REDEMPTIONIS SACRAMENTUM I
Per situare la recente Istruzione Redemptionis Sacramentum, e capirne la genesi dobbiamo seguire più di una traccia. Si tocca inevitabilmente sia la fede che ha la Chiesa nella celebrazione liturgica dei misteri della salvezza che il vissuto, nella vita della Chiesa nel mezzo della storia.
Per ciò che concerne questo vissuto storico, viviamo in un tempo che è ancora molto vicino al Concilio Vaticano II, distante solo una quarantina d'anni, poco tempo in un panorama di duemila anni della storia della Chiesa. Il Concilio di Trento, aperto nel 1545, si è concluso 18 anni dopo nel 1563. Il cosiddetto Messale tridentino è uscito nel 1570, ma l'assetto rubricale è stato rifatto già da Clemente Vili nel 1604. In altri campi, la volontà del Concilio di Trento di istituire seminari si stava realizzando in molte parti della Francia solo nel mezzo secolo immediatamente precedente alla Rivoluzione francese, ben oltre 2 secoli dopo. Cioè, l'attualizzazione di un Concilio ha bisogno di tempo per maturare.
Quanto auspicato dal Concilio Vaticano II in campo liturgico indubbiamente ha avuto un suo impatto e anche un suo successo. Per una generazione più giovane è difficile comunicare l'effetto che si sentiva la prima volta che si partecipava ad una Messa celebrata interamente nella lingua vernacola. Non intendo analizzare qui gli sviluppi di questo aspetto.
Noto solo che il Papa Giovanni Paolo II, nell'Enciclica Ecclesia de Eucharistìa, parla di "luci e ombre" (n. 10). Cioè, nella sua valutazione ci sono aspetti negativi negli sviluppi liturgici postconciliari, addirittura degli abusi.
Seguiamo brevemente la traccia di questo documento in quanto tale.
L'Enciclica Ecclesia de Eucharistia ha una diversa gamma di scopi, nel senso che a questo punto nel suo lungo pontificato il Santo Padre ha voluto seguire l'esempio dei suoi predecessori nel ribadire la fede della Chiesa nell'Eucaristia, nella sua centralità, a quasi quarant'anni dalla Costituzione liturgica Sacrosanctum Conciliimi, il quale, con altri documenti del Concilio, dell'Eucaristia ha non poco da dire. C'è un legame, anche se matematicamente non preciso, con il centenario dell'Enciclica eucaristica Mirae caritatis di Leone XIII del 1902.
Non dobbiamo illuderci: Prima del Concilio Vaticano II c'erano abusi nel campo liturgico, qualche volta anche gravi. Lo stesso Concilio di Trento ha raccolto una lista di terribili abusi liturgici. L'Enciclica Mediator Dei (1947) di Papa Pio XII accenna all'abuso di sacerdoti che fanno delle omissioni nelle parole di consacrazione. Non sono mancati nel secolo scorso altri documenti dei Papi che parlavano di abusi: da S. Pio X con Tra le sollecitudini (1903) — che parla di "cose deplorevoli" ~ in poi. Lo stesso vale per i documenti della Curia Romana. Ad esempio, nel 1929 la Sacra Congregazione per la Disciplina dei Sacramenti emanava un'Istruzione Dominus Salvator, "De quibusdam vitandis et observandis circa Ss.mam Eucharistiam", quasi lo stesso sottotitolo della recente Istruzione Redemptionis Sacramentum, cioè "De quibusdam observandis et vitandis circa Ss.mam Eucharistiam".
Prima della conclusione del Concilio Vaticano II, Papa Paolo VI è stato sufficientemente allarmato per pubblicare nel 1965 l'Enciclica Mysterium fidei, prima della conclusione del Concilio, con lo scopo, tra l'altro, di contrastare l'idea che dopo la Messa Cristo non sia più presente nelle specie consacrate. Accanto a tanti documenti di promozione del rinnovamento liturgico emanati dalle Congregazioni romane, diversi hanno affrontato seri problemi riguardante all'Eucaristia tra le quali, ad esempio:
Una dichiarazione della Sacra Congregazione dei Riti e del Consilium del 29 dicembre 1966 rimproverava duramente chi mescolava la Messa con cene private, dicendo che "tendono fatalmente a dissacrare la liturgia" ed estende un "pressante invito" agli Ordinari a "reprimere abusi".
