La rimozione e il trasferimento di un parroco
Prof. Julian Porteous - Sydney
A prima vista il tema della rimozione e del trasferimento di un parroco non sembra attinente al suo servizio. A che cosa può servire rimuoverlo dal suo ufficio pastorale?
Tuttavia, i canoni importanti (1740-1752) vanno compresi e applicati sullo sfondo della più ampia realtà pastorale e teologica del rapporto corretto fra il Vescovo diocesano e il parroco. Ora, affronterò alcuni aspetti importanti di questo rapporto, attingendo a documenti del Concilio Vaticano II e all’Esortazione Apostolica post-sinodale di Giovanni Paolo II Pastores gregis.
Secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II, una Diocesi è descritta correttamente in termini di rapporti. Le relazioni che ci interessano sono quelle che intercorrono fra il Vescovo diocesano, i parroci e il popolo affidato alla loro sollecitudine pastorale. Una Diocesi è "è una porzione del popolo di Dio, che è affidata alle cure pastorali del Vescovo coadiuvato dal suo presbiterio" (Christus Dominus, n. 11; vedi anche Pastores gregis, n. 47 e canone 369). Il rapporto fra il Vescovo diocesano e i suoi sacerdoti è al servizio dei fedeli. Vescovi e sacerdoti condividono la sollecitudine pastorale verso i fedeli di Cristo e devono collaborare per il bene delle anime.
"Non è senza ragione che il decreto conciliare Christus Dominus, offrendo la descrizione della Chiesa particolare, la indica come comunità di fedeli affidata alla cura pastorale del Vescovo "cum cooperatione presbyterii". Esiste, infatti, tra il Vescovo e Cristo e pertanto, anche se in grado diverso, in virtù dell’unico ministero ecclesiale ordinato e dell’unica missione apostolica" (Pastores gregis, n. 47).
Parimenti, la parrocchia è descritta come una comunità di fedeli affidati alla sollecitudine pastorale di un parroco, sotto l’autorità del Vescovo (Christus Dominus, n. 28, canone 515). I padri del Concilio Vaticano II hanno sottolineato che il parroco non è un delegato del Vescovo diocesano, ma un Pastore proprio della comunità parrocchiale (Christus Dominus, n. 28, canone 519).
Tradizionalmente la stabilità è un elemento importante dell’ufficio del parroco (canone 522). Il canone utilizza il termine "opportuno " . La stabilità dell’ufficio del parroco non è solo importante, ma necessaria affinché possa esercitare il suo ministero pastorale.
Il rapporto, dunque, non è essenzialmente giuridico, ma pastorale e riflette la communio sacramentalis. Vescovi e sacerdoti sono "cooperatori" e il canone 384 parla di "particolare sollecitudine" del Vescovo per i propri presbiteri che deve ascoltare come "aiutanti" e "consiglieri".
Papa Giovanni Paolo II ha spiegato questo rapporto nei seguenti termini: "Il Vescovo cercherà sempre di agire con i suoi sacerdoti come padre e fratello che li ama, li ascolta, li accoglie, li corregge, li conforta , ne ricerca la collaborazione e, per quanto possibile, si adopera per il loro benessere umano, spirituale, ministeriale ed economico" (Pastores gregis, n. 47).
Nella Pastores gregis Papa Giovanni Paolo II ha parlato di due momenti speciali nel rapporto fra il Vescovo e il sacerdote. "Il primo quando il Vescovo gli affida un mandato pastorale…per il Vescovo stesso, il conferimento di un nuovo mandato pastorale è un momento significativo di paterna responsabilità nei riguardi di un suo presbitero".
L’altro momento speciale "è quello in cui un sacerdote, a motivo dell’età avanzata, lascia l’effettiva guida pastorale di una comunità oppure gli incarichi di diretta responsabilità". Qui, il Papa sottolinea l’importanza del Vescovo affermando che il sacerdote ha ancora un ruolo importante, ma diverso da svolgere nella sollecitudine pastorale dei fedeli.
