V Domenica di Quaresima
Ordinazioni diaconali
Roma - Parrocchia di Ognissanti
29 marzo 2009
Omelia di S. E. Rev.ma
Mons. Mauro Piacenza
Segretario della Congregazione per il Clero
X
Sia lodato Gesù Cristo!
«Se il chicco di grano, caduto in terra, non
muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24-25).
È questa la più mirabile sintesi di quanto
sta per accadere - carissimo accolito Alessandro - ordinando diacono! Tra
qualche istante, nel segno forte della prostrazione, davanti all’Onnipotente
che ti ha chiamato ad essere “sua eredità” e che vuole concludere con te
«un’alleanza nuova» (Ger 31,31), ti farai anche tu “seme che cade a terra”!
Quella stessa terra da cui l’uomo è plasmato da Dio e, per mezzo del soffio
dello Spirito, è incluso nel flusso mirabile della vita che, solo da Lui,
promana; quella terra nella memoria della quale abbiamo iniziato la Santa
Quaresima, ascoltando l’invito alla conversione: «Ricordati che sei polvere e
polvere ritornerai», offrendo, così, in riconoscente umiltà la nostra esistenza
al Signore, perche Lui - e solo Lui! – la trasformi in Vita!
Accogliere la logica del Vangelo significa
accogliere il “nuovo modo di pensare e giudicare” che Gesù Cristo ha introdotto
nel mondo: è la logica del seme disposto a morire, letteralmente a “marcire”,
perché la pianta bella della vita porti frutto!
Apparentemente si tratta di una logica dura,
mortificante. Al contrario, quello che al mondo pare mortificante, noi ben lo
sappiamo, è vivificante, cioè portatore di vita. Abbiamo ascoltato dal Signore
che: «Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo
mondo, la conserverà per la vita eterna». (Gv 12,26).
La strada è quindi chiaramente segnata, senza
possibilità di equivoci: solo sposando cordialmente questa nuova logica del
Vangelo, potremo identificaci sempre più compiutamente con Cristo, Egli stesso
seme-Crocifisso e germoglio-primizia di Risurrezione.
Una progressiva identificazione spirituale e
morale, che si fonda tuttavia sul primato assoluto ed irrinunciabile
dell’iniziativa di Dio, che sceglie di collaborare ed attendere, nella logica
del seme, il fiat della nostra umana
libertà.
Lo
ha luminosamente ricordato il Santo Padre Benedetto XVI, nel recente discorso
all’Assemblea Plenaria della Congregazione per il Clero, sottolineando come il
ministero consista «nella partecipazione ad una “vita nuova”
spiritualmente intesa, a quel “nuovo stile di vita” che è stato inaugurato dal
Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli. Per l’imposizione delle
mani del Vescovo e la preghiera consacratoria della Chiesa, i candidati
divengono uomini nuovi».
Questo
avverrà tra qualche istante! Di questo, carissimi fratelli, noi siamo
testimoni!
Come
afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica: ai «diaconi
[…] sono imposte le mani "non per il sacerdozio, ma per il servizio".
Per l'ordinazione al diaconato soltanto il vescovo impone le mani, significando
così che il diacono è legato in modo speciale al vescovo nei compiti della sua
“diaconia”» (CCC n. 1569).
La Sacra Ordinazione diaconale, dunque, ti
configura, imprimendo il carattere, «a Cristo, il quale si è fatto “diacono”,
cioè il servo di tutti» (cf. CCC n. 1570). Anche se, come insegna la genuina
dottrina cattolica, il diacono non agisce in
persona Christi, ed è, dunque, da correggere una certa terminologia
teologica, piuttosto fluttuante a tale riguardo, che, in tal senso, utilizza
erroneamente la formula “in persona
Christi servi”, cionondimeno sei chiamato, in forza del “sigillo”
sacramentale che ricevi, quale dono specialissimo della grazia santificante, a
vivere e comportarti come testimone trasformato dal dono gratuitamente elargito
dal Signore e sinceramente accolto dalla libertà.
Il “sigillo”, o carattere, sacramentale,
infatti, indica la tua appartenenza a Cristo; è segno, potremmo dire, della
“proprietà” di Dio su di te.
Sì, carissimo fratello, da oggi tu non ti
appartieni più, sei di Dio, appartieni, in forza del dono ricevuto, a Lui, sei
Sua proprietà!
