Che valore hanno i martiri in una società secolare?
S.E. Julian Porteous
Sydney
Quando prendiamo in considerazione i temi cristiani, ci scontriamo con la secolarizzazione del pensiero e della visione del mondo che permea la cultura contemporanea. Il Cardinale Walter Kasper ha sottolineato il contributo della fede giudaico-cristiana alla "distinzione chiara e priva di ambiguità fra Dio, il Creatore, e il mondo, sua creazione."
La natura secolare del Creato è un bene che coinvolge le persone umane e quindi la società umana. I primi capitoli della Genesi rivelano la dignità sublime delle persone umane alle quali "Dio non dona soltanto l’esistenza, ma anche la dignità di agire esse stesse, di essere causa e principio le une delle altre, e di collaborare in tal modo al compimento del suo disegno." La Genesi prosegue riferendosi al rendimento di grazie che nasce spontaneamente nel cuore umano man mano che l’uomo partecipa all’edificazione della società umana. Abele, l’uomo giusto, raccoglie il frutto del suo duro lavoro e lo offre come ringraziamento al suo Creatore. La sua opera e la sua vita sono piene di significato perché sono rivolte al Creatore.
Sebbene sia necessario cominciare con il riconoscimento della bontà della natura secolare della creazione, una antropologia sana richiede anche che mitighiamo questa affermazione con il riconoscimento del mistero del peccato. Caino offre il suo sacrificio con un cuore diverso. Ha distolto lo sguardo dal centro della sua vita, dal suo Creatore. Perdendo di vista il suo Creatore, Caino, l’umanità caduta, perde di vista se stesso. E’ il dramma della frattura fra fede e morale. Oggi, molti vivono "come se Dio non esistesse".
Nel 1882, Friedrick Nietzche ne "La gaia scienza" solleva profeticamente la questione di come la società debba vivere questa morale priva di fede del mondo secolare in cui "Dio è morto":
Che facemmo sciogliendo la terra dal suo sole?
Dove va essa, ora? Dove andiamo noi, lontani da ogni sole?
Non continuiamo a precipitare: e indietro e dai lati e in avanti?
C'è ancora un alto e un basso?
Non andiamo forse errando in un infinito nulla? Non ci culla forse lo spazio vuoto?
Non fa sempre più freddo? Non è sempre notte, e sempre più notte?
Avendo ucciso il mistero di Dio in se stesso, l’uomo scopre insospettatamente che così facendo ha ucciso anche il mistero della propria umanità. Si scontra con l’assenza di significato, il nichilismo, non solo del mondo, ma anche del proprio sé. Tuttavia, l’uomo è stato creato con l’immortalità inscritta nella carne. Questo è il forte grido di Ireneo che risponde agli agnostici: "Caro capax dei. Carne con la capacità di Dio! L’uomo aborrisce il vuoto. Anche se la fede e la morale sono state separate, l’uomo cerca di creare una nuova morale per vivere in maniera significativa nel suo mondo secolare. Tuttavia, senza un sistema di fede deve continuamente affrontare le questioni esposte da Nietzsche. La morale senza il sostrato della fede è destinata a scivolare nel pragmatismo, nel relativismo e in un inevitabile nichilismo.
Questo è il problema pastorale che Papa Giovanni Paolo II scorge nell’esaminare la Chiesa di oggi: "Questa separazione (di fede e morale) costituisce una delle più acute preoccupazioni pastorali della Chiesa nell’attuale processo di secolarismo, nel quale tanti, troppi uomini pensano e vivono "come se Dio non esistesse". Siamo di fronte ad una mentalità che coinvolge, spesso in modo profondo, vasto e capillare, gli atteggiamenti e i comportamenti degli stessi cristiani, la cui fede viene svigorita e perde la propria originalità di nuovo crietrio interpretativo e operativo per l’esistenza personale, familiare e sociale."
Nella Veritatis splendor il Papa sottolinea le conseguenze di questa tragica separazione fra fede e morale: il rapporto fra libertà e verità è infranto nell’intimo della persona umana. Una volta che "questo essenziale legame di verità-bene-libertà" è stato smarrito, l’uomo scopre di essere nella drammatica posizione di Pilato che chiede: "Che cosa è la verità?" e di agire come se non ve ne fosse alcuna. Egli si immerge in una cultura di morte, non sapendo più "chi è, donde viene e dove va" E’ proprio in questa esperienza che il Papa situa la missione della Chiesa oggi, per la salvezza del mondo. Non c’è altra via che Cristo. La Chiesa ha la missione di riportare l’umanità a Cristo e in tal modo di farle scoprire il suo stesso splendore.
