La “misura alta” della nostra vocazione

(meditazione sul sacerdozio)

S.E.R. Mons Mauro Piacenza

 

Basilica di Santa Maria Maggiore, S. Messa di Ordinazione Diaconale e Presbiterale.

Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, Sabato, 21 giugno 2008

 

Omelia di S. E. R. Mons. Mauro Piacenza, Arcivescovo tit. di Vittoriana, Segretario della Congregazione per il Clero

 

Sia lodato Gesù Cristo!

 

Carissimi Ordinandi,

Rev.di Confratelli nel sacerdozio,

Cari fedeli tutti,

 

Rivolgo a voi il mio più cordiale saluto, molto lieto che la Divina Provvidenza mi abbia condotto oggi a presiedere questa Eucaristia, al termine della quale nessuno, dei presenti, sarà più autorizzato a dire di non aver mai visto un miracolo, nel corso della propria esistenza!

Infatti, tra qualche istante, assisteremo esattamente ad un “miracolo”: per la potenza dello Spirito Santo, la preghiera consacratoria della Chiesa e l’imposizione di queste mie povere mani, degli uomini, per quanto virtuosi e preparati, ma sempre limitati e peccatori, verranno ontologicamente configurati a Cristo, Unico ed Eterno Sacerdote, per mezzo del Quale «la grazia di Dio e il dono concesso in grazia [...] si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini» (cf. Rm 5,15).

Non paia eccessivo l’utilizzo della categoria del “miracolo”, per esprimere una realtà che, se più comunemente è detta “sacramentale”, in realtà, per essere accolta in tutta la sua straordinaria efficacia e potenza salvifica, domanda che superiamo, illuminati dalle Sacre Scritture e dal Magistero ecclesiale, gli stretti, e talora angusti, spazi della moderna razionalità, per “allargare la ragione” all’accoglienza e, per quanto umanamente possibile, alla comprensione del Mistero che, quotidianamente - ed oggi in maniera del tutto speciale - fa irruzione nelle nostre umane esistenze.

In un contesto secolarizzato, dove tutto congiura a “tacere di Cristo”, o a porlo nel pantheon del fantomatici “valori” sfumati, ironizzati e relativizzati, questi uomini, che oggi riceveranno il Sacro Ordine del diaconato e del presbiterato, testimoniano, nella certezza e nella letizia, nell’eloquenza delle loro esistenze e nella totale dedizione, la Verità, la Bellezza e, soprattutto, la Presenza del Mistero nel mondo.

Solo per un “Mistero presente”, per un Dio Incarnato, fatto uomo, è possibile donare tutta la vita, con umana ragionevolezza, avvertendo che nulla è tolto all’uomo, ma tutto è donato, con trasfigurata abbondanza e mai così ragionevolmente accoglibile evidenza.

La Chiesa sceglie, per il Sacro Ordine, coloro che hanno ricevuto, da Dio, il carisma del celibato, perché la verginità, intesa come donazione totale, è la più grande testimonianza che un uomo possa dare a Cristo Signore, in questa vita terrena.

Più grande della verginità c’è soltanto il martirio!

Per questa ragione, ben oltre e ben di più che per mere opportunità disciplinari o pastorali, queste sono solo la logica conseguenza di premesse maggiori, la stessa efficacia della testimonianza sacerdotale è inscindibilmente legata al Sacro celibato.

Guardando al Sacerdote, ciascun fedele può, e deve, riconoscere un “uomo di Dio”, un uomo totalmente dedito a Dio: anzitutto un uomo per il quale Dio venga prima di ogni cosa e, conseguentemente, un uomo guardando il quale, risulti evidente che Dio viene prima di ogni cosa.

Il Popolo santo, a cui sarete inviati, attende questo da voi, Carissimi Ordinandi: prima che tutte le vostre buone, belle ed utili qualità personali, pure indispensabili e che, in fondo, vi hanno permesso di essere qui oggi, abbiate sempre presente che gli uomini di questo nostro tempo, attendono da voi che mostriate loro Cristo. Essi non si aspettano dai Sacerdoti un’inutile “rincorsa del mondo”, uno “scimmiottamento” dei suoi metodi o contenuti, ma che siamo uomini dell’Assoluto. Noi non corriamo dietro al mondo e alle sue stagioni effimere, ma corriamo solo dietro a Cristo e così, e solo così, serviamo la società e ogni uomo.

