Chiesa di Santo Stefano degli Abissini in Vaticano

XVII Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali

TEMA: LA LIBERTÀ RELIGIOSA

Santa Messa presieduta da Sua Eminenza Rev.ma

il Signor Card. Mauro Piacenza

Prefetto della Congregazione per il Clero

 

Sabato, 30 aprile 2011

Omelia

X

Sia lodato Gesù Cristo!

Cari Confratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,

Stimati Professori, gentili convenuti tutti,

 

Siamo nella Solennità della Risurrezione del Signore, che, si estende spiritualmente a ciascun giorno di questo tempo dell’Ottava; nella Risurrezione di Cristo tutta la realtà cosmica è riassunta, tutta la storia dell’umanità è ricapitolata ed attratta definitivamente dentro quel Dio che, per amore nostro, si è fatto povera creatura, condividendo tutta la nostra esistenza, portando su di Sé il nostro peccato e annientandolo sulla Croce. Adesso Il Risorto sta dinanzi a noi «pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14), mostrandoci i segni del Suo amore.

Sono numerosi gli spunti che la Divina Liturgia ci offre quest’oggi, mentre celebrate la XVII Sessione Plenaria di questa Pontificia Accademia. Mi soffermo su due.

 

Innanzitutto, la categoria filosofico-giuridica di “libertà religiosa”, che costituisce il tema principale di questa Sessione, oltre ad essere quanto mai attuale, sia alla luce dei moti che attraversano le popolazioni dei continenti africano ed asiatico, sia rispetto all’urgenza, per l’Occidente, di riscoprire la propria identità religiosa e storico-culturale, offre anche, se correttamente intesa, la via per operare a favore - ed in certo senso recuperare - quell’allargamento dei confini della ragione, tanto auspicato dal Magistero pontificio in questi anni.

Nella libertà religiosa, che si fonda sulla naturale apertura dell’uomo al dialogo con il Dio personale, si trova sia il fondamento dell’assoluta dignità umana, non di rado celebrata volutamente fino all’esasperazione relativistica, sia il nucleo di quell’autentico rapporto con la realtà, che viene espresso dalle innate domande di significato, di bontà, di bellezza e di compimento ultimo dell’io.

Come abbiamo potuto ascoltare nella prima Lettura appena proclamata, la stessa Liturgia, provvidenzialmente, ci offre una sintesi formidabile del concetto di libertà religiosa: «Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a Lui, giudicatelo voi stessi; noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,19-20). Questa risposta degli Apostoli Pietro e Giovanni al divieto delle autorità del sinedrio di parlare e predicare nel nome di Gesù, porta con sé una significativa pluralità di elementi.

In primo luogo, viene indicato un chiaro orizzonte di riferimento: «innanzi a Dio».

La libertà religiosa non si fonda unicamente sulla libertà di coscienza, piuttosto è vero il contrario: è la libertà di coscienza che scaturisce dalla libertà religiosa! Questa orienta la coscienza nel confronto con la realtà, considerando l’uomo totalmente inserito, con i suoi fratelli, nel cosmo spazio-temporale e, quindi, costantemente alla presenza di Colui dal Quale la realtà è creata. L’uomo è vertice della realtà e in essa riconosce i segni eloquenti di Dio.

Non è in virtù del riconoscimento di una generica e diffusa prassi spirituale che si fonda il riconoscimento giuridico della libertà religiosa, ma piuttosto nell’affermazione patente dell’esistenza di Dio, al Quale si rivolge, direttamente o meno, ogni moto autenticamente umano.

Quindi, nel notro testo, viene ricollocato nella giusta dimensione il ruolo dell’autorità: «Se sia giusto […] obbedire a voi più che a Lui». L’autorità, infatti, non può mai porsi in concorrenza con l’Assoluto, pretendendo di trarre da se stessa la propria ragion d’essere e decidendo arbitrariamente i propri criteri d’azione. Sempre, piuttosto, essa trova la propria origine ed il proprio fine nel servizio della persona umana, sia attraverso l’agire politico-sociale che nella diretta partecipazione all’opera dell’Amore divino, come nel caso dell’autorità del Sommo Pontefice e di tutta la Gerarchia ecclesiale.

