CONGREGATIO PRO CLERICIS
“Sacerdoti, forgiatori di Santi per il nuovo millennio”
“…liberati
dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia al suo
cospetto, per tutti i nostri giorni ” (Lc 1,
74-75).
Inno: Sì, risorgerò
Torna da me, ecc.
Saluto: Nel nome dell’unico Dio:
Padre, Figlio e Spirito Santo,
Amen
La Pace sia con voi!
Miei Fratelli, l’unico Dio, con il cui nome ci siamo
appena segnati, una volta fu presentato
al Popolo di Dio così:
“Qual Dio è
come te, che togli l’iniquità e perdoni il peccato… che non
serbi per sempre l’ira, ma ti compiaci
d’usar misericordia?
Egli
tornerà ad aver pietà di noi, calpesterà le nostre colpe
Tu
getterai in fondo al mare tutti i nostri
peccati.
Conserverai a Giacobbe
la tua fedeltà, ad Abramo la tua benevolenza. (Michea, 7, 18-20).
Questo, miei Fratelli, è il Dio al cospetto del
quale ci siamo riuniti questo pomeriggio per celebrare e sperimentare la sua pazienza, la sua
compassione e il suo perdono, quale
evento di salvezza. Ci sforziamo di fare questo:
-
In primo luogo,
ricordandoci, per mezzo della
Parola delle Scritture, della
realtà di questa grande offerta della presenza amorevole e piena
di perdono di Dio e della
realtà dell’offerta di Dio di salvezza
come libertà di servirlo.
-
Dunque, risveglieremo in
noi una salda fede in questo
messaggio delle Scritture, ed
esattamente, nell’offerta di salvezza
quale persono e libertà di servire Dio.
-
Infine in questa fede risvegliata,
chiederemo di sperimentare questo amore che perdona nella nostra vita. Nella fede, giungeremo a
Dio nel Sacramento della riconciliazione/penitenza per chiedere di essere
perdonati, affinché ci venga mostrata compassione, per essere perdonati per i
compromessi fatti nei ministeri e per il diminuito zelo ministeriale e per
essere ripristinati nel nostro fervore e nel nostro impegno sacerdotali.
Guariti e corretti dalla riscoperta della
presenza di Dio nella nostra vita, dalla ritrovata libertà di
servire Dio in santità, procederemo con gioia
e sederemo alla mensa con il Signore nell’Eucaristia. Da lì trarremo la forza per
“servirlo in santità e giustizia per
tutti i nostri giorni” (LC, 1,
74-75).
Preghiamo………..
Lettura delle Sacre Scritture:
Isaia 61, 1-3
Lc 4, 1-5 ….. o un’altra
(Riflessione:
“…LIBERTA’ DI SERVIRE DIO IN SANTITA’)
L’apparizione e l’autopresentazione di Gesù nella sinagoga di Nazareth ha evocato la tradizione del “Servo
di Dio” in Isaia e ha identificato Gesù con lui quale suo compimento (LC,
4,16-20, Cf. Is 61, 1-3). La tradizione del
“Servo di Dio”, tuttavia, riunisce diverse immagini per presentare l’intervento di Dio
nella storia del suo popolo e
salvarlo. La salvezza di Dio, di cui il “Servo
del Signore” è un agente (sia perché la annuncia sia perché la testimonia
o la rappresenta simbolicamente) viene presentata con sei immagini vivide, alcune agresti, altre pastorali, ma alcune anche
militari, che saranno tutte incluse nel ministero di Gesù e troveranno compimento in Lui.
Quale ausilio per la riflessione che intende
condurci alla celebrazione della
penitenza questo pomeriggio,
desidero ricorrere a una delle
immagini militari che presenta l’offerta di Dio di salvezza e che presenta il
Dio di salvezza, il Dio che salva il suo popolo come “Dio della guerra” e
“Dio della vendetta”. Per il profeta la
missione del “servo del Signore”, che ha ricevuto lo spirito di Dio, include la
promulgazione “dell’anno della misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il
nostro Dio” (Cf. Is 61, 2).
Un’immagine molto forte nei passaggi del profeta
Isaia è quella di Dio quale “uomo
di guerra” che abbandona il silenzio (Is. 42,
24), che si riveste di forza, denuda il
suo braccio (Is. 51, 9) e avanza come un prode (Is. 42, 13) verso la guerra.
Dio va in guerra per eliminare il nemico e per depredarlo. La guerra di Dio è
presentata come “vendetta”.
Tuttavia, è un’azione che pone fine alla schiavitù di Israele (Is. 40, 1-2),
liberandola. Il bottino dell’azione
militare di Dio, il suo premio e la sua
ricompensa (Cf. Is. 40, 10) sono costituiti da una sola cosa, ossia da “Israele redento e riscattato” (Cf. Is.
48, 20; 51, 11). Israele redento ora serve veramente Dio e libero
dall’idolatria e dal peccato, è ora pieno di giustizia, rettitudine e santità
(Is. 41, 11). Liberato per servire Dio, Israele è ora una comunità esultante e
giubilante (Is. 51, 11) nella quale dimora Dio.
