Missio de Trinitate
di
S.E. prof. Bruno Forte
"Donaci, Signore, di amare la Tua Chiesa, l’amata. Fa’ che rimaniamo fedeli ad essa come ad una madre amorevole, premurosa e benigna, affinché con lei e per mezzo suo possiamo meritare di essere di casa presso di Te, Dio e Padre nostro. Amen!": queste parole di San Quodvultdeus di Cartagine (Sulla professione di fede per gli aspiranti al battesimo, III,12. 13), ci introducono nel modo migliore alla meditazione sulla Chiesa dell’amore e sulla sua missione evangelizzatrice, della quale si può veramente parlare soltanto a partire da una fede innamorata e umile. "Ubi amor, ibi oculus", dicevano i Medioevali: è l’amore che dona lo sguardo e offre la chiave per aprire la porta del mistero, in particolare quello dell’essere e dell’agire della Chiesa, che Gesù è venuto a fondare sulla terra. Che la Chiesa sia la comunità dei figli resi tali nel Figlio, degli amati nell’Amato, lo mostra densamente una parola usata soprattutto dal Vangelo di Giovanni: la congiunzione comparativa "kathós", "come". Essa ricorre sulle labbra del Signore Gesù per indicare il tipo di relazione che esiste fra sé e i suoi, oltre che fra i suoi e l’unità che egli vive da sempre col Padre: "Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi" (Gv 15,12; cf. 13,34) - "Che essi siano uno, come noi siamo uno" (Gv 17,21. 22). Da queste frasi risulta la ricchezza di significato del termine: "kathós" indica una relazione al tempo stesso causale, esemplare e finale, che mostra nella Trinità la fonte, il modello e la meta della comunione dei discepoli di Gesù, la Chiesa.
La Chiesa viene dall’amore dei Tre ("Ecclesia de Trinitate"), è immagine della comunione trinitaria ("communio sanctorum") e tende verso la Trinità nel cammino del tempo ("Ecclesia viatorum"). Tutto nella Chiesa viene dall’amore del Dio tre volte Santo: il cuore pulsante della Chiesa è l’"agápe", l’amore che viene dall’alto e tende a tornare in alto. L’"agápe" è la regola di vita dei discepoli di Gesù, che credono in forza della Sua rivelazione nell’amore infinito del Padre: l’"agápe" è la fonte inesauribile dello slancio missionario della Chiesa al servizio dell’evangelizzazione del mondo fino agli estremi confini della terra e del cuore. Il "kathós" ci fa capire che la Chiesa vive del dinamismo fondamentale di lasciarsi amare dal Padre per Cristo nello Spirito, per amare il Padre per Cristo nello stesso Spirito e il mondo intero in Loro. Amati nell’Amato, siamo amati per amare: è per questo che il "kathós" si unisce in Giovanni a un’altra espressione, il pronome di reciprocità "allélon - allélous" - "gli uni gli altri". L’amore partecipatoci dai Tre si manifesta nell’amore reciproco: amarci gli uni gli altri è l’altro volto dell’unico amore che costituisce la Chiesa. Se il "come" dice il rapporto tra noi e la Trinità, "allélon - allélous" dice il rapporto della reciprocità fra di noi e del servizio agli altri: la carità di Dio fonda la carità fraterna e la missione ecclesiale!
Si può dire perciò che sin dalle origini la Chiesa ha compreso se stessa all’interno delle missioni divine, come un segno e uno strumento della loro realizzazione nel tempo, completamente inserita nella storia trinitaria di Dio con il mondo: "De unitate Patris et Filii et Spiritus Sancti plebs adunata" - "Popolo adunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (S. Cipriano, De Oratione Dominica 23: PL 4,553; cf. Concilio Vaticano II, Lumen Gentium 4). In quanto viene dalla Trinità ed è strutturata a immagine della Trinità, la Chiesa - "icona della Trinità" - non ha altro scopo che la glorificazione del Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Tesa verso questa meta, dimentica di sé e della propria gloria, la Chiesa realizza la sua missione evangelizzatrice - vera e propria missio de Trinitate - anzitutto come "kènosi" della gloria divina: la Trinità mette le sue tende nel tempo attraverso la Chiesa con tutto il peso dei limiti che a questa derivano dalla sua dimensione storica e mondana. Di questa "kènosi", che storicizza la missione divina facendone la missione della Chiesa, artefice principale è lo Spirito: "Lo Spirito Santo - scrive Vladimir Lossky - si comunica alle persone, segnando ogni membro della Chiesa con il suggello di un rapporto personale ed unico con la Trinità, divenendo presente in ogni persona. Come? Qui permane un mistero: il mistero dello spogliamento, della ‘kènosi’ dello Spirito Santo veniente nel mondo. Se nella ‘kènosi’ del Figlio la persona ci è apparsa mentre la divinità rimaneva nascosta sotto le sembianze del servo, lo Spirito Santo, nel suo avvento, manifesta la natura comune della Trinità, ma lascia che la sua persona sia dissimulata sotto la divinità. Rimane non rivelato, nascosto per così dire dal dono, affinché il dono che Egli comunica sia pienamente nostro, fatto proprio dalle nostre persone" (V. Lossky, La teologia mistica della Chiesa d'Oriente, Bologna 1967, 160s). Lo Spirito è insomma la dimensione storica del mistero ed è Lui che dona alla Chiesa di essere il volto - sempre storicamente determinato e in continuo sviluppo - dell'unica vita divina che viene dall'alto.