Questa nuova dimensione della vita, sacramentalmente
sancita, caratterizzi tutto il tuo giudizio ed il tua agire: nel modo di
pensare, di valutare avvenimenti e situazioni, sei chiamato, Caro Alessandro, a
ricordare che “appartieni a Dio” e, quindi, il tuo giudizio non potrà essere
quello del mondo, ma dovrà sempre più perfettamente, aprirsi e conformarsi al
pensiero di Cristo. Tutto ciò implica il vivere nella più intima, leale,
motivata comunione ecclesiale.
Nell’agire quotidiano, dovrai spesso
domandarti: «Sto agendo come una persona che appartiene ad un'Altra? Che
appartiene a Dio? Chi mi vede ha questa immediata impressione?».
Gli uomini, in ogni tempo, e forse ancor
di più in questa nostra epoca, segnata da un profondo secolarismo, che si
documenta, poi, in atteggiamenti relativistici, edonistici e materialisti,
hanno un estremo bisogno di “vedere Dio”. Guardando a te, giovane diacono,
definitivamente impegnato nella consacrazione e dedicato al servizio del
Signore e dei fratelli, ciascuno deve poter pensare al Signore; deve poter
essere colpito dal tratto umano trasformato dalla Grazia, dal giudizio fondato
sulla Verità del Vangelo, dall’affezione totale e cordiale alla Chiesa ed
all’ininterrotta Tradizione ecclesiale, dalla pronta e fedele obbedienza, che
rende davvero liberi, in un mondo di uomini “schiavi dei proprio capricci e
delle proprie voglie”.
Essere servi, ad immagine di Cristo,
significa abbracciare la logica del seme, scoprendo, o almeno intuendo, con
ragionevole certezza, che in questa strada è la nostra gioia e la nostra
felicità; che in questo “morire a noi stessi”, in questa via dell’abbassamento,
in questo «è necessario che Egli cresca e
io diminuisca» (Gv 3,30), di giovannea memoria, consiste tutto il
segreto della vita di quanti il Signore chiama ad una vocazione di speciale
consacrazione a Lui.
Allora trasparirà dalla tua esistenza, il significato autentico
della parola del Signore: «Se
uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore»
(Gv 12,26a).
Dov’è
Gesù? Dove si sta dirigendo? Verso il Calvario, verso il Suo compito nel mondo:
annunciare agli uomini la verità dell’amore misericordioso di Dio Padre,
attraverso la concreta testimonianza dell’offerta della vita. Sei - siamo -
consapevoli di questo? Siamo disposti ad “essere dove è il Signore? In Croce
con Lui?
Egli
ci rivolge, poi, una promessa inaudita: «Se uno serve me, il Padre lo onorerà» (Gv 12,26b).
Essere diacono, servire Cristo e quindi la Chiesa, che è Cristo
espanso nella storia, ed in essa gli uomini, riconoscere Cristo in ogni uomo,
come richiama eloquentemente il titolo dell’ultima circolare del Superiore
Generale (don Flavio Peloso, FDP),
dal Titolo: «Vedere e servire Cristo nell’uomo», significa partecipare del
ministero, cioè del servizio - perché ministro significa servo! - di Cristo e,
perciò, essere “onorato” dal Padre che, in coloro che sono stati consacrati,
riconosce misericordiosamente, il volto del Suo Figlio crocifisso e risorto.
Carissimo Alessandro, questo “miracolo di misericordia” accade
oggi nella tua vita, questa grandezza vi fa irruzione! Una grandezza che vuole
passare attraverso la piccolezza del “seme che muore”, sapendo che, secondo la
promessa certa del Signore, «porterà molto frutto».
Sull’esempio di San Luigi Orione, sii cristiano, uomo di Chiesa,
apostolo zelante, instancabile predicatore, sollecito verso i fratelli più
bisognosi, soprattutto verso le “perle preziose”, come lui usava definire i
poveri. Incrementa, ed è questo il mio augurio sincero, la “famiglia di santità
orionina”, sapendo che, dal tuo e vostro magnifico fondatore, molti uomini e
donne hanno attinto grandi insegnamenti di vita e spiritualità e sono, ora, in
cammino verso il riconoscimento, anche ecclesiastico, della santità che,
fondamentalmente, è un’amicizia che si comunica!
Affidiamo le nostre vite ed il ministero di umile e fedele
servizio, che da oggi dovrai esercitale, alla materna intercessione della Beate
Vergine Maria.
Lei, che è l’Ancella del Signore, saprà certamente indicarti la
strada, accompagnarti, sostenerti nel cammino, visitarti nel tempo della prova,
consolarti nell’afflizione e, soprattutto, con materna e premurosa tenerezza,
ricordarti che “appartieni al Suo figlio” e, quindi, per la familiarità della
cose sante, anche a Lei, che è la Madre!
Amen.