E’ in questa situazione della società secolare oggi che si scopre il valore dei martiri. Essi sono testimoni della bellezza di una vita vissuta nella fede e nella bontà morale e quindi in libertà e verità.
In particolare da parte dei giovani giungono segnali molto positivi dell’anelito dell’umanità a una vita di fede, bontà, libertà e verità. Ne è un chiaro esempio il cinema. Nel mondo anglofono (e pare anche altrove), negli ultimi quattro anni, questi valori eterni sono stati rimessi in evidenza dalla trilogia de Il Signore degli Anelli di Tolkien. Quest’ultimo scrive sulla base di una teologia e una antropologia totalmente cattoliche. Il mondo di fantasia che egli crea è la storia della salvezza. Il sacrificio supremo dei simili di Gandalf e del pentito Boromir suscita sentimenti che i giovani nel passato avrebbero provato attraverso i racconti della vita dei santi e dei martiri. E’ stato incoraggiante vedere così tanti giovani, anche quelli non disposti alla lettura in un’epoca di giochi informatici, affrontare con gusto le 1000 pagine del libr.Quest’anno, l’anelito dell’umanità, in particolare dei giovani, a questi valori spirituali è stato confermato dall’inatteso successo del film La Passione di Cristo di Mel Gibson. Sembra proprio giunto il momento opportuno per rivitalizzare l’antica tradizione della Chiesa di custodire e narrare gli Atti dei Martiri.
Il 7 maggio 2000, terza domenica di Pasqua, il Papa e i responsabili e i rappresentanti cristiani delle altre comunità cristiane hanno pregato insieme sul luogo della testimonianza dei primi martiri, il Colosseo a Roma, commemorando i testimoni della fede del XX secolo. In quell’occasione il Papa ha affermato: "resti viva, nel secolo e nel millennio appena avviati, la memoria di questi nostri fratelli e sorelle. Anzi, cresca! Sia trasmessa di generazione in generazione, perché da essa germini un profondo rinnovamento cristiano! Sia custodita come un tesoro di eccelso valore per i cristiani del nuovo millennio e costituisca il lievito per il raggiungimento della piena comunione di tutti i discepoli di Cristo!" Ora, i tempi sembrano maturi per narrare a questa generazione la testimonianza di verità, bene e libertà resa dai martiri dei secoli XX e XXI.
Il valore dei martiri per la società secolare si basa sulla convinzione della necessità di Gesù Cristo per la salvezza. La Gaudium et spes ha gettato le fondamenta dell'unica antropologia autentica in Gesù Cristo: "In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo.Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro (Rm 5,14) e cioè di Cristo Signore.
Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione" (n. 22). Affinché l’uomo e la donna secolari non si smarriscano lungo il loro cammino di vita, hanno bisogno di un’autentica via di fede che li orienti continuamente verso la loro fonte e la loro meta, il Creatore, rivelato in Gesù Cristo, quale loro Padre.
Una fede autentica vissuta nella verità è la base del superamento da parte dell’umanità dell’attuale dicotomia fra verità e libertà. La logica della fede porta a una vita vissuta nell’unità di verità e libertà perché la fede possiede un contenuto morale. E’ qui che la testimonianza dei martiri trova il suo valore sublime, come afferma il Papa nella Veritatis splendor: "mediante la vita morale la fede diventa confessione, non solo davanti a Dio, ma anche davanti agli uomini: si fa testimonianza". La più grande testimonianza che si può rendere è il dono totale di sé. Questo è il dono che ogni martire offre all’umanità, testimoniando la verità di Cristo.