Tale servizio, poi, nella misura che compete alla sua natura, svolgerà pienamente il proprio compito laddove garantirà positivamente l’esercizio della libertà religiosa, sia direttamente, attraverso il riconoscimento dei necessari spazi d’espressione pubblica, sia indirettamente, attraverso la promozione della vita, della famiglia, dell’educazione e della ricerca scientifica.

In terzo luogo, gli Apostoli fanno appello all’universalità della ragionevolezza umana: «Se sia giusto […] giudicatelo voi».

L’autentica dimensione della ragionevolezza umana e la sua vera universalità non sono, infatti, il recente risultato dell’illuminismo, ma restano fondate sulla certezza che ogni uomo sia costitutivamente aperto all’intelligente ricerca del vero, del buono e del bello, essendo capace di considerare la propria ed altrui esistenza alla luce del rapporto con Colui che lo ha “gettato” nel reale e che lo guida, provvidenzialmente, nell’avventura della vita.

 

Infine, emerge l’essenza stessa dell’esperienza cristiana: «noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto ed ascoltato».

Non è un caso che la libertà religiosa, storicamente si sia affermata nella vicenda storico-salvifica giudaico-cristiana. Questi due popoli, infatti, sono i soli che abbiano potuto dire: «Quale grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che Lo invochiamo?» (Dt 4,7). Dalla inaudita prossimità di Dio al Suo popolo, prima nella vicenda di Israele e poi, al culmine di tale vicenda, nella Persona stessa di Gesù di Nazareth, Colui nel quale «abita corporalmente tutta la pienezza della Divinità» (Col 2,9), è derivata quella luce che anima i cristiani di ogni tempo a non tacere quanto hanno visto e udito, cioè – come insegna il Santo Padre nella sua prima Enciclica – «l’incontro con un avvenimento, una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (cfr. Benedetto XVI, Deus caritas est, n.1).

Così, il reale esercizio della libertà religiosa, per i cristiani, coincide con la fedeltà al “fatto cristiano”, dal quale ricevono rinnovata forza e certezza dinanzi ad ogni potenza ed autorità, anche – e soprattutto - quando arrivi ad arrogarsi diritti che non le competono.

 

La Libertà religiosa è anche garanzia rispetto all’ambito, per sua stessa natura autonomo e laico, della ricerca scientifica.

Se, infatti, non ci è concesso desumere dalla divina Rivelazione alcunché delle leggi fisiche che governano il cosmo, da essa possiamo ricevere un apporto ben più grande e duraturo: l’estrema vicinanza, anzi la vera e propria unione con Colui, per mezzo del Quale, tutto è stato fatto (cfr. Gv 1,3). Tale intima unione, sacramentalmente donata nel giorno del Battesimo e rinnovata nell’incontro reale con il Signore Gesù, nella Comunione Eucaristica e nella parola di verità e di misericordia della Confessione, ci introduce in modo nuovo nel confronto anche con la realtà.

Sappiamo, infatti, di poter contare sulle umane capacità conoscitive, in grado di comprendere molti dei segreti nascosti nella realtà e, per mezzo di quel metodo di conoscenza che è la certezza morale, di sorprendersi nel costatare come il confine ultimo dell’esistenza non sia la finitudine della materia, ma l’Infinito Mistero a cui essa rimanda. Il cristiano, poi, sa che questa stessa realtà, indagata dalla ragione, è consegnata alla nostra conoscenza da parte di Colui che ci ama e che ora, con il Mistero della Sua Incarnazione, morte e Risurrezione, la abita, ogni istante, in modo anche pienamente “umano”. Questo non può che animare di una nuova e decisiva positività ogni nostra opera di ricerca.

Qui davanti al Signore Gesù Sacramentato, poi, ci è dato, per grazia, di contemplare con un solo sguardo la “Realtà tutta intera”, alla quale tutto il mondo finito guarda e aspira. Qui ci è donato l’antidoto decisivo Lasciamoci conquistare dall’infinita accondiscendenza di Dio e fuggiamo, con risolutezza, l’unica cosa che il Signore potrebbe rimproverarci: l’incredulità e durezza di cuore dinanzi a tutti i segni della Sua Presenza nel mondo.

 

Guardiamo così a Cristo Presente, alla Santissima Eucaristia, al Cielo che si rende presente qui, in mezzo a noi, su questa nostra terra anche tramite quella luminosa icona che è la Beata Vergine Maria, e diciamo con rinnovata consapevolezza, con Tertulliano: «Grande è l’imperatore, perché è più piccolo del Cielo!».