La lunga Istruzione Eucharisticum mysterium, pubblicata nel 1967 congiuntamente dalla Congregazione dei Riti e dal Consilium, cerca di contrastare molti abusi che coincidono con quelli affrontati anche dalla Redemptionis Sacramentum, e ancora altri come le ingerenze di fotografi durante la Messa, e il problema dei requisiti per le trasmissioni televisive. Tratta inoltre il modo di intendere la partecipazione "attiva" dei laici, il legame con il Sacramento della Penitenza, la promozione dell'adorazione eucaristica, ecc. ecc.
Trasformato il Consilium in Sacra Congregazione per il Culto Divino, nel 1970 il nuovo Dicastero emanava l'Istruzione Lìturgicae instauratìones, la quale segnala come altamente problematici la composizione privata di testi liturgici, l'invenzione di riti e di prassi abusive circa la materia dell'Eucaristia, ostacolando tali fatti il rinnovamento della liturgia con l'introdurvi il vento della secolarizzazione, se non mettendo addirittura in dubbio la validità del sacramento.
Non entro nel discorso dell'edizione postconciliare del Messale promulgato nel 1969-1970, o di quella dei Riti di Comunione fuori la Messa e dell'adorazione eucaristica (1973), che forniscono molte norme pratiche anche con copiose spiegazioni del perché dei singoli punti.
Prima di concludere questa rapida lista di documenti, è importante accennare a due testi pubblicati nel 1980. In quell'anno il Papa ha mandato a tutti i Vescovi la lettera Dominìcae Cenae, che tratta dell'Eucaristia. Due mesi dopo tale lettera fu seguita da un'Istruzione della S. Congregazione dei Sacramenti, Inaestimabìle donum. Il testo è breve, ma riprende di nuovo molti abusi già presi di mira, citando secondo la prassi romana anche i documenti precedenti.
Ecco, quindi, una continuità di metodo o prassi da parte della Santa Sede, e certamente anche di contenuto quando arriviamo al documento che ci interessa qui. Vale a dire che documenti della Santa Sede che si pubblicano con lo scopo di contrastare gli abusi liturgici non costituiscono una novità. Quasi fanno parte della storia della Chiesa in ogni epoca, e
comunque se ne sono visti non pochi negli ultimi cento anni.
Abbiamo riferito sul caso della lettera Dominicele Cenae del 1980, seguita a poca distanza di mesi dalla Inaestimabile donum, un'Istruzione della S. Congregazione dei Sacramenti, ambedue trattano dell'Eucaristia.
Ora, quanto all'Istruzione Redemptionis Sacramentum, anch'essa è uscita come complemento disciplinare di un documento firmato direttamente dal Papa, l'Enciclica Ecclesia de Eucharistia, datata Giovedì Santo, 17 aprile 2003. Al n. 52 il Papa dice di aver chiesto ai dicasteri competenti di preparare un documento più specifico, anche con richiami di carattere giuridico. Infatti, l'indicazione era stata già data anticipatamente prima dell'estate del 2002.
Perché il Papa vuole "richiami", addirittura anche "richiami di carattere giuridico" di fronte ad abusi?
Cosa significa parlare di "abusi liturgici"?
Certo, quando c'è una norma c'è inevitabilmente un abuso. E' un fatto umano. A parte gli spiriti contestatori che, quando vedono una norma, subito si sentono spinti a fare il contrario. Agli storici è utile lo studio delle leggi del passato che vietano prassi specifiche, perché di solito sono un'indicazione che in tale posto a quell'epoca tale prassi esisteva e quindi veniva contrastata dalla formulazione della legge. Se lo vietavano, presumibilmente c'era.
