Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
ben volentieri vi accolgo quest’oggi e
rivolgo il mio cordiale saluto a ciascuno di voi, partecipanti al Corso sul
Foro interno organizzato dalla Penitenzieria Apostolica. In primo luogo saluto
il Signor Cardinale James Francis Stafford, Penitenziere Maggiore, che
ringrazio per le gentili parole rivoltemi, il Vescovo Gianfranco Girotti,
Reggente della Penitenzieria, e tutti i presenti.
L’odierno incontro mi offre l’opportunità
di riflettere insieme a voi sull’importanza del sacramento della Penitenza
anche in questo nostro tempo e di ribadire la necessità che i sacerdoti si
preparino ad amministrarlo con devozione e fedeltà a lode di Dio e per la
santificazione del popolo cristiano, come promettono al Vescovo nel giorno
della loro Ordinazione presbiterale. Si tratta infatti di uno dei compiti
qualificanti del peculiare ministero che essi sono chiamati ad esercitare “in
persona Christi”. Con i gesti e le parole sacramentali, i sacerdoti rendono
visibile soprattutto l’amore di Dio, che in Cristo si è rivelato in pienezza.
Nell’amministrare il Sacramento del perdono e della riconciliazione, il
presbitero - ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica - agisce come “il
segno e lo strumento dell'amore misericordioso di Dio verso il peccatore” (n. 1465). Ciò che avviene in questo sacramento è pertanto
innanzitutto mistero di amore, opera dell'amore misericordioso del Signore.
“Dio è amore” (1 Gv 4,16): in
questa semplice affermazione l’evangelista Giovanni ha racchiuso la rivelazione
dell’intero mistero di Dio Trinità. E nell’incontro con Nicodemo Gesù,
preannunciando la sua passione e morte in croce, afferma: “Dio infatti ha tanto
amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui
non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Abbiamo tutti bisogno di
attingere alla fonte inesauribile dell’amore divino, che si manifesta a noi
totalmente nel mistero della Croce, per trovare l’autentica pace con Dio, con
noi stessi e con il prossimo. Solo da questa sorgente spirituale è possibile
trarre quell’energia interiore indispensabile per sconfiggere il male e il
peccato nella lotta senza pausa, che segna il nostro pellegrinaggio terreno
verso la patria celeste.
Il mondo contemporaneo continua a
presentare le contraddizioni ben rilevate dai Padri del Concilio Vaticano II
(cfr Cost. past. Gaudium et spes, 4-10): vediamo un’umanità che vorrebbe essere
autosufficiente, dove non pochi ritengono quasi di poter fare a meno di Dio per
vivere bene; eppure, quanti sembrano tristemente condannati ad affrontare
drammatiche situazioni di vuoto esistenziale, quanta violenza c’è ancora sulla
terra, quanta solitudine pesa sull’animo dell’uomo dell’era della
comunicazione! In una parola, oggi pare che si sia perso il “senso del
peccato”, ma in compenso sono aumentati i “complessi di colpa”. Chi potrà
liberare il cuore degli uomini da questo giogo di morte, se non Colui che
morendo ha sconfitto per sempre la potenza del male con l’onnipotenza
dell’amore divino? Come ricordava san Paolo ai cristiani di Efeso, “Dio, ricco
di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che
eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo” (Ef 2,4). Il
sacerdote, nel sacramento della Confessione, è strumento di questo amore
misericordioso di Dio, che invoca nella formula dell’assoluzione dei peccati:
“Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e
risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei
peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace”.
Il Nuovo Testamento, in ogni sua pagina,
parla dell’amore e della misericordia di Dio che si sono resi visibili in
Cristo. Gesù infatti, che “riceve i peccatori e mangia con loro” (Lc
15,2), e con autorità afferma: “Uomo, i tuoi peccati ti sono rimessi” (Lc
5,20), dice: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non
sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi” (Lc
5,31-32). L’impegno del sacerdote e del confessore è principalmente questo:
portare ciascuno a fare esperienza dell’amore di Cristo per lui, incontrandolo
sulla strada della propria vita come Paolo lo incontrò sulla via di Damasco.
Conosciamo l’appassionata dichiarazione dell’Apostolo delle genti dopo
quell’incontro che ne cambiò la vita: “mi ha amato e ha dato se stesso per me”
(Gal 2,20). Possa ogni persona fare questa stessa esperienza spirituale
e “riscoprire Cristo come mysterium pietatis, colui nel quale Dio ci
mostra il suo cuore compassionevole e ci riconcilia pienamente a sé. È questo
volto di Cristo che occorre far riscoprire anche attraverso il sacramento della
Penitenza” (Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 37). Il sacerdote, ministro del sacramento della
Riconciliazione, senta sempre come suo compito quello di far trasparire, nelle
parole e nel modo di accostare il penitente, l'amore misericordioso di Dio.
Come il padre della parabola del figlio prodigo, accolga il peccatore pentito,
lo aiuti a risollevarsi dal peccato, lo incoraggi a emendarsi non venendo mai a
patti con il male, ma riprendendo sempre il cammino verso la perfezione
evangelica.
Cari Fratelli, tutto ciò comporta che il
sacerdote impegnato nel ministero del sacramento della Penitenza sia animato
egli stesso da una costante tensione alla santità. Il Catechismo della Chiesa
Cattolica punta alto in tale esigenza, quando afferma: “Il confessore [...]
deve avere una provata conoscenza del comportamento cristiano, l'esperienza
delle realtà umane, il rispetto e la delicatezza nei confronti di colui che è
caduto; deve amare la verità, essere fedele al Magistero della Chiesa e
condurre con pazienza il penitente verso la guarigione e la piena maturità.
Deve pregare e fare penitenza per lui, affidandolo alla misericordia del
Signore” (n. 1466). Per portare a compimento questa importante missione, interiormente unito
sempre al Signore, il sacerdote si mantenga fedele al Magistero della Chiesa
per quanto concerne la dottrina morale, cosciente che la legge del bene e del
male non è determinata dalle situazioni, ma da Dio. Alla Vergine Maria, Madre
di misericordia, chiedo di sostenere il ministero dei sacerdoti confessori e di
aiutare ogni comunità cristiana a comprendere sempre più il valore e
l’importanza del sacramento della Penitenza per la crescita spirituale di ogni
fedele. A voi, qui presenti, e alle persone che vi sono care imparto con
affetto la mia Benedizione.