimazione
Prof. Stuart C. Bate, OMI, Johannesburg
I sociologi descrivono la secolarizzazione come il processo tramite il quale alcuni settori della società e della cultura vengono allontanati dal predominio di istituzioni e simboli religiosi (Berger 1969, 107). Si tratta di una caratteristica delle società moderne.
L’innovazione scientifica e tecnologica ha promosso un rapido sviluppo economico nelle società moderne. Una conseguenza di questo è stato l’emergere di nuovi sistemi teorici di credenza basati sul potere umano anziché su quello spirituale. I sistemi fondazionali laici come il liberismo, il marxismo e il pragmatismo sono diventati accettabili nella misura in cui le persone hanno sperimentato in modo crescente i benefici (o la loro mancanza) dello sviluppo umano in aree della vita come la salute e il benessere economico.
La crescita della secolarizzazione è stata accompagnata dall’eclisse della religione, vista come principale autorità legittimante della società umana. Questo ha portato a società sempre più pluralistiche, quali ad esempio la Francia, nella quale il cattolicesimo era il fondamento della società fino alla rivoluzione. Oggi, però, è soltanto una delle tante opzioni di fede religiosa e non religiosa in quel paese.
La secolarizzazione e il problema della plausibilità
Per gli esperti di scienze sociali, il compito principale delle religioni nelle società laiche consiste nel costruire e mantenere in vita una "struttura di plausibilità" efficace nell’ambito della quale la religione continui ad essere vera e valida, presentandosi "alla coscienza come realtà" (Berger 1969, 150). Per fare questo, le religioni debbono "sapersi vendere", dal momento che la secolarizzazione e la pluralità delle scelte religiose implicano che "la religione non può più essere né data per scontata né imposta, ma deve essere messa sul mercato" (idem, 145).
Pensieri come questi non sono così nuovi come potrebbero apparire. In effetti, la storia del cristianesimo contiene una componente essenziale di "marketing", anche se ci sono molto più familiari termini come "evangelizzazione" e "missione". Questo mette in luce un grosso problema con l’analisi sociologica delle problematiche religiose, la quale, benché utile, risulta sempre profondamente difettosa. Questo è dovuto al fatto che le scienze umane si limitano all’attività umana e si rifiutano di prendere anche soltanto in considerazione l’oggetto proprio della religione, che è la dimensione soprannaturale e il mondo spirituale. Per esempio, l’agente principale della missione e dell’evangelizzazione (il "marketing" di Berger) non sono i soggetti umani, gli evangelizzatori e i missionari, bensì lo Spirito Santo (cf. RM n.21). Risulta anche semplicistico considerare le società premoderne come soggetti omogenei, dal momento che anche la ricerca più superficiale rivela una pluralità di credenze e convinzioni. Il problema della plausibilità, in effetti, non è nuovo per la modernità, al contrario è stato affrontato, in un modo o nell’altro, in ogni epoca della storia della Chiesa, come risulta subito evidente, per esempio, da una semplice lettura dei Padri della Chiesa.
La secolarizzazione e il problema della legittimazione
Il problema della legittimazione consiste nel domandarsi se la religione può continuare a sopravvivere in una società con non accetta più le definizioni religiose della realtà (Berger 1969, 156). La legittimazione, però, rappresenta anche una questione che va oltre il problema della secolarizzazione e colpisce, in un modo o nell’altro, tutte le società. Autori come Lyotard (1983) hanno allargato il dibattito mettendo in discussione la validità di tutti i sistemi di credenza fondazionali, tanto quelli sacri quanto quelli laici. Egli suggerisce che tutte le società sono mantenute nella verità e nell’ordine dall’esistenza dai "grandi miti", che evidenziano ed esprimono i principali valori e credenze. Il "sogno americano", la "civiltà europea" e la "verità scientifica oggettiva" sono alcuni esempi di grandi miti occidentali. Il postmodernismo mette in discussione la capacità di quei grandi miti di accedere alla verità reale e oggettiva delle cose, poiché queste ultime sono sempre condizionate da fattori culturali e storici ben identificabili.
Ma una simile posizione finisce per risultare insostenibile, e nella filosofia il Realismo ha rappresentato la principale risposta a tale posizione (Bhaskar 1997 e Lonergan), nelle scienze sociali (Sayer 2000) e nella teologia (Sweetman, Kirk, Giovanni Paolo II). Sweetman (2001, 31) sostiene che le posizioni postmoderne "sono basate sull’astratto anziché sul concreto". Questo avviene perché i loro proponenti proclamano teoricamente il soggiacente relativismo, mentre in pratica vivono la vita in termini di un insieme di credenze e valori che cercano di imporre dogmaticamente agli altri; per esempio, che tutti dovrebbero essere relativisti. La posizione cattolica, specialmente così come evidenziata da Giovanni Paolo II in Fides et ratio, offre una posizione seria e ragionata, secondo la quale una conoscenza oggettivamente vera della realtà è accessibile non soltanto attraverso la ragione ma anche attraverso la fede (cf. FR n.8; DF, III).