Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro-Squillace

 

XXIV Colloquio internazionale di Mariologia

Santuario “Santa Maria della Grazie”

Domenica 28 settembre 2008

 

S. Messa in onore di

“Maria Vergine sostegno e difesa della nostra fede”

 

Omelia di S. E. R. Mons. Mauro Piacenza

Arcivescovo tit. di Vittoriana

Segretario della Congregazione per il Clero

 

Sia lodato Gesù Cristo!

 

Eccellenza Carissima (Antonio Ciliberti)

Rev.di e Cari confratelli nel sacerdozio,

Cari fedeli,

 

Rivolgo a voi il mio più cordiale saluto, lieto di essere chiamato a presiedere questa Concelebrazione Eucaristica, all’inizio del XXIV Colloquio internazionale di Mariologia, celebrato presso questo Santuario Diocesano, dedicato alla Beata Vergine “Maria delle Grazie”, in occasione del 150mo anniversario della consacrazione.

 

L’occasione del Colloquio internazionale ed il tema oggetto del medesimo, mi fanno immediatamente pensare alla ragione profonda del nostro convenire in questo luogo. È un “radunarsi” non meramente umano, o semplicemente determinato da legittimi interessi culturali e teologici; è innanzitutto, un “essere convocati”, un essere “chiamati ad un esperienza” non esclusivamente culturale, nel senso intellettuale - o, per carità!, intellettualistico -  del termine, ma profondamente spirituale.

Cari fratelli, in questi giorni siete chiamati a “stringervi attorno a Maria Santissima”, quasi come una prosecuzione spirituale del gruppo degli Apostoli, che, nel cenacolo, erano riuniti con Lei in preghiera, in attesa del dono dello Spirito, per la missione. Sia questo il profondo atteggiamento di fede con il quale si apre il Colloquio, nella piena e lucida consapevolezza della “vocazione ecclesiale del teologo”, il quale, nello svolgere un delicato, prezioso ed essenziale servizio all’intelligenza del dato rivelato, è sempre ed innanzitutto un uomo di fede.

 

Guardare a Maria, significa essere continuamente chiamati ad imitare il Suo sguardo di fede sulla realtà. La Vergine è Colei che, in tutte le circostanze, anche le più drammatiche, ha saputo riconoscere e leggere l’agire potente di Dio nella storia e nel tempo.

Dal mistero dell’Annunciazione, nel quale il Signore Le rivela il disegno inatteso, ed umanamente inconcepibile, di divenire “la Madre del Salvatore”, fino all’itinerario profondamente spirituale alla sequela del Figlio, che vedrà il suo culmine, nel dramma della Crocifissione, Maria è, per tutti gli uomini, modello di fede.

Stabat Mater dolorosa! Sotto la Croce, la Beata Vergine Maria, associata, per singolare predilezione del Signore, alla passione redentrice del Divin Figlio, è al contempo “profezia e realizzazione” di ogni possibile itinerario spirituale umano.

Per Colei che è Madre, innanzitutto nella carne, il dramma della Croce è un vero “dramma umano”, una prova inaudita, nella quale la Vergine “sta”, con fede salda. L’esperienza pastorale e la conoscenza del cuore umano, ci dicono quale dramma sia, per un genitore, veder morire il proprio figlio. A Maria non è stato risparmiato un tale dolore, come punto acme della propria esperienza di fede. Con Lei, e dopo di Lei, l’umanità intera ha imparato, ed impara, per mezzo della testimonianza cristiana, che la Croce non è la negazione dell’umano desiderio di compimento, né un limite strutturale ed inevitabile, comunque da attraversare. La prova, anche la più ardua, è “passaggio” ad una fede nuova, più salda, più autentica, totalizzante e, in fondo, più umana.

Di questa fede siamo chiamati a divenire partecipi! Una fede che si documenta come l’esperienza di un incontro “che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”, come ha chiaramente ricordato il Santo Padre Benedetto XVI, nell’incipit della sua prima enciclica, Deus caritas est.

Una fede che, proprio perché esperienza umanamente rilevante, e non semplicemente ideale o astratta, ha la pretesa di essere totalizzante. Per l’intercessione potente della Beata Vergine Maria, e guardando a Lei come modello, possiamo mendicare, anche per le nostre esistenze, un tale sguardo di fede, innanzitutto su noi stessi.