Non c'è dubbio che la stampa, anche di solito nell'ambiente cattolica, abbia tendenza a tacciare la Curia romana di una certa negatività. E' un giornalismo facile, che mira agli effetti immediati. Più c'è conflitto, più si vendono i giornali. Lo si vede anche nella politica profana. Dove c'è la democrazia infatti, c'è un sistema parlamentare che funziona non solo per grandi dibattiti, ma anche per mezzo di tanti incontri di carattere tecnico e tante perizie che permettono al tutto di funzionare. Se ne sente ben poco nei telegiornali. Nel caso della Curia romana il lavoro e le intenzioni sono misconosciute in buona parte della stampa. Eppure dove si esercita l'autorità, tocca alla fine a qualcuno dire no, o fare un richiamo.
DEGLI ABUSI?
Allora, come cogliere questo discorso degli abusi? La realtà è varia. Do alcuni esempi:
4. Ho conosciuto personalmente, una generazione fa, delle parrocchie, piccole, povere, dove il parroco non andava mai in vacanza. Dal reddito disponibile, egli non poteva pagare ad un sacerdote un onorario degno per sostituirlo una o più domeniche. E quindi non prendeva vacanze, perché non gli passava neppure per la testa di lasciare la sua gente senza la Messa. Forse era particolarmente eroico, forse esagerava. Risulta però che oggi non poche sono le parrocchie dove mancala Messa non perché non c'è un parroco, ma perché sta in vacanza e nessuno ha organizzato un sostituto. In altri posti la Messa non viene celebrata la domenica perché in tutte le attività pastorali il parroco fa il turno con qualche diacono e con dei laici. Anche a loro tocca qualche volta la domenica.
6. Poi, le tante concelebrazioni con ministri protestanti o con sacerdoti cattolici che hanno abbandonato la Chiesa cattolica per farsi pastore anglicano.
5. E1 un fatto pubblicamente noto che qualche anno fa, in certi paesi, gli assistenti pastorali, quindi laici, hanno minacciato di celebrare loro stessi l'Eucaristia in tutte le chiese cattoliche delle loro diocesi. I Vescovi sono riusciti a convincerli di non farlo, ma la minaccia era seria.
Per la natura del mio incarico presso la Congregazione per il Culto divino non mi è possibile in genere citare nomi, luoghi, date. Ho reso un po' generici questi esempi per tutelare la confidenzialità. Però non sono casi isolati, e penso che giungono cose simili a vari dicasteri romani e persino vengono riferite nella stampa.
Ho riferito pochi esempi di abusi che riguardano specificamente l'Eucaristia. Potrei darne tanti altri. Non si tratta di piccole infrazioni di piccole rubriche fatte da piccoli uomini. Molti vanno nella linea di un calo nel senso della necessità dell'Eucaristia: le diocesi che hanno annunciato che non si celebrerà mai più la Messa nei funerali, alcune fanno di tutto per scoraggiare l'adorazione eucaristica. Insomma, una politica del genere, di cui mi ha parlato un Vescovo: "Quando sono arrivato in diocesi, diceva, ho trovato in atto da anni una pianificazione, una promozione, verso una Chiesa senza sacerdoti".
Il disagio non si limita solo all'Eucaristia: per ciò che riguarda altri sacramenti, c'è, per esempio, il caso che si è potuto leggere qualche mese fa nella stampa internazionale: una parrocchia ove il parroco ha lasciato amministrare per oltre sei anni tutti i battesimi ad una donna che li ha celebrati invalidamente. Erano parecchi anni che stavano cercando un po' clandestinamente, e senza grande senso di urgenza, di rintracciare le 600 famiglie. Poi la stampa ha saputo la cosa e all'indomani il Segretario Generale della Conferenza ha rilasciato una dichiarazione per dire che non servivano allarmismi e che c'era sempre il principio "Ecclesia supplet". Il giorno successivo ha dovuto scusarsi.