La missione è dunque dinamismo intrinseco della Chiesa "icona della Trinità", realizzata dallo Spirito, che unifica la Catholica in tutte le espressioni del suo essere e del suo agire: si potrà allora parlare di una triplice della missione, articolata in tre forme inseparabili, la cattolicità del soggetto missionario, quella del contenuto dell'annuncio e quella del destinatario della missione. Cattolicità del soggetto missionario, a immagine del Dio uno nella Trinità delle Persone, vuol dire che tutta la Chiesa è inviata ad annunciare tutto il Vangelo a tutto l'uomo, ad ogni uomo: in forza del dono dello Spirito, non c'è nessuno nella Chiesa che possa ritenersi estraneo al compito missionario. Fermo restando lo specifico del ministero ordinato, cui spetta di discernere e coordinare i carismi in vista dell'azione evangelizzatrice, ogni battezzato e ogni comunità locale devono impegnare i doni ricevuti al servizio della missione ecclesiale: se ciò implica l'esigenza di riconoscere e valorizzare il carisma di ciascuno, esige non di meno lo sforzo di crescere in comunione con tutti, in modo che la stessa comunione sia la prima forma della missione. "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35). La missione non è opera di navigatori solitari, ma va vissuta nella barca di Pietro, che è la Catholica in tutte le sue espressioni, in comunione di vita e di azione con tutti i battezzati, ciascuno secondo il dono ricevuto.
La cattolicità della missione, però, non investe solo il soggetto di essa, ma anche il suo oggetto: lo "splendore" intrinseco alla verità salvifica esige che la Chiesa si faccia portatrice del Vangelo della Trinità nella sua interezza in tutte le diverse situazioni della storia. Tutta la Chiesa annuncia tutto il Vangelo! La ragione fondamentale per cui la buona novella va annunciata integralmente, è che essa propriamente non è una dottrina, ma una persona, Cristo: è lui, il Figlio del Padre vivente nello Spirito, l'oggetto della fede e il contenuto dell'annuncio, ed insieme è lui l'agente che opera in chi evangelizza. La missione esige la testimonianza integrale del Cristo: in ciò consiste la cattolicità del messaggio, la pienezza senza la quale esso viene adulterato e svilito. Questa testimonianza integrale abbraccia la comunione della fede nel tempo e nello spazio, è voce, cioè, della comunione dello Spirito, che attraverso la tradizione apostolica rende la Chiesa identica a se stessa nel fondamento della sua cattolicità, perché la identifica nel mistero al suo principio sempre presente, il Cristo riconciliatore annunciato dagli Apostoli. La cattolicità del messaggio comporta infine anche la cattolicità del destinatario dell’evangelizzazione: la buona novella è risuonata per tutti ed esige di raggiungere tutti; lo "splendore" della verità viene a mediarsi nella "kènosi" dei linguaggi e delle culture più diverse. "Andate e fate discepole tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19s). È proprio nello slancio missionario, impresso alla Chiesa dal suo scaturire dalla Trinità, che esso sia proteso a raggiungere tutto l'uomo in ogni uomo. La cattolicità della missione, allora, non è pienamente realizzata, se non si apre secondo il disegno trinitario della salvezza alla destinazione universale dell'evangelo: è qui che si pone l'esigenza imprescindibile per ogni battezzato, come per ogni Chiesa particolare e per la Chiesa universale, di impegnarsi affinché l'annuncio raggiunga veramente ogni persona umana e non vi sia spazio o dimensione di storia cui non pervenga il messaggio. Se il Signore non chiederà conto ai suoi discepoli dei salvati, perché la salvezza è un mistero di grazia e di libertà di cui nessuno può disporre dall'esterno, chiederà loro conto degli evangelizzati: in tal senso, una Chiesa senza urgenza e passione missionaria tradirebbe la propria cattolicità, sarebbe un campo di morti e non la comunità dei risorti nel Risorto, "icona" bella della Trinità nel tempo.