Nella vostra umanità, nel modo di usare la vostra intelligenza, nella vostra capacità di reale e verginale affezione, nella vostra dedizione, nella capacità di lavoro, anche intenso e talora perfino quasi totalizzante, senza mai cedere alle rovinose tentazioni del funzionalismo e dell’attivismo e ben saputo che l’anima di ogni apostolato è l’intimità divina, mostrate, all’uomo di oggi, che è ancora possibile incontrare una risposta alle domande fondamentali del cuore; mostrate che è ancora possibile non interpretare, questo breve passaggio terreno, come una disperata corsa dalla culla alla tomba; mostrate che l’uomo ha un’origine infinita, nel mistero dell’Amore di Dio. Siate eloquente testimonianza del fatto che se «due passeri non si vendono per un soldo, eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre [...] lo voglia» (cf. Mt 10,29), ciò vale, molto di più, per l’uomo, creato ad immagine di Dio e chiamato a divenire, in un processo di progressiva personalizzazione, sempre più Sua somiglianza.

Siate consapevoli che, quanto oggi accade, è innanzitutto, anzi esclusivamente, un dono. Sappiamo bene infatti, che “nessuno può attribuire a se stesso questo onore” (Cf. Eb 5,1-4) se Dio non lo chiama. Abbiate allora l’atteggiamento di chi è consapevole, in ogni istante della vita, che «perfino i capelli del [...] capo sono tutti contati» e per questo «non abbiate [...] timore» (cf. Mt 10,30).

Voi, che già appartenete a Cristo, in forza del Santo Battesimo, da oggi sarete, in modo specialissimo, “sua terra”, luogo della sua dimora, ed Egli sarà “vostra eredità e vostro calice”.

Se gli uomini, ai quali oggi siete inviati, vedranno di voi, il fatto che, innanzitutto, siete di Cristo, e questo nel vostro stile, nel vostro modo di guardare alla realtà, di giudicare, con gli occhi della fede, eventi e persone, nel vostro stesso vestire - ciò è ben meno secondario di quanto non si pensi - allora sarete eloquentemente “presenza” di Cristo nel mondo.

In ogni tempo, ma particolarmente in questa cultura, che respiriamo ogni giorno, gravemente secolarizzata e caratterizzata dal relativismo, dal soggettivismo e da un “buonismo” falsamente irenico che, come macro-effetto, hanno solo quello di rendere tutto indifferenziato e grigio, senza né luce né sale evangelici e senza autentico, incandescente slancio missionario, il ministero sacerdotale, non avrebbe alcun significato, senza Cristo Signore; risulterebbe completamente incomprensibile, quanto accade in questi minuti, in questa Basilica, prescindendo da Lui.

Per questa evidente ragione, è assolutamente necessario che tutti i ministri ordinati, Diaconi, Sacerdoti e Vescovi, vivano una profonda e personale dimensione cristocentrica.

Unicamente riconoscendo, in Gesù Cristo, il centro e la ragione, non solo del nostro agire, ma del nostro stesso essere, sarà possibile confidare nella permanenza, per tutta la vita, anzi per l’eternità, della trepidante letizia di queste ore!

Una centralità, quella di Cristo, che esalta la nostra umanità, trasformandola profondamente e, soprattutto, trasformando i criteri di giudizio del mondo e della storia. Per chi appartiene a Cristo, l’obbedienza, che tra breve prometterete, non è una mortificazione della libertà, ma piuttosto una sua dilatazione: il Ministro Sacro, è talmente “più libero”, degli altri uomini, da non aver più bisogno, per affermare se stesso, di obbedire unicamente alla propria volontà, ma sa “far propria” la volontà di un altro, nella quale riconosce, liberamente e realmente, il Disegno provviso del Signore.