Papa Giovanni Paolo II ha poi affrontato una situazione più difficile sia per il sacerdote sia per il Vescovo, che porta direttamente a una considerazione dei canoni sulla rimozione e il trasferimento di un parroco "Ai sacerdoti, poi, che si trovano nella medesima situazione a motivo di una malattia grave, o per un’altra forma di persistente debilitazione, il Vescovo farà sentire la propria vicinanza fraterna, aiutandoli a conservare viva la convinzione di "essere membri attivi nell’edificazione della Chiesa e specialmente in forza della loro unione a Gesù Cristo sofferente e a tanti altri fratelli e sorelle che nella Chiesa prendono parte alla Passione di Cristo" ".
Può accadere che il Vescovo, tenendo conto delle esigenze del sacerdote, ma anche delle esigenze del gregge a lui affidato, debba prendere in considerazione un processo canonico per rimuovere il parroco dal suo ufficio. Nella seconda sessione che mi è stata assegnata affronterò i canoni più dettagliatamente.
Non mi prefiggo lo scopo di analizzare i canoni, ma quello di considerarli dal punto di vista del sacerdote al quale il Vescovo propone la rimozione o il trasferimento. I canoni riflettono in vari modi la preoccupazione della Chiesa per il benessere del sacerdote.
Il Vescovo deve procedere nello spirito del giusto rapporto che abbiamo delineato in precedenza, come padre e fratello. Se possibile, dovrebbe rassicurare al sacerdote che il processo si svolgerà nel suo interesse e in quello dei parrocchiani a lui affidati.
I motivi della rimozione o del trasferimento devono essere obiettivamente seri e il Vescovo si avvarrà di consulenti pastorali per discernere la serietà delle motivazioni. I canoni sottolineano che potrebbe non esserci alcuna colpa da parte del sacerdote.
La collaborazione di altri membri del presbiterio è necessaria. Il processo può essere la conseguenza di una crisi di quel sacerdote particolare o l’inizio del processo potrebbe causare un periodo di crisi nel sacerdote. E’ importante che in quel momento sperimenti in modo reale e pratico che è membro del presbiterio. A questo fine il Vescovo sceglierà sacerdoti permeati di quello stesso spirito pastorale che possano accompagnare e incoraggiare il sacerdote in questo periodo di crisi, che molto probabilmente proseguirà anche a processo terminato.
E’ auspicabile che il sacerdote possa avere accesso a un’assistenza canonica competente cosicché possa essere consapevole dei suoi diritti. Il Vescovo potrebbe avere bisogno di esortare il sacerdote a farsi assistere da un esperto in Diritto Canonico fuori dalla Diocesi. Con un gesto fraterno di sostegno il Vescovo potrebbe assicurarlo del fatto che si farà lui carico dei costi per l’assistenza legale al di fuori della Diocesi. La giustizia e il processo richiedono che il sacerdote sia coinvolto nel processo e venga ascoltato. A questo fine si cercheranno persone imparziali e che hanno a cuore il bene generale della Chiesa affinché seguano il processo e riferiscano a entrambe le parti se si sta svolgendo un processo equo.
Se fosse possibile bisognerebbe offrire un altro incarico pastorale che dovrebbe avere necessariamente una natura molto limitata, ma potrebbe essere di grande importanza per il benessere emotivo e spirituale del sacerdote. Lo aiuterà a comprendere che sta ancora esercitando attivamente il proprio sacerdozio per il bene della Chiesa. Lo aiuterà anche a mantenere la sua stima nel presbiterato con il quale continua a cooperare insieme al Vescovo per il bene della Diocesi e di tutta la Chiesa.
Anche se le motivazioni per la rimozione devono essere obiettive, deve essere tutelato il delicato equilibrio fra la necessità di tutelare la riservatezza del sacerdote (canone 220) e la comunicazione chiara delle cause della rimozione. Ciò diventa particolarmente delicato e difficile in alcune società e nazioni come l’Australia a causa dell’interesse dei mezzi di comunicazione sociale per le questioni ecclesiali. Purtroppo tale interesse tende a mettere in evidenza tutto ciò che è negativo, in particolare ciò che si può presentare come scandaloso.
Il Vescovo provvederà a prendersi cura del sacerdote spiritualmente, emotivamente e fisicamente. Potrebbe avere bisogno di aiuto professionale. A questo fine tornerà molto utile al Vescovo o più efficacemente alla Conferenza Episcopale creare una struttura che possa fornire assistenza professionale ai sacerdoti che ne hanno bisogno. L’istituto Encompass, un progetto dei Vescovi australiani, ne è un esempio.