Tuttavia negli ultimi dieci anni, la parola "martire" ha assunto un significato distorto. Troppo spesso nei mezzi di comunicazione sociale è associato all’uso del corpo umano come arma. Si attacca dell’esplosivo al corpo o si dirige un veicolo imbottito di esplosivo verso un bersaglio. La persona compie queste azioni con un atto di libertà e spesso in nome di Dio, ma questa libertà è stata separata dalla verità. La verità fondamentale è che Dio è il Creatore e quindi è essenzialmente a favore della vita. Le dieci parole di vita, il Decalogo, rimangono leggi perenni e inviolabili dell’ordine morale. L’indebolimento del rapporto fra fede e morale causa il distacco della libertà dal suo rapporto essenziale con la verità. Anche se i cosiddetti "martiri" moderni che utilizzano il proprio corpo come arma possono compiere il sacrificio supremo in libertà, quest’ultima non è autentica. Si tratta di un tipo di libertà la cui finalità rende schiava la persona umana e la costringe in un atteggiamento fondamentale di odio che contribuisce solo all’edificazione della cultura della morte. Invece, Papa Giovanni Paolo II afferma nella Veritatis splendor: " Il culto di Dio e il rapporto con la verità sono rivelati in Gesù Cristo quale più profondo fondamento della libertà" (CF. n.86)
Il martire cristiano permette alla verità della persona umana di agire con autentica libertà, risplendere nel suo pieno mistero, rendere testimonianza del significato nuziale del corpo umano. Gesù Cristo ha rivelato questo pieno significato sulla Croce. Invece di utilizzare il proprio corpo come un’arma, ne ha fatto dono. Ha permesso al suo corpo di divenire il bersaglio di tutta la violenza, l’odio e il peccato. Ha permesso al suo corpo di divenire sacramento di riconciliazione per tutta l’umanità. Ha offerto il suo corpo all’umanità per amore e perdono del nemico. La sua resurrezione celeste rivela la somma chiamata dell’umanità: "Cristo è fonte, paradigma e risorsa per la testimonianza del discepolo, chiamato a porsi sulla stessa strada: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" (Lc 9,23).)" (Veritatis splendor, n. 89)
La Veritatis splendor nell’articolo 92 espone tre servizi fondamentali che i martiri rendono alla loro epoca.
In primo luogo "Nel martirio come affermazione dell'inviolabilità dell'ordine morale risplendono la santità della legge di Dio e insieme l'intangibilità della dignità personale dell'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio: è una dignità che non è mai permesso di svilire o di contrastare, sia pure con buone intenzioni, qualunque siano le difficoltà. Gesù ci ammonisce con la massima severità: "Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?" (Mc 8,36).".
In secondo luogo, "Il martirio sconfessa come illusorio e falso ogni "significato umano" che si pretendesse di attribuire, pur in condizioni "eccezionali", all'atto in se stesso moralmente cattivo;" Lo smaschera come "violazione dell’umanità dell’uomo" sia in chi perpetra il crimine sia nella vittima. Quindi rende testimonianza della verità del fatto che una persona acquisisce la pienezza dell’umanità soltanto andando oltre se stessa. I martiri recano sul proprio corpo la morte di Gesù cosicché altri, anche quanti perpetrano il crimine contro di loro, abbiano la possibilità di incontrare la grazia della resurrezione che trae la vita da situazioni di morte.
In terzo luogo "Il martirio è infine un segno preclaro della santità della Chiesa…
Una simile testimonianza offre un contributo di straordinario valore perché, non solo nella società civile ma anche all'interno delle stesse comunità ecclesiali, non si precipiti nella crisi più pericolosa che può affliggere l'uomo: la confusione del bene e del male, che rende impossibile costruire e conservare l'ordine morale dei singoli e delle comunità."
Quasi trent’anni fa, Papa Paolo VI osservò: "L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, - dicevamo lo scorso anno a un gruppo di laici - o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni" Abbiamo certamente osservato che i giovani sono attratti da storie che raccontano la bellezza dello spirito umano nella lotta per la verità e la libertà e la sconfitta del male con il bene. Non dobbiamo ricorrere alla fantasia per soddisfare questo anelito del cuore umano. Nella nostra epoca, Dio ha dato testimoni viventi di questi valori perenni e trascendenti. Le diverse situazioni, culture e aree in cui i martiri del XX e del XXI secolo hanno reso la propria testimonianza sono sorprendenti perché la testimonianza ecumenica di questi martiri forma un patrimonio comune a cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti.
La sfida rivolta alla Chiesa è di custodire e perpetuare le storie di questi martiri moderni nella lingua e nei mezzi espressivi delle persone di oggi. Ciò fa parte della nuova evangelizzazione che "comporta anche l’annuncio e la proposta morale"