Il ripristino dopo l’esilio della presentazione di
Dio come “uomo di guerra” suggerisce
per “il giorno della
vendetta/vendetta di Dio” il senso della manifestazione da parte di Dio
della propria forza per rivendicare Israele come suo Popolo. Israele, dopo
tutto, è stato “il figlio primogenito” di Dio (Es. 4, 23), la sua “eredità” e
la sua “porzione” (Dt. 32, 9), “la pupilla del suo occhio”, il suo “santo sacerdozio”, il “popolo che porta il suo nome (o sul quale riposa il
suo nome), un “vite dall’Egitto” (Sal. 80, 8), ecc. In quanto tale, Israele
apparteneva al Signore, Yahweh, e il suo servizio apparteneva a Lui. Questo è
ciò che Dio chiese a Mosè di dire al Faraone: “Israele è il mio figlio primogenito…lascia
partire il mio figlio perché mi serva” (Es. 4, 23).
Una volta in esilio, come già in Egitto,
Israele si allontanò da Dio.
I figli di Dio si misero al servizio
di un maestro e di un signore
estraneo. Così, per esempio, Baruch, il discepolo di Geremia,
chiese:
“Perché, Israele, ti trovi in terra nemica e
invecchi in terra straniera? Perché ti contamini con i cadaveri e sei
annoverato fra coloro che scendono negli inferi? Tu hai abbandonato la fonte
della sapienza! Se tu avessi camminato
nei sentieri di Dio, saresti vissuto sempre in pace” (Bar 3, 10-12).
L’esercizio della forza di Dio di riportare a sé il suo popolo: a Sion e al suo culto, attraverso la sconfitta del nemico e della forza straniante fu la vendetta di Dio. Se cerchiamo di dare
un nome alla forza straniante, diciamo di certo Babilonia, che portò Israele
all’esilio. Tuttavia la forza veramente
straniante fu l’idolatria e la
peccaminosità di Israele. Per questo, la
vendetta di Dio di richiamare il suo popolo
implicò la distruzione e la
remissione del peccato del popolo.
Implicò la conversione e il ritorno a
Dio e al suo culto autentico. La vendetta di Dio consistette nell’esercizio della sua forza
liberatrice per distruggere il nemico (il peccato e Babilonia) e di liberare il
Suo popolo. Quindi, ciò che Israele fu,
ossia schiava del peccato ed esiliata,
e ciò che Israele doveva essere, ossia libera di servire il Dio
autentico, furono i motivi della vendetta
di Dio…ossia “la promulgazione
dell’anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio”.
Ora, quando tutto ciò si compie in Gesù, allora il
suo ministero include anche una
manifestazione della forza di Dio di
liberarci dalle mani dei nemici per servirlo
senza timore in santità e
giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni, come ha profetizzato Zaccaria (Cf. Lc,
1, 74-75). In Gesù, “l’anno di
misericordia e il giorno di vendetta”
divengono evidenti. Dio si è manifestato
definitivamente per rivendicare per se stesso quello che è proprio, quello che porta la sua immagine, ossia l’umanità creata a sua immagine e a somiglianza.
Sacerdoti:
parte dell’umanità redenta e ministri della vendetta di Dio in Cristo:
Noi, sacerdoti del Signore, apparteniamo
all’umanità redenta, ma siamo
anche ministri di questa “vendetta”
divina in Cristo. Quindi, da una
parte, noi tutti, a motivo della nostra vocazione al
sacerdozio, abbiamo ricevuto un “ministero
di riconciliazione” e siamo stati
resi anche “agenti della vendetta di Dio”, assolvendo le persone dai loro peccati e liberandole per
servire Dio e dall’altra e nella nostra umanità, dobbiamo sempre celebrare
questa “vendetta” di Dio come nostra redenzione, nostro perdono e conversione
permanente (liberazione per essere
pienamente ministri del Signore). Questo
pomeriggio, la nostra celebrazione
intende proprio soddisfare questa esigenza.
In questa celebrazione della penitenza, desideriamo
ricordarci della chiamata di Dio,
riconoscerla e considerare la nostra risposta. Per noi, in quanto
sacerdoti, è una chiamata che si può descrivere
in tre modi e a tre diversi livelli:
1. Battezzati in Cristo e nel nome
del Dio Uno e Trino, siamo consacrati
per essere “sacerdozio santo”
e portare “l’unzione dello Spirito Santo che è il segno della nostra appartenenza a
Dio” (Cf. 1 Cor 19-20).
2. Ordinati al sacerdozio, noi, come i Leviti del
Vecchio Testamento, siamo scelti per appartenere a Dio (Nm, 8,14), avendo solo
Dio come eredità (Nm, 1, 48-53), dati al popolo come “dono” e dedicati a Dio per la santificazione del popolo (18, 6). Secondo l’ordine di Melchisedek partecipiamo al sacerdozio di
Cristo. E’ un sacerdozio caratterizzato da una vita santa, innocente e senza
macchia (Cf. Eb, 7, 26), una
sottomissione totale alla volontà del Padre (Eb, 10, 7). E’ un sacerdozio
attraverso il quale agiamo in
persona Christi capitis (CCC # 1548) e come Cristo, ci consacriamo per il bene della Chiesa (Gv. 17, 19).
Quindi,
riconoscendo chi siamo e che apparteniamo totalmente a Dio,
veniamo al “Dio della vendetta”
(perché sappiamo cosa significa)
cosicché “liberati dalle mani dei nemici
(da qualunque cosa che ostruisce od ostacola
il cammino della nostra dedizione
totale e dell’impegno per il Signore e
per il nostro ministero), per servirlo senza timore, in santità e giustizia,
per tutti i nostri giorni”.