IL CONTRIBUTO DEI MARTIRI

ALL’EVANGELIZZAZIONE DELL’AMERICA LATINA

Prof. Silvio Cajiao, Bogotà

"Tra i suoi Santi, " la storia della evangelizzazione dell'America riconosce numerosi martiri, uomini e donne, vescovi e presbiteri, religiosi e laici che con il loro sangue irrigarono [...] [queste] nazioni. Essi, come nubi di testimoni (cfr Eb 12, 1), ci stimolano a farci carico oggi, senza timore e con ardore, della nuova evangelizzazione ". È necessario che i loro esempi di dedizione senza limite alla causa del Vangelo siano non solo preservati dall'oblio, ma più conosciuti e diffusi tra i fedeli del Continente" (EA 15).

Con queste parole, sua Santità Giovanni Paolo II, nella sua Esortazione Apostolica Ecclesia in America, ci raccomanda di ricordare che, prima di tutto, quello di Gesù Cristo è un annuncio di martirio. Proprio da ciò deriva il fatto di riconoscere come dono di Dio alla sua Chiesa questa "nube di Testimoni", come viene affermato nel Vaticano II, nella Costituzione Lumen gentium 42, capitolo quinto, in cui si vede come, alla vocazione universale alla santità della Chiesa, corrisponda il fondamento del senso della carità di Gesù Cristo. Il testo recita: "Avendo Gesù, il Figlio di Dio, manifestato la sua carità dando per noi la sua vita, nessuno ha più grande amore di colui che dà la sua vita per Lui e per i suoi fratelli (cf. 1 Gv 3, 16; Gv 15, 13). Già fino dai primi tempi quindi, alcuni cristiani sono stati chiamati, e lo saranno sempre, a rendere questa massima testimonianza d’amore davanti agli uomini, e specialmente davanti ai persecutori. Perciò il martirio, col quale il discepolo è reso simile al Maestro che liberamente accetta la morte per la salute del mondo, e a Lui si conforma nella effusione del sangue, è stimato dalla Chiesa dono insigne e suprema prova di carità. Che se a pochi è concesso, devono però tutti essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini, e a seguirlo sulla via della croce durante le persecuzioni, che mai non mancano alla Chiesa".

È chiaro per la Chiesa che questa effusione di sangue deve avvenire soprattutto nella confessione di fede in Gesù Cristo; è il cosiddetto odio verso la fede che giunge al punto di infliggere la persecuzione, la riesumazione, la morte. La Chiesa considera tutto ciò come martirio.

Il Vaticano II, nella sua Costituzione Gaudium et spes, nel capitolo primo sulla dignità della persona umana e nel n. 21, nel quale descrive il comportamento che la Chiesa deve tenere di fronte all’ateismo, e di come questo si possa combattere mediante un’adeguata esposizione della dottrina, rendendo presente la vita trinitaria e tramite una continua purificazione. Il testo recita: "Di una fede simile hanno dato e danno testimonianza sublime moltissimi martiri. Questa fede deve manifestare la sua fecondità, col penetrare l’intera vita dei credenti, anche quella profana, col muoverli alla giustizia e all’amore specialmente verso i bisognosi".

I padri conciliari dichiarano che, alla base del martirio, ci sono l’amore estremo e la lotta incondizionata contro le ingiustizie che, nel contesto dei nostri paesi e di una realtà di globalizzazione e di economia di mercato, si trovano ad affrontare una situazione di crescente povertà. È in questo senso che, nella lotta in difesa degli indigeni, degli sfollati, degli uomini e delle donne ai quali è stata negata la propria dignità di figli e figlie di Dio, i molti martiri dell’America Latina hanno dato la loro testimonianza, evidenziando la priorità dell’amore che Dio aveva per loro e, pertanto, una risposta a questo amore fino alla morte.