Quindi ci sono abusi in giro. E abusi di non poca entità. Come può la Chiesa arrivare in qualche regione a rinunciare anche con una certa allegria alla celebrazione della Santa Messa? O come si può arrivare ad un punto dove per una categoria attiva, numerosa e strategicamente molto importante - chiave, direi - nella pastorale è una cosa indifferente se l'Eucaristia sia celebrata da un sacerdote o da un laico. Aggiungo che gli assistenti laici molto speso hanno un titolo universitario in teologia. Figuratevi, quindi, le facoltà!
Questo ci tocca a tutti quanti noi, uno ad uno. Non si tratta infatti di una semplice rubrica, una norma, qualcosa escogitata in un ufficio a Roma. Tocca il cuore di tutto ciò che è la Chiesa, la vostra vita - ognuno ha una sola vita - e voi, io - noi abbiamo deciso, per grazia di Dio, di dedicare la nostra al ministero sacerdotale - davvero non vale niente, è superflua?
Ora, tante persone prendono contatto con la Curia romana, compresi tanti sacerdoti e tanti Vescovi. Parlano del loro sconvolgimento e tristezza davanti a quanto hanno sperimentato specialmente riguardo agli abusi concernenti l'Eucaristia.
Alcune delle persone che scrivono lettere sembrano persone difficili, di cui un piccolo numero scrive ogni settimana. Alcuni appartengono ad associazioni tradizionaliste. Ma sarebbe ingiusto supporre che tutti siano pazzi o cattivi. In sostanza i fatti sono veri, confermati da tanti vescovi, e in sostanza sono in aumento gli abusi concernenti l'Eucaristia.
Comunque, qualcosa di tutto ciò è presumibilmente stato percepito dal Santo Padre, che ha dato indicazione alla Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti di preparare un documento d'intesa con la Congregazione per la Dottrina della Fede. L'espressione pubblica si trova nel n. 52 dell'Istruzione Redemptionis sacramentum.
ITER
II lavoro di preparazione aveva varie fasi. Non traccerò un'esatta cronologia in quanto i miei Superiori non l'hanno resa pubblica. Ma una parola sul tipo di lavoro posso spendere.
Sapete che una Congregazione romana è in realtà una specie di commissione, una volta di Cardinali, adesso con l'aggiunta di Vescovi di varie parti del mondo. In genere sono una trentina o una quarantina. Presiede la "Congregazione" in questo senso il Prefetto, anche lui Cardinale. Ma i membri non si raduno molto spesso: solo ogni 3, 4, 5 anni. Per i lavori quotidiani c'è una segreteria strutturata che fa capo ad un Arcivescovo. Sotto di lui ci sono Officiali di vari gradi, organizzati in vari gruppi. Hanno una preparazione in varie materie, tra cui la teologia, il diritto canonico, le lingue, ecc. Sono pochi, ma hanno molto lavoro. Non è raro incontrare Officiali che sono stati parroci, praticamente tutti hanno svolto un lavoro pastorale a pieno tempo. E' un gruppo internazionale.
L'essenziale del materiale dell'Istruzione Redemptionis Sacramentum proviene da un appello ai membri, di cui la maggioranza sono Vescovi diocesani in servizio. Gli abusi da loro segnalati sono stati sistemati in un documento latino e i dovuti controlli sono stati fatti in collegamento con il Codice, e le normative dei libri liturgici e dei vari documenti del Magistero. Chi studia il testo, troverà moltissime citazioni implicite di vari documenti disciplinari. E' così che si fa un documento pontifìcio. L'esatta formulazione, dove non è un'esplicita citazione dell'Enciclica, del Codice, dell1'Institutio Generalìs del Messale, ecc. ha tenuto in conto le posizioni prese soprattutto dalla Congregazione per il Culto divino, dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, e anche dalla Congregazione per il Clero in varie circostanze. Le redazioni principali sono state esaminate e commentate da tutti i Membri delle due Congregazioni, anche in un incontro appositamente convocato.