Così le cause seconde non saranno più ostacolo bensì motivo di approfondimento della fede e di merito, che si fissa per l’eternità.

Proprio questa “dilatazione della volontà” nell’Obbedienza, eco diretta della “dilatazione della ragione” nella fede, è il fondamento dell’agire comunionale del Ministro di Dio, nella concreta Fraternità Sacerdotale dei Missionari di san Carlo Borromeo, alla quale il Signore vi ha chiamati.

Un agire che, progressivamente, deve essere capace, nel rispetto delle legittime qualità di ciascuno, di superare la tentazione del protagonismo individuale e del ministero “soggettivamente interpretato”, nella lucida e ferma certezza che solo la motivata, limpida ed obbediente appartenenza alla Chiesa, specialmente ed ultimamente rappresentata dalla persona e dal magistero di Pietro, è garanzia di efficacia pastorale e missionaria.

Così si sta immersi nell’affascinante mistero della Chiesa, della Chiesa di sempre e della Chiesa intera, senza barriere di tempo e di fasi: pellegrinante e celeste.

L’efficacia pastorale e missionaria - è doveroso riconoscerlo - non si fonda, né mai potrebbe, sulle nostre povere forze umane, ma sulla potenza di Dio, che associa i suoi Sacerdoti, ogni giorno, al proprio Sacrificio di Sostituzione Vicaria, per la salvezza delle anime e per il vero bene del mondo.

Proprio una tale disponibilità, ad essere “vittima sacrificale” per i fratelli, documentata concretamente nella virtù, sempre attuale, dell’umiltà, che vede noi diminuire perché Egli cresca, è la “misura alta” della nostra vocazione: disponibilità che diviene reale capacità, solo per la potenza della grazia santificante, quella peculiare grazia di stato che, tra qualche istante, lo Spirito Santo effonderà potentemente ed abbondantemente su ciascuno di voi.

Fratelli carissimi, oggi “il Signore visita il suo Popolo”, mostrandoci, ancora una volta, la Sua prossimità, il Suo essere l’Emmanuele, il Dio-con-noi.

Oggi ci è donato l’olio della letizia e della consolazione; anche per quanto accade oggi, possiamo affermare che è ancora possibile sperare; e noi speriamo, siamo uomini di reale speranza e non semplicemente “ottimisti”, noi siamo uomini di speranza, perché fondiamo il nostro cammino su Cristo.

 

Maria Santissima, “di speranza fontana vivace”, come ha ricordato alla Chiesa tutta, l’amato Mons. Luigi Giussani, di santa memoria, che in questo istante gioirà dal paradiso, Maria tenga, nel proprio Cuore Addolorato e Immacolato, ciascuno degli ordinandi.

Voi, carissimi figli, affidate, alla tenera intercessione di Maria, ogni vostra esigenza, ogni vostra gioia, ogni trepidazione.

Sappiate scoprire, in Lei, la prima potente difesa del vostro Sacerdozio, il primo riparo, rifugio e conforto.

Siamo in questa straordinariamente bella e veneranda Basilica Romana; la prima, della storia cristiana d’occidente, dedicata al culto della Beata Vergine Maria! Come nell’immacolato grembo della Madre di Dio, prese forma la carne di Gesù di Nazareth, Signore e Cristo, Unico, Sommo ed Eterno Sacerdote dell’umanità, così ora siete pure voi, nel seno di Maria, costituiti Sacerdoti di Cristo! Questo seno è la Chiesa stessa, in quell’inscindibile rapporto, di sponsalità e maternità, che essa vive con Cristo e con ogni Sacerdote.

Ciascuno di noi è sempre chiamato ad avere un grande amore per la Madre del Signore, alla quale Gesù stesso ci ha affidati, conoscendo sia il nostro limite, sia, soprattutto, la potenza dell’intercessione e la vigilanza amorevole della Santissima, Sua e nostra, Madre. PrendeteLa con voi, prendeteLa nella vostra casa!

 

Sia lodato Gesù Cristo!