L’esperienza del limite e del peccato, il quale, per quanto volontariamente e tenacemente evitato, è sempre accovacciato alla porta di ciascuno, ci suggerisce che il primo sguardo, e per conseguenza giudizio, di fede, deve essere dato sulle nostre stesse persone e sull’oggettiva sproporzione tra la fragilità della nostra condizione e la Grazia di cui siamo stati fatti oggetto. Sia la Grazia battesimale, sia quella legata al Sacramento dell’Ordine, fanno di noi dei “cantori della misericordia”, consapevoli del dono ricevuto e, conseguentemente, capaci di guardare innanzitutto a se stessi, come Maria, con uno sguardo di fede.

Quale stupore deve aver colto la giovane fanciulla di Nazareth, all’annuncio dell’Angelo, alla scoperta del disegno di Dio, sulla sua piccola e nascosta esistenza!

Quale stupore coglie, carissimi fratelli, le nostre esistenze? Quale sguardo di fede siamo capaci di avere di fronte alla proporzione oggettiva tra la grazia incommensurabile di essere stati chiamati a divenire partecipi della vita divina, e la nostra povera condizione umana?

Il nostro canto dovrebbe, continuamente, unirsi allo stupore della donna del Vangelo appena ascoltato, la quale - dice il testo - “Alzò la voce di mezzo alla folla”, quasi non potendo contenere la gioia e la gratitudine per la presenza e l’azione del Signore in mezzo al mondo.

Uniamoci alla voce che disse: “Beato il grembo che ti ha portato!”. La fede, come forma di conoscenza profondamente umana e come certezza morale, nasce dallo stupore! La Beata Vergine Maria ha saputo custodire un tale stupore che, progressivamente, si è trasformato nella certezza e nella forza della Sua fede.

L’espressione del Signore: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano” è un potente ed efficace richiamo alla realtà della fedeltà!

La fede, nel tempo, si documenta e verifica nella fedeltà; nella capacità di guardare ogni cosa, ogni persona e situazione, partendo dal giudizio di Cristo.

Questa, mi si permetta il gioco di parole, “fede-fedele”, è il vero segreto di ogni ricerca teologica, di ogni fecondità pastorale, di comunità autentiche, capaci di vivere “strette attorno a Gesù” e, nel contempo, proprio per questo, di essere missionarie; comunità che generino vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa e capaci di educare i giovani a formare famiglie come autentiche “piccole Chiese domestiche” con al centro il Signore Gesù.

La fede è il segreto di rapporti umani piani ed autentici, nei quali gli uomini siano capaci di profonda misericordia ed accoglienza verso se stessi e verso gli altri.

La fede è il segreto della “nuova evangelizzazione”!

Per la missione non serve essere, come spesso si sente ripetere, “più credibili”. È necessario, invece, essere “più credenti”!

La fede, l’essere credenti, è la misura della credibilità, la quale non è prigioniera dell’esito morale, che è sempre affidato alla libertà umana, ma si documenta nella forza e nella possibilità di mostrare quel nuovo orizzonte che la Sempre Vergine intuiva, contemplando il volto del Figlio, anche nel momento della Croce.

In questo senso Maria SS.ma è “profezia e realizzazione”: è Colei che, più di tutti, ha vissuto la dinamica della fede; di una fede compiuta, al punto di essere associata, per Grazia, alla Risurrezione del Figlio, nel mistero dell’Assunzione al Cielo in anima e corpo; di una fede autenticamente umana, coinvolgente l’intera esistenza, e di una fede che, in definitiva, si documenta come profondamente cristocentrica, cioè capace, come nessun altro, di “mostrare” il Signore Gesù Cristo e condurre a Lui.

 

La Beata Vergine Maria delle Grazie, che da 150 anni è venerata in questo nobile Santuario, assista e protegga noi tutti, ci ottenga il dono di una fede robusta e radicale, che guidi i lavori del Colloquio internazionale, perché emerga, con sempre maggiore evidenza, l’insostituibilità di Maria Santissima in ogni autentica esperienza di vita cristiana.

 

Sia Lodato Gesù Cristo!