CONGREGATIO PRO CLERICIS

 

 

 

Universalis Presbyterorum Conventus

 

“Sacerdoti, forgiatori di Santi per il nuovo millennio

 

Sulle orme dell’Apostolo Paolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Peter Kodwo Appiah Card. Turkson

 

Celebrazione penitenziale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Malta

19 ottobre 2004


 

 

“…liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni ” (Lc 1, 74-75).

 

Rito introduttivo

 

Inno: Sì, risorgerò

Torna da me, ecc.

 

Saluto: Nel nome dell’unico Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo,

Amen

La Pace sia con voi!

 

Miei Fratelli, l’unico Dio, con il cui nome ci siamo appena segnati, una volta fu presentato  al Popolo di Dio così:

Qual Dio è come te,  che togli  l’iniquità e perdoni il peccato… che non serbi per sempre l’ira, ma ti compiaci  d’usar  misericordia?

Egli tornerà  ad aver pietà  di noi, calpesterà le nostre colpe

Tu getterai  in fondo al mare tutti i nostri peccati.

Conserverai  a Giacobbe  la tua fedeltà, ad Abramo la tua benevolenza. (Michea, 7, 18-20).

Questo, miei Fratelli, è il Dio al cospetto del quale ci siamo riuniti questo pomeriggio per celebrare e  sperimentare la sua pazienza, la sua compassione e il suo perdono, quale  evento di salvezza. Ci sforziamo di fare questo:

-        In primo luogo,  ricordandoci,  per mezzo della Parola  delle Scritture, della realtà  di questa grande offerta  della presenza amorevole  e piena  di perdono di Dio  e della realtà  dell’offerta di Dio  di salvezza  come libertà di servirlo.

-        Dunque,  risveglieremo in noi  una salda fede in questo messaggio  delle Scritture, ed esattamente, nell’offerta  di salvezza quale persono e libertà di servire Dio.

-        Infine in questa fede risvegliata,  chiederemo  di sperimentare  questo amore che perdona  nella nostra vita. Nella fede, giungeremo a Dio nel Sacramento della riconciliazione/penitenza per chiedere di essere perdonati, affinché ci venga mostrata compassione, per essere perdonati per i compromessi fatti nei ministeri e per il diminuito zelo ministeriale e per essere ripristinati nel nostro fervore e nel nostro impegno sacerdotali.

 

Guariti e corretti dalla riscoperta della presenza  di Dio  nella nostra vita, dalla ritrovata libertà di servire Dio in santità, procederemo con gioia  e sederemo  alla mensa  con il Signore  nell’Eucaristia. Da lì trarremo la forza per “servirlo in santità e giustizia per tutti i nostri giorni” (LC, 1, 74-75).

Preghiamo………..

 

Lettura delle Sacre Scritture:

Isaia 61, 1-3

Lc 4, 1-5 ….. o un’altra


 

Preparazione della penitenza

 

(Riflessione: “…LIBERTA’ DI SERVIRE DIO IN SANTITA’)

 

L’apparizione e l’autopresentazione di Gesù  nella sinagoga  di Nazareth ha evocato la tradizione  del “Servo di Dio” in Isaia e ha identificato Gesù con lui quale suo compimento (LC, 4,16-20, Cf. Is 61, 1-3). La tradizione del  Servo di Dio”, tuttavia,  riunisce diverse immagini  per presentare l’intervento  di Dio  nella storia del suo popolo  e salvarlo. La salvezza di Dio, di cui il “Servo del Signore” è un agente (sia perché la annuncia sia perché  la testimonia  o la rappresenta simbolicamente) viene presentata  con sei immagini vivide, alcune  agresti, altre pastorali, ma alcune anche militari, che saranno tutte incluse nel ministero di Gesù  e troveranno compimento  in Lui.

Quale ausilio per la riflessione che intende condurci  alla celebrazione della penitenza questo pomeriggio,  desidero  ricorrere a una delle immagini militari che presenta l’offerta di Dio di salvezza e che presenta il Dio di salvezza, il Dio che salva il suo popolo come “Dio della guerra” e “Dio  della vendetta”. Per il profeta la missione del “servo del Signore”, che ha ricevuto lo spirito di Dio, include la promulgazione dell’anno della misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio” (Cf. Is 61, 2).

Un’immagine molto forte nei passaggi del profeta Isaia  è quella di Dio  quale “uomo di guerra  che abbandona il silenzio (Is. 42, 24),  che si riveste di forza, denuda il suo braccio (Is. 51, 9) e avanza come un prode (Is. 42, 13) verso la guerra. Dio va in guerra per eliminare il nemico e per depredarlo. La guerra di Dio è presentata come “vendetta”. Tuttavia, è un’azione che pone fine alla schiavitù di Israele (Is. 40, 1-2), liberandola. Il bottino  dell’azione militare di Dio, il suo premio e la  sua ricompensa (Cf. Is. 40, 10)  sono  costituiti da una sola cosa, ossia da “Israele redento e riscattato” (Cf. Is. 48, 20; 51, 11). Israele redento ora serve veramente Dio e libero dall’idolatria e dal peccato, è ora pieno di giustizia, rettitudine e santità (Is. 41, 11). Liberato per servire Dio, Israele è ora una comunità esultante e giubilante (Is. 51, 11) nella quale dimora Dio.