Quanto alla precisa redazione, il testo è stato curato principalmente da un comitato congiunto della Congregazione per il Culto divino e della Congregazione per la Dottrina della Fede, studiato e poi approvato dai Superiori delle due Congregazioni. Sono anche stati consultati vari esperti da parte delle due Congregazioni.
Tutto questo lavoro ha preso più di un anno e mezzo.
Nel corso dell'estate è stato infranto il segreto pontificio comunicando il documento a non pochi giornali. Qualcuno ha addirittura fatto una traduzione italiana, la quale in parte conteneva dei seri errori.
Contrariamente a quanto affermato da qualcuno, il Santo Padre l'ha letto personalmente e l'ha approvato nel giorno indicato: 19 marzo 2004.
L'ORIZZONTE DEL DOCUMENTO
Quanto al contenuto, qui vorrei solo sottolineare che il testo dell'Istruzione Redemptionìs Sacramentum, come i precedenti documenti, cerca di dare una motivazione.
Ora, come motivare? Non si può comunicare al pubblico esempi del tipo che ho dato a voi stamattina, lo si capisce. Sconvolgerebbero troppe persone. Poi, dei rimproveri troppo duri susciterebbero una reazione tutt'altro che sottomessa.
Quindi, nello spirito dell'appello del Papa, l'Istruzione mette enfasi su quanto si rischia per la Chiesa se si commettono
abusi che toccano l'Eucaristia. In quanto si derivano sostanzialmente dall'Enciclica, non entreremo qui in una considerazione dettagliata.
Ma nella stessa linea, in moltissimi casi si tenta di dare una spiegazione motivante delle singole norme. Questo è un approccio ispirato in parte anch'esso dall'Enciclica. Però è inoltre una tecnica adoperata dopo il Concilio, ad esempio, nell’Institutio Generalis Mìssalìs Romani. "Institutio" vuoi dire a volte qualcosa come "statuto", "ciò che è stabilito" e anche "educazione". Infatti si nota che l’Institutio Generalis non è solo un insieme di norme, ma intende essere uno strumento pedagogico, per far capire. Lo stesso spirito prevale nelle intenzioni dell'Istruzione Redemptionis Sacramentum.
In questo senso l'Istruzione si colloca fermamente all'interno dei documenti del grande rinnovamento della Liturgia che hanno fatto seguito alla Costituzione Sacrosanctum Concilium, ed è in sintonia con gli stessi libri liturgici.
Mi piacerebbe, inoltre, attirare l'attenzione su alcuni elementi sui quali non ho visto personalmente nessun commento nelle riviste o nella stampa. Sono anch'essi collegati con la nozione di motivare la buona prassi.
Mi riferisco innanzitutto a quanto dice il n. 10. Qui si fa di nuovo accenno ad un tema che è apparso in diversi documenti della Santa Sede in questi anni ~ nella frase di Redemptionis Sacramentum:
La stessa Chiesa non ha alcuna potestà rispetto a ciò che è stato stabilito da Cristo e che costituisce parte immutabile della Liturgia. Se fosse, infatti, spezzato il legame che i sacramenti hanno con Cristo stesso, che li ha istituiti, e con gli eventi su cui la Chiesa è fondata, ciò non sarebbe di nessun giovamento per i fedeli, ma nuocerebbe loro gravemente (RS 10).
Si è abituati a citare il Concilio e altre fonti che riconoscono il fatto che bisogna fare distinzione tra l'immutabile e il mutabile nella liturgia. Da qui si tira abitualmente la conclusione che si possono introdurre dei cambiamenti nella liturgia. Raramente si tira l'altra conclusione logica, vale a dire che certe cose nella liturgia non possono essere cambiate.
