La sacralità del convito eucaristico espressa nelle arti figurative
Prof. Silvio Cajiao, Bogotà

 

È innegabile che il contributo della visione cristiana della cultura (e quindi della vita umana) ha arricchito in misura notevole la tradizione millenaria dell’occidente e che, nonostante questa abbia avuto i suoi natali nel mondo classico greco-romano, è fuori discussione che il processo di inculturazione e di assimilazione del cristianesimo, il quale proveniva da un altro ambito, quello orientale, ha fatto sorgere in questo emisfero una nuova visione del mondo e della vita umana.

     Lungo i secoli questo contributo si è manifestato prima attraverso un processo di adattamento all’esistente, poi mediante creazioni originali visibili soprattutto nell’architettura, ma anche nelle arti figurative, che hanno riempito i grandi ambienti delimitati a poco a poco dalla creazione di spazi sacri. Troviamo quindi un’arte incipiente già nelle catacombe e poi nelle aree donate dall’impero per le basiliche e persino nelle chiese edificate dai fedeli nella terra stessa di Gesù. Sopraggiungeranno poi l’arte romanica e quella gotica, il rinascimento e l’apparente rottura della tradizione culturale con l’arrivo della modernità.

     Tra le rovine della Terrasanta troviamo allusioni al nostro tema... Come non evocare Tabgha, sulla riva del mare di Galilea, il cui mosaico addita la cesta dei pani e i pesci della moltiplicazione come una chiara allusione al «pane di vita» moltiplicato dal Maestro e alla decisiva discussione riportata dall’evangelista Giovanni. Poi saranno gli artisti medievali e rinascimentali a sviluppare il tema. Chi non è rimasto colpito dall’Agnello mistico dipinto dai fratelli Jan e Hubert van Eyck per l’altare maggiore della cattedrale di Gand (1432)? La scena è incentrata sull’adorazione da parte di tutta la corte celeste dell’Agnello immolato dell’Apocalisse che, posto sull’altare, versa il sangue della Nuova alleanza in un calice. Come dimenticare, poi, l’affresco di Raffaello (1510-1511) sulla Disputa del Santissimo Sacramento nella Stanza della Segnatura in Vaticano, al cui centro campeggia l’Eucaristia?

     Il sacramento è stato fonte di ispirazione anche per gli artisti che hanno rappresentato l’«ultima cena», la cui raffigurazione quasi esemplare è quella di Leonardo da Vinci, oppure l’incontro tra il Signore risuscitato e i discepoli di Emmaus, i quali lo riconobbero al momento della frazione del pane, gesto che costituisce un’allusione all’Eucaristia evidente per la comunità primitiva e per quella attuale.

     Nell’ambito latinoamericano, la nascita del «barocco latinoamericano» o arte gesuitica si è rispecchiata nelle chiese coloniali, le quali presentano nei loro retablo, negli altari maggiori e nelle cappelle laterali, migliaia di allusioni eucaristiche, le quali nell’abbinamento fra l’oro e il vermiglio esprimono il dolore della passione e il trionfo della gloria della risurrezione del Signore, cioè il mistero che si celebra sull’altare. Cosa possiamo dire sugli ostensori che proponevano il Santissimo Sacramento all’adorazione dei fedeli e che indirizzavano, in una abbondanza splendida di oro e di gioielli, la devozione al Signore dei Signori? Ricordiamo, ad es., la cosiddetta Lechuga «lattuga» di Bogotà, per il suo colore verde, dovuto al bagno di polvere di smeraldo, già appartenuta alla chiesa di Sant’Ignazio e attualmente esposta nel Banco della Repubblica. E non parliamo degli altari, semplici e improvvisati, che ancora ai giorni nostri vengono allestiti nei paesi per l’adorazione del Santissimo il giorno del Corpus Domini.