Il ripristino dopo l’esilio della presentazione di Dio come “uomo di guerra” suggerisce per  il giorno  della vendetta/vendetta di Dio” il senso della manifestazione da parte di Dio della propria forza per rivendicare Israele come suo Popolo. Israele, dopo tutto, è stato “il figlio primogenito” di Dio (Es. 4, 23), la sua “eredità” e la sua “porzione” (Dt. 32, 9), “la pupilla del suo occhio”,  il suo “santo sacerdozio”, il “popolo  che porta il suo nome (o sul quale riposa il suo nome), un “vite dall’Egitto” (Sal. 80, 8), ecc. In quanto tale, Israele apparteneva al Signore, Yahweh, e il suo servizio apparteneva a Lui. Questo è ciò che Dio  chiese  a Mosè di dire al Faraone: “Israele è il mio figlio primogenito…lascia partire il mio figlio perché mi serva” (Es. 4, 23).

Una volta in esilio, come già in Egitto, Israele  si allontanò  da Dio.  I figli di Dio si misero al servizio  di un maestro  e di un signore estraneo. Così, per esempio, Baruch, il discepolo  di Geremia,  chiese:

“Perché, Israele, ti trovi in terra nemica e invecchi in terra straniera? Perché ti contamini con i cadaveri e sei annoverato fra coloro che scendono negli inferi? Tu hai abbandonato la fonte della sapienza! Se tu avessi camminato  nei sentieri di Dio, saresti vissuto sempre in pace(Bar 3, 10-12).

L’esercizio della forza di Dio  di riportare a sé  il suo popolo: a Sion  e al suo culto, attraverso la sconfitta  del nemico e della forza straniante fu la vendetta di Dio. Se cerchiamo di dare un nome alla forza straniante, diciamo di certo Babilonia, che portò Israele all’esilio. Tuttavia  la forza veramente straniante  fu l’idolatria e la peccaminosità  di Israele. Per questo, la vendetta  di Dio di richiamare il suo popolo implicò  la distruzione e la remissione  del peccato del popolo. Implicò la conversione  e il ritorno a Dio  e al suo culto autentico. La vendetta di Dio  consistette nell’esercizio della sua forza liberatrice per distruggere il nemico (il peccato e Babilonia) e di liberare il Suo popolo. Quindi, ciò che  Israele fu, ossia  schiava del peccato  ed esiliata,  e ciò che Israele doveva essere, ossia libera di servire il Dio autentico, furono i motivi della vendetta di Dio…ossia “la promulgazione dell’anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio”.

Ora, quando tutto ciò si compie in Gesù, allora il suo ministero include anche  una manifestazione della forza di Dio di liberarci  dalle mani dei nemici per  servirlo  senza timore  in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni,  come ha profetizzato Zaccaria  (Cf. Lc, 1, 74-75). In Gesù, “l’anno di misericordia  e il giorno di vendetta” divengono evidenti. Dio si è manifestato  definitivamente  per  rivendicare per se stesso  quello che è proprio, quello  che porta la sua immagine, ossia l’umanità creata  a sua immagine e  a somiglianza.

 

Sacerdoti: parte dell’umanità redenta e ministri della vendetta  di Dio in Cristo:

 

Noi, sacerdoti del Signore,  apparteniamo  all’umanità redenta, ma  siamo anche ministri  di questa “vendetta” divina  in Cristo. Quindi, da una parte,  noi tutti,  a motivo della nostra vocazione al sacerdozio,  abbiamo ricevuto  un “ministero di riconciliazione” e  siamo stati resi anche “agenti della vendetta di Dio, assolvendo  le persone dai loro peccati e liberandole per servire Dio e dall’altra e nella nostra umanità, dobbiamo sempre celebrare questa “vendetta” di Dio come nostra redenzione, nostro perdono e conversione permanente (liberazione  per essere pienamente ministri  del Signore). Questo pomeriggio, la nostra celebrazione  intende proprio soddisfare questa esigenza.

In questa celebrazione della penitenza, desideriamo ricordarci della chiamata di Dio,   riconoscerla   e considerare  la nostra risposta. Per noi, in quanto sacerdoti, è una chiamata che si può descrivere  in tre modi  e  a tre diversi livelli:

1. Battezzati in Cristo  e nel nome  del Dio Uno e Trino, siamo consacrati  per essere “sacerdozio santo” e portare “l’unzione dello Spirito Santo  che è il segno della nostra appartenenza a Dio” (Cf. 1 Cor 19-20).

2. Ordinati al sacerdozio, noi, come i Leviti del Vecchio Testamento, siamo scelti per appartenere a Dio (Nm, 8,14), avendo solo Dio come eredità (Nm, 1, 48-53), dati al popolo come “dono” e dedicati a Dio per la santificazione  del popolo (18, 6). Secondo l’ordine  di Melchisedek partecipiamo al sacerdozio di Cristo. E’ un sacerdozio caratterizzato da una vita santa, innocente e senza macchia (Cf. Eb, 7, 26), una sottomissione totale alla volontà del Padre (Eb, 10, 7). E’ un sacerdozio  attraverso il quale agiamo in persona Christi capitis (CCC # 1548)  e come Cristo,  ci consacriamo per il bene  della Chiesa (Gv. 17, 19).

Quindi,  riconoscendo chi siamo e che apparteniamo totalmente  a Dio,  veniamo al “Dio della vendetta” (perché sappiamo  cosa significa) cosicché “liberati dalle mani dei nemici (da qualunque cosa  che ostruisce  od ostacola  il cammino  della nostra dedizione totale e dell’impegno  per il Signore e per il nostro ministero), per servirlo senza timore, in santità e giustizia, per tutti i nostri giorni”.