Come secondo punto mi piacerebbe sottolineare come l'Istruzione insiste sul fatto che "dell'afflato e dello spirito" della stessa sacra Scrittura "sono permeate" appieno "le preghiere, le orazioni e gli inni e da essa derivano il loro significato le azioni e i segni sacri" (RS 20; cf. SC 24; cf. VL 19 e 23; IGMR 391). Cioè, come motivazione contro l'abuso, conviene ricordarsi, prima di giudicare un testo liturgico inutile e mettersi a stendere in cinque minuti qualcosa di meglio, che i testi liturgici attingono alle bellezze delle Sacre Scritture, qui una parola, qui una frase. Non solo, ma anche i segni visibili, "di cui la sacra Liturgia si serve per significare le realtà divine invisibili, essi sono stati scelti da Cristo o dalla Chiesa" (RS 9; SC 33) e sono per la maggior parte sostenuti dalla tradizione biblica.
Il terzo punto che desidero sottolineare in rapporto con il nostro tema si trova di nuovo al n. 9 dell'Istruzione: "le strutture e le forme delle sacre celebrazioni, secondo la tradizione di ciascun rito sia d'Oriente sia d'Occidente, sono in sintonia con la Chiesa universale anche per quanto riguarda usi universalmente accolti dalla ininterrotta tradizione apostolica" (RS 9; VL 26; IGMR 397). Cioè, ci sono alcuni elementi della liturgia che si trovano in tutte le grandi liturgie storiche della Chiesa. Le loro origini sono qualche volta oscure, ma non è escluso che risalgono ai tempi degli apostoli. Non possono essere modificati solo per un cambiamento di umore nel celebrante.
Il quarto punto da far risaltare in questa relazione riguarda più propriamente il Rito romano. L'accenno principale non sta nella Redemptionis Sacramentum, ma nell’Institutio Generalis del Messale (n. 397): II Rito romano ha saputo accogliere tanti elementi da altre liturgie nel corso dei secoli, tanto da avere sotto un certo profilo un carattere sopraculturale o pluriculturale. E' una sintesi anche di importanti elementi orientali, non solo nei Riti (Kyrie, Agnus Dei), ma anche nel calendario (le feste della Madonna 2.II, 25.111, 15.VIII, 8.IX, 21.XI), nei canti (Venerdì Santo), ecc. Già non è più una liturgia semplicemente locale, ma rappresenta in qualche maniera una specie di assenso mondiale. Va cambiata solo con cautela e certamente non da uno qualsiasi. E' il complesso discorso dell'unità sostanziale del Rito romano voluta dal Concilio Vaticano II
A qualcuno queste considerazioni non dicono niente, ma specialmente ai sacerdoti che si sono impegnati nello studio e che hanno tenuto vivo il loro interesse, può fornire una pista di riflessione personale e magari di insegnamento o almeno di catechesi e predicazione.
Comunque sia, l'Istruzione intende dirci, accanto a tutte le considerazioni delle scelte pastorali, dell'adattamento, e dell'inculturazione, c'è anche il "compito proprio della Chiesa" di "trasmettere fedelmente e con cura alle future generazioni" il patrimonio dei sacramenti. "Tutto ciò", dice l'Istruzione, "viene sapientemente custodito e salvaguardato dalle norme liturgiche".
LA REAZIONE
La reazione è stata piuttosto diversificata. La Santa Sede ha ricevuto molte lettere di ringraziamento. Qualcuno ha scritto mandando i Superiori della Congregazione per il Culto divino a quel paese. Già prima della pubblicazione vi sono state tante critiche. Noto che nella stampa molti lettori laici e sacerdoti hanno difeso il documento. Molti Vescovi ne hanno distribuito il testo. La mia personale speranza è questa: che chi è capace di abbandonare i cliché, le frasi fatte, ragionare con se stesso e allo stesso tempo amare la Chiesa capirà che qui c'è molto in gioco. Non sarà certo l'Istruzione Redemptìonis Sacramentum a salvare il mondo. E' senz'altro un documento perfettibile come è perfettibile ogni opera umana, ma ha il merito di essere stato preparato sotto l'ubbidienza e di puntare, anche balbettando, verso realtà grandi, bellissime, e anche salvifiche.